di Franz Rossi
Una corsa-non-corsa, l’Arrancabirra. Talmente strana che, se non ci fosse il limite di sei lattine, qualche podista buon bevitore potrebbe tornare indietro nel tempo, cioè arrivare ancora prima di partire. Infatti la prerogativa della gara consiste nel bonus di 10 minuti per ogni lattina bevuta, che si traduce, per chi se le beve tutte, in uno ”sconto” di 60 minuti sul tempo finale. Se poi ci si cala del tutto nell’atmosfera della corsa, indossando capi di abbigliamento non del tutto consoni ad un trail montagnino, il divertimento è assicurato.
Il mattino della manifestazione, per le via di Courmayeur, si incontra di tutto: paperelle, astronauti, omaccioni cornuti, vecchiette zoppicanti, che ti danno subito l’impressione di essere in un carnevale viareggino piuttosto che in una gara di montagna. L’aspetto agonistico passa in second’ordine, ma è pur sempre una corsa in montagna con un buon dislivello, quindi meglio presentarsi alla partenza con un discreto allenamento alle spalle, per non rischiare di soffrire oltre misura e perdere così il piacere di esserci.
Aboliti del tutto i classici ristori con bevande tecniche, (almeno a me è parso così, dato che avevo occhi solo per le agognate lattine di bionda) chi non ha grandi ambizioni agonistiche si può comodamente sedere su panche di legno e gustarsi ottimi salumi e formaggi, gentilmente e calorosamente offerti dall’organizzazione; il guaio è che poi è terribilmente difficile rialzarsi e rimettersi in moto, specialmente all’ultimo ristoro, dopo tanti chilometri nelle gambe e sei lattine in pancia.
Un ultimo sforzo, e si arriva nel pratone di “Curma”, accolti da musica a palla, e da nuovi boccali schiumeggianti che fanno dimenticare la fatica. Meraviglioso sdraiarsi sull’erba fresca a riposare, prima di rientrare nel cemento cittadino. Da fare, almeno una volta nella vita podistica di ogni buon corridore; da rifare, perchè una sola volta non basta. E infatti ci siamo tornati…
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