Frizzi e lazzi che alla fine sono diventati pianti, urla e insulti all’organizzazione. Che in realtà con il meteo avverso poco aveva a che fare. La 6a edizione dell’Arrancabirra Goliardica (trail di 18 km con partenza e arrivo a Courmayeur, quasi 1500 metri di dislivello e sei ristori a base di birra) prometteva bene anche quest’anno. Alla partenza si è visto davvero di tutto. Perchè il bello di questa gara – nata quasi per scherzo e diventata un cult per gli appassionati – è anche la presenza di concorrenti in maschera. E allora: greggi di pecore con cane lupo e pastore, partorienti sulla barella, parrucche, tutù, animali di ogni genere (compresi cani veri, iscritti insieme ai padroni in una sezione a parte), clan di scozzesi… Il tema di quest’anno – dati i recenti matrimoni reali – erano i cappellini da Royal Wedding. E se ne sono visti di tutte le fogge.
Quasi 1.300 concorrenti alla partenza, tra cui i fratelli Gross e Marco Gazzola (freschi reduci dall’Utmb), e i comici Aldo e Giovanni. Alle 10.15, quando finalmente è stato dato il via, accompagnati dalle note dell’Armata Brancaleone i trailer sono partiti attraversando il centro del paese e poi deviando verso l’Ermitage e il primo ristoro. Fin lì tutto bene. Cielo nuvolo, polvere di neve che cominciava a volare. Ma nulla lasciava presagire quello che sarebbe successo dopo.
Una volta arrivati a La Suche, a circa 1.800 metri di quota, la neve era già più fitta. Ma in tanti si sono attardati al ristoro a mangiare uova e bacon. Colazione all’inglese, perchè proprio lì si teneva del resto il “Royal Wedding” annunciato da cartelli lungo la strada. E poi c’erano le birre da bere. Già, perchè in questa gara ogni lattina di birra bevuta dà diritto a un timbro sul pettorale. Ogni timbro significa uno “sconto” di 10 minuti sul tempo finale. Per riesce a bere tutte le lattine previste (6), significa guadagnare un’ora. Una prospettiva più che allettante.
A La Suche parecchi concorrenti, spaventati dalla neve, hanno deciso di battere in ritirata e sono tornati verso Courmayeur. Gli altri, più temerari, hanno puntato diritti verso la Tête de la Tronche, a quasi 2.600 metri di quota, il punto più alto del percorso. Da lì si sarebbe dovuti poi scendere al rifugio Bertone, e infine fare rientro a Courmayeur. “Si sarebbe”, perchè in realtà molti in cima non sono mai arrivati. O meglio: sono stati bloccati dagli organizzatori e invitati a tornare indietro. Del resto ormai sembrava di essere in Lapponia: neve ovunque, sopra e sotto. E il sentiero, con tutto lo scalpiccio di piedi, ridotto a un serpente di ghiaccio. Impossibile restare in piedi. Solo chi era attrezzato di bastoncini sembrava più o meno cavarsela. Gli altri continuavano a cadere e rialzarsi. Qualcuno tagliava i tornanti in diagonale arrancando nella neve fresca. Qualcuno cominciava a tornare indietro.
Poi, l’ordine di ritirata: tutti giù! C’è chi si è messo a piangere. Chi l’ha presa spiritosamente e si è limitato a cantare: «Arrancabirra, Arrancabirra/ se scendiamo giù di qui/ ti facciamo un culo così». Scendere si è rivelata un’impresa più ardua che salire. Tanti si sono lasciati scivolare sul sedere nella neve, pur di non affrontare il sentiero ghiacciato. E pazienza se si era senza guanti, con i calzoni corti, con la neve che entrava nelle scarpe e nelle mutande. L’importante era scendere, in un modo o nell’altro. E cercare di evitare i massi che ogni tanto rotolavano giù.
Ritirata in ordine sparso, si salvi chi può. Chi non è riuscito a superare la Tête de la Tronche, è stato deviato verso un percorso alternativo che si è poi ricongiunto con quello ufficiale. Anche i più veloci, questa volta, di tempo ne hanno messo parecchio. In infermeria se ne sono viste di tutte i colori. Il comico Giovanni Storti è rientrato alla base con un ginocchio grosso come un pompelmo. Aldo Baglio, che gli stava alle calcagna, tutto intero. Lo stesso non si può dire dei tre concorrenti che sono stati prelevati dall’elicottero e portati all’ospedale di Aosta.
Quest’anno sotto al tendone, nel parco Bollino di Courmayeur, non si sono fermati tutti a ballare. Ma il commento che si sentiva girare era quasi sempre lo stesso: «Beh, l’anno prossimo il tempo sarà migliore…».
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