C’è un circuito di gare che da un po’ di tempo mi affascina. Si chiama Canal Aventure. In questo circuito ci sono 5 gare, una in ogni continente. Ogni gara è diversa, come diverse sono le difficoltà che le caratterizzano. Unica cosa che le accomuna è che sono tutte in autosufficienza.
Più guardavo il sito e più cresceva la consapevolezza di non essere in grado di poterle affrontare, così ho cambiato il punto di vista. Non scelgo la gara con la difficoltà più sopportabile, ma pensando alla parte del mondo in cui voglio correre con quella libertà che solo l’autosufficienza riesce a regalarti.

Volevo tornare in Asia, e così la scelta è fatta. Con Canal Aventure si va in Vietnam. La zona dove si svolge la competizione è compresa tra Pa Co e Mai Chau, nell’entroterra nord ovest del paese, quasi al confine con il Laos. Questa ultra ha una durata di quattro giorni, durante i quali si correranno 160 km con un dislivello positivo di 6.000 mt e uno negativo di 7.000.
Non mi rimane che partire per Hanoi dove incontrerò lo staff e dopo un paio di giorni ci trasferiremo alla partenza. I due giorni nella capitale sono utili per capire che le regole stradali sono diverse, tanto diverse. Bisogna essere decisi. Ad Hanoi non frenano. Decelerano, schivano, suonano, vanno contromano, passano con il rosso e la precedenza non è contemplata. È un enorme videogioco che, seppur divertente, sono presto contento di lasciare per altri panorami.
A bordo di un piccolo pullman raggiungiamo Pa Co, che altro non è che un piccolo villaggio dove noi corridori siamo ospiti in un grande salone di una palafitta, dove troviamo adagiati per terra sottili materassi e coperte abbastanza pesanti a rendere superfluo l’uso del sacco a pelo. Ascoltiamo la spiegazione della tappa del giorno successivo, tutti sotto le coperte perchè fa un gran freddo. Essendo già in autosufficienza, i vestiti che ho sono quelli che userò per la corsa e sono pensati per tutt’altro clima. Speriamo nel meteo di domani.
Prima tappa: Pa Co – Xam Khoe (30 km 1000D+ 2000D-)
La temperatura rispetto a ieri è un po’ migliorata, però c’è nebbia e pioviggina. Siamo 17 concorrenti, di cui cinque italiani. Dopo pochi metri siamo fuori dal piccolo paese e lasciamo l’asfalto. Ora sono dove volevo essere. Terra, sassi, salite e discese in una fitta vegetazione che nonostante il cielo plumbeo risulta di un verde acceso. Dopo qualche chilometro ho un problema con lo zaino, devo fermarmi. Con coltello e un cordino risolvo in breve tempo, ma i miei compagni di corsa non si vedono più. Poco male, anzi, quando si è da soli è tutto più amplificato.
Devo stare più attento ai segnali che in alcuni passaggi si perdono tra la vegetazione. La nebbia si dirada, e come trasferelli vedo stampati su una ripida collina alcuni ragazzi. Li raggiungo durante una lunga discesa. Sorpasso un francese che in italiano mi dice “ci vediamo dopo”. Sorridiamo e di fatto questa frase sarà il nostro saluto per il resto della gara. Successivamente raggiungo Manrico e Chiara. Sono contento di incontrarli, ci eravamo visti l’ultima volta in Oman. Abbiamo molte cose da raccontarci, ridere aiuta a sopportare la fatica, così i chilometri scivolano fino alla fine.
Seconda tappa: Xam Khoe – Kho Muong (48 km 1500D+ 1500D-)
Dal briefing ci dicono che saranno 30 chilometri di saliscendi corribili in cui dovremo attraversare due fiumi con una piroga e percorrere circa un chilometro dentro un fiume dove l’acqua non dovrebbe essere più fonda del ginocchio. Al trentesimo chilometro troveremo il secondo e ultimo check-point, poi da lì inizierà una salita di 9 km e poi una lunga discesa verso Kho Muong.
Si parte con il cielo che resta sempre coperto. Sto correndo da 20 km ed è tutto piacevole. Continuo a desiderare la luce del sole, voglio vedere le risaie in tutto il loro splendore. Poi il cielo si apre ed ecco avverarsi il mio desiderio. Ora sono contento. Mi bastano poche centinaia di metri per rendermi conto di quanto ero fortunato prima. La temperatura si alza subito e aumenta anche l’umidità. Non ci voleva un genio per capire che in mezzo alle risaie e con la nebbia sempre presente il sole avrebbe reso tutto molto faticoso.
Lo spettacolo però è fantastico. Corro attraverso stretti ponti senza parapetto fatti di grosse lastre di cemento fissate in modo un po’ approssimativo, che rendono divertente il passaggio. I ponti di bamboo sono scivolosi ed elastici. Quando li attraverso, le donne nei campi si mettono a ridere, dovrò lavorare sul mio stile. Le risaie sono uno spettacolo: disposte a terrazza con forme tondeggianti, adagiate sui declivi delle montagne, addolciscono il panorama.
La vegetazione in alcuni tratti è molto fitta, in altri sfocia in boschi di bamboo che, con l’aiuto del vento, oscillando si toccano e risuonano. I chilometri passano, il tratto nel fiume è piacevole, la temperatura ora è abbastanza alta, l’acqua rinfresca le gambe. Passo il check-point, inizio la salita. Qualche cosa non va. Sono molto stanco, ma non affaticato. Vorrei dormire, solo per pochi minuti.
Mi sto spegnendo, sento il caldo e l’umidità. Se mangio mi viene nausea, non posso bere troppo perchè ho poca acqua. Con questo passo impiegherò molto tempo per concludere la tappa e non ho punti di ristoro. Alla fine di una salita vedo la soluzione. L’ombra. Non l’ho mai apprezzata così tanto. Mi risolleva come una birra fredda, adesso riesco a muovermi normalmente. Non so quanto manchi ma il peggio è passato.
Terza tappa: Kho Muong – Xom (35 km 2000D+ 1500D-)
Ieri è stata dura un po’ per tutti. Un ragazzo ha avuto un colpo di sole, e in più si è disidratato. Ha passato la notte con le flebo e stamattina è di nuovo alla partenza, grande! La sera dormiamo sempre tutti assieme, e questa enorme camera da letto giorno dopo giorno inizia a sembrare un accampamento medico militare tra bende sparse, piedi incerottati e flebo attaccate alle travi.
Oggi non sono tanti i chilometri da fare, ma durante la riunione si è insistito su una salita particolarmente dura. L’Ultra Asia Race si snoda tra risaie, montagne, boschi e di tanto in tanto piccoli villaggi a volte costituiti da poche case. I bambini si fermano e mi guardano con uno sguardo serio e sospettoso. Basta salutarli e il loro volto si illumina con un sorriso sincero, agitano la manina e continuano a ripetere “hello”. Spero di non perdere mai questo ricordo.
Ormai ho raggiunto la salita, non voglio fare l’errore di ieri, quindi tanta calma. Più che un sentiero sembra il letto di un ruscello, alcuni tratti sono talmente ripidi che bisogna aiutarsi con le mani, in altri si è ostacolati da rami o tronchi. Ogni tanto mi giro per vedere il panorama e scorgo la figura di Giuseppe, c’è silenzio e riesco a sentire che borbotta da solo. Questa scena non voglio perdermela.
Cerco un posto all’ombra dove aspettarlo. I suoni indistinti diventano parole, le parole diventano imprecazioni. Ci salutiamo, continua ad inveire contro la salita così ripida. Cerco di ricordargli che l’intera corsa è in salita ma non smetto di ridere. Le imprecazioni diventano parole, le parole diventano suoni indistinti. Sono di nuovo solo. Mi alzo e riprendo la mia corsa.
Quarta tappa: Xom – Mai Chau (43 km 1500D+ 2000D-)
L’ultima tappa è come l’ultimo giorno di scuola. Lo zaino è leggero perchè non ho più cibo e abbandono le cose in eccesso. Sapere che di fatto è finita aumenta le energie, ma soprattutto gli ultimi cinque km sono in discesa, e questa è una grande notizia. La giornata è molto calda e decido di portarmi tutta l’acqua che posso, così oltre alle borracce piene da ieri sera metto nello zaino circa un litro della mia razione pre-gara.
Sono quasi le 12, sto attraversando un tratto pianeggiante tra campi e risaie, l’orologio segna 35 gradi e li sto sentendo tutti. Uso l’acqua per abbassarmi la temperatura corporea, anche perchè inizio ad avere i brividi e non è un buon segno. Dopo una lunga salita scorgo i volti amici di alcuni organizzatori.
Ora manca davvero poco. Seppur in discesa, l’arrivo sembra non voler arrivare, ma continuo a correre. Le gambe sono leggere, passo un paio di villaggi. Un’indicazione a destra mi riporta nei campi, mi viene un po’ di sconforto all’idea di attraversare nuovamente le risaie, ma la strada gira ancora e mi appare l’arrivo. Ad attendermi ci sono il resto degli organizzatori. Abbracci, sorrisi, foto e una Coca-Cola calda.
La fine è in un resort veramente bello e confortevole. Alla sera inizia a piovere, guardo il panorama dalla terrazza. Mi rendo conto che quello che ammiro non mi è estraneo, aver vissuto così intensamente questa terra mi fa sentire un po’ mie quelle montagne come sento che ora io appartengo a loro.
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