Se ve la cavate bene con la mountain bike, c’è un percorso davvero spettacolare per voi: il Blinnenhorn, in Val Formazza. Due giorni e parecchie ore in sella, per un’esperienza indimenticabile.
Un paio di estati fa mi ero imbattuto in un video che mostrava una discesa spettacolare in alta Val Formazza. Un luogo di quelli che vorresti avere dietro l’angolo, con panorami che sembrano finti per quanto sono belli e con un trail che le mecche della MTB possono solo provare ad eguagliare.
Le immagini del video in realtà non rendono giustizia alla maestosità dei panorami- Si tratta infatti di un giro che non esito a definite epico. Due giorni in alta montagna, con pernottamento al rifugio 3A (2.940 metri di quota) e raggiungimento della vetta del Blinnennhorn (Corno Cieco) a 3.374 metri di altezza.
Il Blinnenhorn in Val Formazza non è un’esperienza per tutti
Questo giro però è per pochi. Chi non ha un grado di allenamento fisico elevato e doti tecniche altrettanto valide è meglio che non si avventuri lungo questo percorso.
Sono molte le ore di bici da sostenere, e il portage è lungo ed estenuante. Inoltre la parte finale dell’ascesa è su fondo ghiaioso, con pendenze ripide e sdrucciolevoli che non possono essere affrontate in condizioni di affanno. Ricordiamo che oltre i 3.000 msl siamo in terreno estremo e questo non è un altopiano, ma una cresta con strapiombi importanti.
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Chi però vorrà – e potrà – avventurarsi su questi pendii verrà ricompensato da emozioni uniche e impagabili. Appena arrivato alla macchina mi sono ripromesso di non tornarci più: troppa la fatica. Ma ora, mentre sto scrivendo, non vedo l’ora di riprendere il sentiero che sale al Rifugio Claudio e Bruno e poi sul tetto di questa Alta Formazza, che regala sempre sorprese inaspettate.
Non amo la fatica fine se stessa, non sono un patito di quei giri estenuanti in cui contano solo i metri di dislivello positivo macinati, le ore in sella e i chilometri percorsi. Per me la fatica deve essere ripagata da discese entusiasmanti e panorami unici, altrimenti si tratta di masochismo, un’attività che non mi appassiona.
La prima giornata in sella
La partenza è da Riale, in alta Formazza, luogo famoso per la cascata del Toce, che con il suo salto di oltre 100 metri accoglie i visitatori quasi improvvisamente appena giri una curva.
Riale si trova su di un pianoro splendido. Una frazione Walser, poche casette strette una all’altra, una chiesetta che fa la guardia ai tetti in pietra, una diga e tante possibilità per chi vuole appagare la voglia di esplorazione e desidera riempirsi gli occhi di panorami infiniti e spettacolari.
Come detto inizialmente, il tour è intenso. Fino alla piana del Bettelmatt si sale lungo una gippabile ripida ma fattibile. Poi ecco il primo “scoglio” di giornata: l’ascesa al rifugio Città di Busto. Con una rapportatura adeguata (28×52) si può anche pensare di pedalare alcuni tratti, ma è certamente la parte di maggior portage.
Giunti su questo balcone naturale, davanti a noi si apre uno scenario inaspettato: ampi ghiacciai fanno da anfiteatro naturale alle nostre scorribande a due ruote. Il lago dei Sabbioni sotto di noi, la punta d’Arbora e quella dell’omonimo lago che ci osservano dall’alto in basso, e un sentiero che si inerpica sulla montagna.
Qui si pedala per lunghi tratti. Resta solo un segmento centrale, denominato non a caso via crucis, dove bisogna prendere la bici in spalla. Per il resto le gambe girano e la mente viaggia.
Dal rifugio Claudio e Bruno, che come il 3A è gestito dall’associazione Mato Grosso, si prosegue. Poco portage e una salita dolce in costa che permette di avere una perfetta visuale sui monti e sul lago sottostante. La vetta del Blinnenhorn resta sempre nascosta, da qui il nome Corno Cieco, ma l’avvicinamento al rifugio dove ho deciso di pernottare è piacevole.
Il 3A ricorda il nido delle aquile, posizionato com’è su di uno sperone di roccia che domina la valle sottostante. È il posto ideale per chi vuole rigenerare la propria mente. Lo spirito di chi ci accoglie riesce subito a far passare la stanchezza, e le ore che ci separano dall’ascesa del giorno dopo diventano quasi una piccola vacanza.
Il percorso del secondo giorno verso la vetta del Blinnenhorn
Iniziare la giornata con una discesa come quella dal 3A è in grado di rigenerare subito e mettere di buon umore. Poi però inizia la salita. Più di 1h30’ di portage, per 600 metri di dislivello. Inutile indorare la pillola, la vista impagabile del Blinnennhorn bisogna sudarsela, come pure la discesa infinita che ci aspetta fra qualche ora.
Una volta in vetta, il panorama è incredibile. Le cime che il giorno prima ci osservavano dall’alto ora sono sotto di noi, la prospettiva cambia e le grandi catene delle Alpi, con i loro 4000 metri, si mostrano in tutta la loro maestosità. Uno scenario spettacolare, la montagna chiama e quando si accetta con rispetto la sua sfida sa ripagare con emozioni uniche.
Inizia finalmente la discesa
Poi è il momento dell’adrenalina, quella a cui non riesco a dire no. La voglia di sfidare la gravità mi riporta al motivo per cui sono lì in cima: scendere!
Devo ammettere che in un primo momento un brivido è corso lungo la schiena. Una striscia di terra stretta e ripida era l’unica traccia da seguire. Ma una volta partito, gli occhi fissavano quella lingua di terra davanti a me, e come per magia è sparita la stanchezza. Il sentiero si amplia, ogni preoccupazione abbandona la mente e l’unico pensiero è quello di scendere, cercando un feeling con il terreno.
Trovare il flou laddove sembra non esistere è la sfida che impongono i sentieri alpini. Un’improvvisazione degna di una suite di jazz, ma lo spettacolo è unico e la discesa epica. Più di 1500 metri, una cavalcata indimenticabile.
Cambiano i terreni, muta il vento e la temperatura si alza, segno che stiamo scendendo di altezza, che i ghiacciai ci salutano e torna il verde dei prati. Poi finisce anche il nostro sentiero e si torna alla macchina che avevamo lasciato il giorno prima. La soddisfazione è molta, come pure la voglia di tornare a salire, per cercare la discesa perfetta.
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