– Gian, come ti sei avvicinato all’atletica?
Mi sono avvicinato all’atletica nel 68’, incontrando al primo anno di superiori il mitico Prof. Angiolino Boschetti. Primo test 11.2 sugli 80, poi vedendomi veloce e diciamo robusto mi fece esordire in una leva (così si chiamavano le prime gare scolastiche per non tesserati) organizzata dall’AAA Genova, nel lancio del peso. Buona intuizione, alla fine dell’anno ero tra i primi in Italia.
– Dal 1968 al 1975 hai praticato atletica, con un 6° posto nel getto del peso ai campionati italiani juniores. Come ha fatto un’ex atleta di buona levatura nel lancio del peso a finire per allenare i mezzo fondisti e i fondisti?
Nel mondo attorno gli anni ’75-’80 furoreggiava il jogging, e durante uno dei miei soliti aumenti di peso per tenermi in forma avevo iniziato a correre…
– Quand’è cominciata la tua carriera da allenatore?
Frequentando il campo di Corso Montegrappa nell’81, gestito allora da un vecchio allenatore di mezzofondo, Vannini. Iniziai quindi a correre con il suo gruppo, dove spiccava Enzo Immordino (1.59.2 sugli 800 a 16 anni). Purtroppo il mio mentore, Vannini, subì un ictus e il segretario dell’AAA Cabella pensò che da ex atleta dell’AAA mi sarei volentieri accollato la responsabità. Da qui la necessità di aggiornarmi il piu velocemente possibile – da ex pesista e lottatore – in una specialità di cui ero completamente digiuno.
– Negli anni 70′ hai seguito diversi giocatori di calcio, come Enrico Nicolini, Enrico Pionetti, Roberto Pruzzo…come si approcciano alla corsa atleti provenienti da altri sport?
La corsa è una faticaccia! Abbastanza intuitivamente compresi che sia nel calcio che nel nuoto (dove ho avuto il piacere di occuparmi della preparazione atletica di Maurizio Divano), la corsa era vista solo e soltanto come resistenza aerobica. Non era così importante e non piaceva, quindi la sostituii con l’interval training per il nuoto e con la corsa sprint per il calcio.
– Negli anni 2000 hai avuto tra le mani una promessa dell’atletica ligure di tutti i tempi: Fabrizio Bruzzone. insieme ne avete viste delle belle. Perchè secondo te è mancato quell’ultimo passaggio nell’atletica che conta? Quella del professionismo tanto per capirci?
Era un vero fenomeno. Testato dalla Federazione durante i raduni pre Mondiali Juniores (a cui era invitato come allievo promettente) diede dei valori di VO2Max estremamente interessanti a livello internazionale. Peccato che queste responsabilità gravarono troppo sulle sue giovani spalle, e a causa di un risolvibile infortunio alla caviglia si innescò un tunnel di patimenti…
– In tanti anni da allenatore, qual è il ricordo più bello?
Ne ho più di uno. Sicuramente il sesto posto della mia staffetta 4×400 a Napoli, dietro tante squadre professionistiche militari. Poi i tre terzi posti di Bruzzone agli Italiani Cadetti. E le performance a Los Angeles di Maurizio nei 400 misti e di Porro nei 3000 st di Bologna.
– E rimpianti? Se tornassi indietro cambieresti qualcosa?
No, in ogni momento tutte le mie decisioni e i miei programmi sono stati legati all’attimo che vivevo.
– Nel 2014 il passaggio al Cus Genova dopo una vita alla rivale Amatori. Come mai questo cambio di sponda?
Bellissimo. Sono stato fra gli ultimi a cambiare casacca.
– Qualche giovane promessa da segnalare nel vivaio bianco rosso?
Con i ragazzi (anzi più con le ragazze) stiamo facendo un buon lavoro in collaborazione con Franco Giacobbe, storico allenatore giovanile dirigente del Cus. Attualmente si può segnalare Chiara Calcagno, classe 2000, più volte presente ai grandi appuntamenti dei Criterium Italiani di Cross. Con lei altre promesse come Elena Magillo e Costanza Russo.
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