Una ciaspolata particolare sul Corno alle Scale: vedenti e non vedenti sono tutti uguali. Così lavora la Fondazione per lo Sport Silvia Parente.
Ormai da troppo tempo mi ripromettevo di provare a ciaspolare. L’occasione è arrivata pochi giorni fa con una ciaspolata “inclusiva” a Corno alle Scale, organizzata dalla Fondazione per lo sport Silvia Parente. Corno alle Scale è una montagna dell’Appennino tosco-emiliano, ed è anche una bella stazione sciistica.
Siamo in 20 a partecipare all’iniziativa, e fra di noi ci sono anche ragazzi della scuola professionale dei salesiani di Castel dei Britti. Alcuni non vedenti, me compresa, contribuivano all’eterogeneità del gruppo. Ormai da qualche tempo, la fondazione Silvia Parente sta lavorando con l’obiettivo dell’inclusività, oltre che per aiutare le persone cieche a raggiungere la piena autonomia.
Infatti in questa giornata sulle ciaspole siamo tutti uguali. Tutti i componenti del gruppo partecipano pagando la medesima quota di iscrizione, senza favoritismi. Non ci sono accompagnatori e accompagnati. Noi ciechi ci muoviamo in autonomia con i nostri bastoncini da trekking, con i quali siamo in grado di percepire eventuali ostacoli sul nostro cammino. Naturalmente però se un cieco ha bisogno di un’indicazione o se corre il minimo rischio, viene prontamente aiutato.
La ciaspolata sul Corno alle Scale parte dal rifugio Cavone
Partiamo quasi tutti da Bologna. Corno alle Scale, con i suoi 1.945 metri di altitudine, è la vetta più alta della provincia. Dopo circa un paio d’ore di auto arriviamo al rifugio Cavone, da cui partirà la nostra ciaspolata. Facciamo una colazione velocissima, ed eccoci pronti a calzare le racchette da neve.
Le nostre guide, Stella e Damiano – dopo aver dato mano a chi come me infilava le ciaspole ai piedi per la prima volta – iniziano a condurci lungo il percorso che ci porterà al lago Scaffaiolo.
Ci troviamo a 1.480 metri in quota e ci aspettano circa 400 metri di dislivello su neve prevalentemente morbida. Iniziamo ad incamminarci in una fitta faggeta, salendo slalomando in salita fra gli alberi, in un percorso quasi labirintico.

Affrontiamo un primo tratto ripido che ci porta a 1600 metri circa di altezza. Dopo l’ansia iniziale, tipica in me quando vivo una nuova esperienza, inizio ad acquistare sicurezza e a muovermi con sempre maggiore disinvoltura con le ciaspole, tanto da prendermi i complimenti delle guide.
Arrivati a circa 1550 metri di altitudine, usciamo dal bosco. Gli alberi lasciano spazio a vasti prati, completamente ammantati di bianco, che nella bella stagione si coprono di piante di mirtillo.
Gli unici rumori sono il calpestio delle nostre ciaspole e il gorgoglio di un ruscelletto che scorre pochi metri fuori dal bosco. Guadiamo il ruscello e continuiamo la nostra salita, che diventa presto di nuovo ripida.
Corno alle Scale, una montagna scolpita a gradini
Corno alle Scale, come dicevo all’inizio, è un monte dell’Appennino tosco-emiliano, e deve il nome alla sua forma. È infatti un massiccio di arenaria sul quale sembrano scolpiti grossi gradini. L’omonimo parco è uno dei 14 parchi naturali regionali dell’Emilia Romagna. Saliamo proprio sul crinale che divide l’Emilia dalla Toscana, portandoci sui 1.800 metri in quota.
Raggiungiamo prima il rifugio Duca degli Abruzzi, dove pranzeremo e dove per la prima volta dall’inizio della giornata ci togliamo le ciaspole. Vogliamo fare una passeggiata a piedi prima di pranzo, e iniziamo a costeggiare il vicino lago Scaffaiolo per raggiungere un punto panoramico. Il lago è ancora ghiacciato, ma i sentieri intorno su cui camminiamo sono quasi privi di neve.
Il lago deve la sua origine all’erosione del monte e all’azione di neve e venti. Viene alimentato da acque piovane, dalla fusione delle nevi e da una falda sottostante. Intorno a questo specchio d’acqua si raccontano varie leggende. Una di queste narra che, se veniva lanciato un sasso al suo interno, si scatenava una tempesta.
Arriviamo al punto panoramico, poco più in basso della cima del monte Cupolino. Nelle giornate in cui il cielo è limpido, come ci raccontano le guide, da qui si può scorgere la città di Pistoia, ammirare le Alpi Apuane e addirittura spingere la vista fino al mare Tirreno, alla Corsica e all’isola d’Elba.

Dopo questa breve escursione, torniamo indietro sul sentiero erboso per dirigerci al rifugio e pranzare. Il Duca degli Abruzzi è il rifugio più antico dell’Appennino tosco-emiliano: è stato infatti inaugurato nel 1887. Si trova a 1.800 metri di quota, e i rifornimenti vengono portati a spalla da valle. Per questo motivo mi godo ancora di più il mio succulento spezzatino con polenta e funghi. E una volta spazzolato il piatto, sono pronta per riprendere a ciaspolare!
Indossiamo dunque di nuovo le ciaspole, mentre il sole va e viene tra le nuvole. Venire a conoscenza del fatto che il punto in cui siamo è uno dei più ventosi d’Italia ci inquieta un po’, ma fortunatamente non si alzano raffiche. O meglio: una raffica c’è, di palle di neve. Qualcuno ha provato a cimentarsi nel baseball con i bastoncini!
Iniziamo la discesa. Nei tratti più ripidi temevo di ritrovarmi a sciare mio malgrado piuttosto che a ciaspolare, o di fare “tuffi” nella neve. Nulla di tutto questo accade: riesco a gestire bene la discesa, tanto che ad un certo punto azzardo qualche metro di corsa. Quello che non riesco a fare, è il passo scivolato.
Sono circa le 16.00 quando arriviamo al rifugio Cavone. Non potevo terminare la mia prima ciaspolata che con un fumante bombardino! Poi anche questa volta arriva, purtroppo, il momento dei saluti. Come sempre è un arrivederci. Anche perché la Fondazione Silvia Parente ha già pubblicato il programma di un trekking inclusivo sul monte Cimone che si svolgerà il 12 e 13 marzo.
Rileggo quello che scrivono sulla loro pagina Facebook: “L’aiuto e la condivisione durante le attività all’aria aperta in ambienti naturali suggestivi hanno un valore esperienziale ed educativo ineguagliabile, perciò siamo sempre più convinti di essere sulla strada giusta, ma soprattutto solo al suo inizio!”.
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