Le 150 ore a disposizione sono appena scadute, qui a Guazhou, e come sempre l’emozione per l’arrivo degli ultimi atleti – quelli che non è detto che riescano a “stare nel tempo” – è paragonabile a quella dell’attesa per il vincitore. In una gara come la Ultra-Trail Gobi Race questa emozione (complice anche la sontuosa passerella finale con scalinata, tappeto rosso, rullare di tamburi e fuochi d’artificio) è qualcosa di speciale, tanto quanto lo è questa strana, massacrante è indefinibile corsa.
Seconda edizione, 400 km in un’unica tappa, in autosufficienza e autorientamento (il che, considerati gli inevitabili errori di navigazione, porta di norma il totale a circa 440/450 km), un percorso che attraversa l’antica Via della Seta e corre accanto a monumenti storici lungo pianure infinite, canyon, foreste, laghi salati, valichi montani a oltre 3000 metri di quota. E un clima (che quest’anno è stato considerato particolarmente “benevolo”) che offre ai runner tutte le possibili varianti dei disagi meteorologici: caldo torrido, vento sferzante, freddo polare.
La UTGR è insomma una gara extra-large in ogni senso: lunghezza, difficoltà, budget a disposizione. Basti pensare che i partecipanti (un minuscolo gruppo di 30 atleti, 24 dei quali sono arrivati al traguardo) erano supportati da un plotone di 277 volontari: praticamente, 9 per ciascun runner.
La formula è una sorta di mix tra Marathon Des Sables e Tor Des Geants: i concorrenti scelgono autonomamente il percorso con l’aiuto del gps, passando attraverso i 36 punti di controllo (alcuni dei quali in zone straordinariamente remote) e portando con sé sacco a pelo e una dotazione di acqua e viveri. In più, prima della partenza i runner preparano 10 sacche con cibo e abbigliamento, che vengono distribuite dall’organizzazione nelle altrettante “rest station” piazzate lungo il percorso ogni 35 km circa. Sono proprio le rest station a costituire uno dei cuori pulsanti dell’intera manifestazione, un po’ come accade nelle basi-vita del Tor. In questi campi tendati allestiti in posizioni spettacolari, sotto gli infiniti cieli del deserto o accanto alle rovine di antiche torri di avvistamento, brulicano una quantità di sorridenti volontari in giacca mimetica e personale medico pronto a incerottare piedi massacrati o a massaggiare muscoli contratti.
Qui si fa rifornimento di acqua (fredda e calda, per rigenerare gli inevitabili noodles precotti che costituiscono l’alimento base di tutti i runner), qui si dorme sui materassini distesi nei grandi tendoni, qui ci si riscalda al fuoco di bracieri da campeggio e si ricevono notizie sugli altri runner in gara. E come sempre avviene, si consolidano alleanze e amicizie, si scelgono i partner più adatti al proprio passo per affrontare insieme la notte, ci si incoraggia a vicenda e si partecipa a infortuni e ritiri degli altri partecipanti.
Inutile specificare quanto questa corsa sia dura: le distanze infinite, i percorsi accidentati, la carenza di sonno, l’incertezza dell’itinerario, l’ambiente selvaggio (il pacco-gara comprendeva tra l’altro uno spray anti-lupi) ne fanno senza dubbio una delle gare più sfidanti dell’intero panorama dell’ultratrail mondiale. La vittoria quest’anno è andata al cinese Bai Bin con il tempo di 92 ore e 26 minuti, seguito a due ore di distanza dal giornalista inglese Alfie Pierce-Higgins (un fenomeno, questo, che merita un ritratto a parte, che vi racconteremo nei prossimi giorni). Prima delle donne, e unica ad arrivare al traguardo, la francese Véronique Messina, autrice di una straordinaria prestazione in 135 ore e 35 minuti (quindicesima in classifica generale).
L’unico italiano in gara, il piemontese Nico Valsesia, è stato invece costretto al ritiro intorno al km 140, quando si trovava in sesta posizione, per il riacutizzarsi di una dolorosa fascite plantare che già lo aveva bloccato in passato.
Quello del trail è un fenomeno che in Cina – sull’onda del generale sviluppo dei concetti di fitness e di outdoor – è in crescita esponenziale; la UTGR è forse l’esempio più evidente delle ambizioni su grande scala con cui il colosso orientale si affaccia a questo particolare mondo, piazzando fin da subito l’asticella molto in alto. Queste prime due edizioni della gara, considerate dagli organizzatori una sorta di rodaggio, sono state sostenute da straordinari investimenti economici dell’ordine di svariate centinaia di migliaia di euro; e dato il successo di queste prime esperienze, c’è da aspettarsi con ogni probabilità che la manifestazione sia destinata nel giro dei prossimi anni ad aprirsi a un pubblico più vasto e a diventare un altro “grande classico” per gli ultra-trailer di tutto il mondo.
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