Milano-Atene è stato il primo itinerario a pedali di Andrea Lamonica. Che ci racconta come ha abbandonato la motocicletta e ha inforcato la bici.
Ormai da diversi mesi mi sono avvicinata al ciclismo grazie al tandem. In particolare, mi sto appassionando sempre di più al mondo dei cicloviaggi e leggo sempre più libri al riguardo. Mi sono imbattuta nel sito di Mappalibro, che raccoglie racconti e, soprattutto, recensioni di libri di viaggio. Grazie ad un amico in comune, ho avuto modo di conoscere il suo fondatore Andrea Lamonica, reduce dal suo primo cicloviaggio: Milano-Atene. Ecco cosa mi ha raccontato.
– Come mai non hai pensato prima alla bici come mezzo?
“Non ero un grande estimatore della bicicletta. La associavo principalmente ai fenomeni della domenica che salgono sui passi tutti depilati e con le tutine aderenti. Lo vedevo come un mondo completamente distante da me. Io sono disorganizzato, mentre loro pensano al grammo di differenza. Inoltre la velocità che puoi raggiungere con la moto non puoi raggiungerla con la bicicletta. Questo mi ha sempre fatto pensare che con la moto potevo rubare molte più immagini al mondo rispetto alla bici. Questo viaggio mi ha fatto capire che con la bici, però, si vedono meno cose ma in modo più dettagliato”.
– Quando nasce la tua passione per i viaggi?
“Il mio primo viaggio l’ho fatto tardi. Io vengo da una famiglia in cui la cultura del viagio è quasi pari a zero. Avevamo la casa dove è nato mio papà e tutte le estati andavamo lì. Nessuno si è mai posto il problema di viaggiare da un’altra parte. All’età di 21 anni, la mia ragazza di allora mi ha regalato per il compleanno un viaggio a Barcellona. Da quella volta non ho più smesso di viaggiare! In particolare, dopo alcune esperienze lavorative ho deciso di prendermi una pausa. Ho viaggiato per otto mesi, girando principalmente per l’Europa, una piccola parte dell’Asia e la parte più a nord dell’Africa. Ero partito in moto, ma poi la due ruote mi ha lasciato a piedi e ho continuato con lo zaino in spalla”.
– Quale di questi viaggi ti ha emozionato di più e perchè?
“Tra tutti ce ne sono due che ricordo con grande affetto. Quello in Tailandia, perché rappresentava un po’ una meta lontana e irraggiungibile. L’altro è il viaggio a Lanzarote. Una meta in realtà molto vicina, ma è il posto che più di tutti mi ha fatto sentire libero. Ed è una delle prime esperienze fatte davvero in solitaria”.
– Mi dicevi che non tolleravi molto il mondo bici. Quando hai cambiato idea e cosa ti ha spinto ad usarla per viaggiare?
“Qualche anno fa, quando è uscito il documentario di Jovanotti, Jova Zelanda, mi sono fatto prendere dall’entusiasmo e ho comprato una bicicletta. Avrebbe dovuto essere una gravel, ma non erano ancora così diffuse, perciò ho comprato una bici da ciclocross. Ho iniziato a dire in giro che sarei andato a Gibilterra. Tutti hanno iniziato a dirmi: “Ma sei sicuro di voler andare in bicicletta fino a Gibilterra? Guarda che non è dietro l’angolo…”.Per dimostrare che sbagliavano e che potevo farcela, ho scelto l’impresa peggiore che si potesse pensare…”.
– Vale a dire?
“Ho deciso di salire sullo Stelvio, senza preparazione fisica, con le ruote tassellate e 30 kg di acqua dietro per simulare il peso del carico massimo. Ci ho messo cinque ore a salire, e lì ho capito che la bici non avrebbe fatto per me. Così l’ho abbandonata nel box. L’anno scorso ho deciso che avrei intrapreso la via della seta con la moto Guzzi . Ma il costo della benzina mi ha fatto desistere e ripiegare sulla bicicletta”.
– Perché hai scelto proprio la Grecia come destinazione del tuo primo cicloviaggio?
“In moto ero già andato ad ovest fino a Gibilterra, ero già stato a nord fino all’isola di Skye in Scozia, il giro d’Italia l’ho fatto nel periodo del lockdown… così mi mancava la parte est. Quindi ho scelto la Grecia, e Atene come punto di arrivo”.
– Bikepacking o borse da portapacchi?
“Borse da portapacchi, anche perché ero vincolato dal tipo di bici che non ha lo spazio per borse piccole. Quindi avrei dovuto avere solo una borsa da bikepacking dietro. Fattibile, ma non avrei potuto prendere niente di tipico per strada ad esempio. L’ho visto come un limite per l’esperienza. Ho scelto le borse laterali anche perché in realtà ho utilizzato quelle della moto. La differenza di peso rispetto a quelle da bici non era poi tanta, perciò le ho agganciate alla bici con dei moschettoni”.
– Come hai organizzato il viaggio? Programmato nei minimi dettagli o alla giornata?
“Per raggiungere Atene bisogna seguire due ciclovie. La ciclovia del Po da Milano a Trieste, dove si imbocca l’Eurovelo 8 fino ad Atene. Ho seguito la traccia di Life in Travel, più precisa della traccia ufficiale. Non sapendo ancora quanti chilometri sarei riuscito a percorrere durante una giornata, mi sono dato la regola di alzarmi alle 6.00 del mattino e trovare un posto dove dormire entro le 5.00 di pomeriggio. Questo fino in Albania. Lì la priorità è diventata non restare a dormire fra le montagne. Essendo bassa stagione – sono partito a settembre e sono arrivato ad ottobre – molti locali erano chiusi e in quei pochi rimasti aperti bisognava pagare in contanti. Quindi rischiavo di non poter fare rifornimento d’acqua, anche per cucinare con il fornello da campeggio. Quindi, in sostanza, non avevo un programma di viaggio già stabilito”.
– Come ti sei organizzato dunque per dormire? Tenda e sacco a pelo o cercavi strutture coperte?
“Nella prima parte del viaggio mi ero organizzato con tenda e sacco a pelo. Nonostante fosse settembre, ho preso davvero tantissima pioggia. Perciò ho dovuto poi rifugiarmi in strutture. Ho dovuto spezzare il viaggio in due parti. Quando sono partito a settembre ho beccato la bora da Trieste a Fiume, naturalmente ce l’avevo contro. Ci sono stati giorni in cui non riuscivo a fare più di 30 chilometri. Ho perso almeno 10 giorni di viaggio per un tratto fattibile in tre in condizioni normali. Questo slittamento di giorni ed impegni lavorativi già presi mi hanno fatto interrompere il viaggio a Tirana, punto più comodo dove poter prendere la nave per tornare indietro”.
– Cosa ti è rimasto più impresso dei Paesi che hai visitato? Cultura, paesaggi, gente…
“La maggior parte del viaggio è stato attraverso i Balcani. Mi è mancata l’identità alimentare dei Paesi che ho attraversato. Io sono vegetariano, e purtroppo la scelta per me non è ampia. Mi è mancato il poter mangiare qualcosa di tipico, che poi per fortuna ho trovato in Grecia. Riguardo alle persone, mi ha stupito tantissimo l’umanità che ho incontrato, soprattutto nelle nazioni economicamente più deboli. In Albania, ad esempio, ho ricevuto il più grande supporto mai trovato”.
– Aneddoti divertenti del viaggio?
“In Albania appunto, a 10 km dalla Grecia, ho bucato per la prima volta. Per fortuna anche l’ultima… Io sono partito senza sapere nulla della bici, neanche come si fa a cambiare una camera d’aria. Ero nel nulla fra i monti, il mio ciclista di fiducia cercava di spiegarmi cosa fare tramite messaggi audio. Mentre la mia ansia di ritrovarmi al buio nel nulla aumentava, un signore a bordo di un camion si è fermato e ha caricato me e la bici. Mi ha portato in un paese vicino, dove lui aveva un’officina. Qui si è sporcato personalmente le mani per cambiarmi la camera d’aria. In Albania solitamente parlano fluentemente l’italiano, anche più dell’inglese. Questo perché anni fa prendeva guardavano la tv italiana. Ma il signore che mi ha dato una mano non sapeva nè l’italiano, nè l’inglese. Così ho tirato fuori il telefono con il traduttore. La traduzione lasciava un po’ a desiderare… in pratica la frase che mi ha detto il mio “salvatore” è risultata essere: ho tolto il buco dall’asino come se piovesse. Sono rimasto perplesso per qualche secondo, e poi ho replicato come si risponde quando non si capisce qualcosa, cioè sì! L’importante era riavere una ruota funzionante”.
– A parte la foratura, hai incontrato altre difficoltà?
“Un problema sono stati i cani. Per qualche strana ragione non calcolavano minimamente chi passava in macchina, con il motorino o a piedi. Passavo io in bici e diventavo il loro nemico numero uno! Mi è capitato di essere rincorso da un branco di 20 cani! Col tempo ho imparato a scendere subito dalla bici e metterla fra me e loro, continuando a fissarli finchè non decidevano di andarsene. Se smettevo di fissarli, cercavano di aggirarmi e prendermi alle spalle. Un’altra cosa particolare mi è successa in Montenegro. Dopo aver visitato la capitale, pedalando sono arrivato a Kotor. È una città bellissima, su un lago, sembra uscita da un film del Signore degli Anelli. Ci sono arrivato di mattina, intorno alle 11. Avevo due alternative: fermarmi in città ma perdere una giornata di viaggio, o affrontare la successiva montagna e i suoi 13 tornanti. Ho deciso di provare a proseguire, iniziando a salire con una pendenza costante dell’11%. Dopo due ore di pedalata continuavo a salire senza vedere la vetta. Trascorsa un’altra ora, ancora niente cima. Si avvicinava l’ora del tramonto, perciò ho deciso di chiedere aiuto e valicare in autostop. Non avendo più la tenda con me, ed essendoci anche un’ampia escursione termica tra giorno e notte, dovevo essere certo di arrivare in un posto sicuro dove dormire. Erano passate diverse auto e diversi camper, ma nessuno sembrava avere posto per caricarmi. Alla fine è passata una coppia di anziani con un’auto tipo multipla. Si sono fermati e in inglese mi hanno detto di salire in auto con loro. Mi hanno portato dall’altra parte della montagna, raccontandomi che in gioventù sono stati dei grandi viaggiatori, perciò comprendevano bene la situazione in cui ero. Senza il loro aiuto, secondo il navigatore, ci avrei impiegato almeno sette ore ad arrivare”.
– E della Grecia cosa ti ha colpito di più? Sei riuscito anche a visitare i siti archeologici?
“La Grecia è stata una bella scoperta. Soprattutto il mare. Già dall’Albania avrei voluto prendere un traghetto per Corfù, che non avevo mai visitato. Il costo del biglietto però mi ha fatto cambiare idea. Poco dopo, lungo la strada, ho incontrato delle cicliste svizzere. Chiacchierando mi hanno consigliato di puntare sull’isola di Cefalonia, raggiungibile con soli 9 euro di traghetto. Ho seguito il loro consiglio e incredibilmente a Cefalonia ho vissuto il momento più bello del viaggio. Isola bellissima, dalle spiagge arancioni, quasi deserta per via della bassa stagione. C’erano 22° costanti, perciò ho potuto anche fare il bagno. Atene me l’aspettavo come Roma, piena di tracce storiche dislocate per tutta la città. Invece tutto è concentrato in un unico punto, ovvero l’Acropoli. Bellissima”.
– Suppongo che continuerai a viaggiare in bici…
“Sì, i cicloviaggi sono stati una scoperta incredibile. Mi ha colpito la simbiosi che si crea fra corpo e bici. Mi sono stupito di ciò che sono riuscito a fare già nel secondo giorno di viaggio. Da Cremona ho raggiunto Ferrara, percorrendo 188 chilometri. Io che fino ad allora non avevo fatti più di 100 tra andata e ritorno. Proprio il non pensare di dover tornare indietro mi ha dato un senso di libertà e leggerezza che mi hanno spinto a questo. Ho scoperto che in bici bisogna preoccuparsi solo di pedalare e mangiare, il resto è superfluo. Così nella mente si crea spazio per ciò che davvero conta. Sono sicuro che se avessi continuato a pedalare fino ad Istanbul, come in un momento avevo pensato di fare, avrei trovato la soluzione per la pace nel mondo”.
– Prossimo cicloviaggio?
“Vorrei andare a Mont-Saint-Michel, dove non sono mai stato, neanche in moto. Mi piacerebbe attraversare i paesi del nord Africa, anche in previsione di un viaggio più lungo in altri continenti. In Europa è più semplice gestire le difficoltà, anche meccaniche. Ho idea che non sia proprio così cambiando continente”.
– Raccontami del progetto Mappalibro.
“Mappalibro è nato in concomitanza con il mio primo viaggio lungo verso Lanzarote. Mi sono avvicinato di più alla lettura proprio perchè mi piaceva l’idea di essere in viaggio con un libro. Non è stato proprio facile trovare libri di viaggio, o meglio un sito in cui trovare un elenco e delle recensioni. Perciò ho deciso di farlo io. Non mi bastava però mettere insieme una libreria on line: volevo che il progetto avesse un impatto positivo e che in qualche modo ricambiasse le opportunità che mi sono state date. Perciò tutte le entrate economiche del sito vanno a sostenere progetti di ricerca o di interesse sociale. In questi ultimi due anni ho lavorato con ACMT Rete, un’associazione che si prende cura di pazienti con la malattia di Charcot-Marie, simile alla SLA. Ho creato un team di viaggiatori, professionisti della scrittura, dislocati in tutta Italia. Abbiamo avuto un discreto successo con le case editrici che hanno creduto in questo progetto. Non è scontato che le case editrici spendano soldi per finire su un piccolo sito”.
– Un consiglio per chi vorrebbe iniziare a viaggiare?
“Quello che mi sento di dire è che ho imparato che nel viaggio i problemi li si vede soltanto prima di partire. Perciò se state pensando di partire, anche per un breve viaggio, fatelo. Per esperienza personale, dico che una volta in viaggio si troverà sempre la soluzione per ogni problema. Può essere scomoda, costosa, magari non immediata, ma c’è sempre! Sono partito senza saper cambiare una camera d’aria e sono qui a raccontarlo! Un altro consiglio è quello di riuscire a superare il terzo giorno! Una volta trovato il coraggio di lanciarsi, ci può essere quel periodo cuscinetto di due o tre giorni in cui ci si chiede “perchè lo sto facendo”? Superato questo periodo si entra in una mentalità completamente diversa. Non vai avanti non perchè non puoi più tornare indietro, ma perchè ti piace quello che stai facendo”.
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