Belìn, ci risiamo. Io adoro andare in montagna. Ma non adoro per nulla scarpinare per ore su e giù per i sentieri. Il giorno dopo ho sempre le zampe a pezzi. Non vi dico poi dopo l’ascesa a Col Licony, in Valle d’Aosta.

Sul Col Liconi ci fanno addirittura una Vertical Race di 2 km (e sto parlando di 2 km di dislivello!). Quella fulminata della mamma l’ha fatta lo scorso anno, ma per fortuna non ha avuto la balzana idea di portarmi con sé. Mi ci ha portato, invece, per fare una “passeggiata di allenamento”.
Partenza alle 6.30 del mattino dalla piazza centrale di Courmayeur. Dopo una mezz’ora si arriva alla baita Ermitage. Un bel posticino per trascorrere la giornata, mi dico io. Tanto più che si sente già profumo di salsiccia nell’aria. E invece no: la mamma non si ferma e punta diritto verso La Suche. Cioè, diritto per modo di dire. Infatti tanto per cambiare sbagliamo sentiero e ci facciamo 300 metri di dislivello a gratis.
Torniamo indietro e prendiamo il sentiero giusto. Arriviamo a La Suche (2.000 metri) e io mi accascio tra i fiori. Bel posticino per fermarsi, mi dico di nuovo. E invece no. La meta della giornata è molto più in alto: Col Liconi, quota 2.900 e spiccioli. A quell’altezza anche gli spiccioli contano. La mamma mastica barrette e procede impavida. Il sentiero diventa sempre più ripido. Mi affaccio ai tornanti e mi vengono le vertigini. A tratti mi incrodo, e la mamma mi blandisce con voce melliflua (Giuda!).
Attraversiamo un paio di nevai, e ancora su. Ghiaia, vertigini e fame. Ma che gusto c’è, a fare cose del genere? Ogni tanto incrociamo qualche pazzo “in allenamento” per il Tor de Géants (una cosa da pazzi, appunto).

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Finalmente arriviamo in cima, e lassù non c’è proprio nulla. O meglio: c’è il panorama. Ma come ho avuto occasione di ribadire più volte, a me dei panorami frega poco. La mamma scruta il Garmin: “Bene, nonostante la tua compagnia ci abbiamo messo poco più della metà del tempo indicato dal cartello segnaletico”. Belìn, se non ci fossi stata io alla mamma sarebbe venuto un infarto!
Lei mangia un’altra barretta e poi mi fa: “Adesso ridiscendiamo a valle”. Io guardo di sottecchi il baratro orrendo che mi sono appena lasciata alle spalle. Rifare quel sentiero in discesa è fuori discussione. La mamma cerca di trascinarmi giù, ma io sono irremovibile. La lascio andare un po’ avanti, e poi scappo di nuovo su. Prova a trascinarmi col guinzaglio, ma questa volta non se ne parla: o mi porta in braccio, o restiamo qui a tempo indefinito.

La mamma è sull’orlo di una crisi di nervi. Mi supplica. “Dobbiamo tornare a prendere la macchina..”. It’s not my business. Mi sdraio per terra e fingo di dormire. La mamma si arrende: “Va bene, allora scendiamo dall’altra parte. Poi qualche santo provvederà”. Dall’altra parte si arriva a Morgex, per un sentiero lungo come la fame ma molto meno ripido. In più c’è pure un lago niente male.
Ma io sono stanca. Distrutta. Non ne ho più. Mi fermo ogni quattro passi. La mamma rinuncia a guardare il Garmin. Guarda solo il sole, sperando che non tramonti. A un certo punto, una visione. Il santo che provvede: un amico della mamma che sta salendo. E a cui vengono subito affidate le chiavi della macchina: “Per favore, vai tu a Courmayeur e vieni a recuperarci a Morgex… questo cane è alla frutta!”.
Belìn, qualunque essere non dotato di poteri paranormali sarebbe alla frutta! Noi continuiamo a scendere. Fa caldo. Sto per avere un collasso. Raggiungiamo un alpeggio. Da una baita diroccata emerge un individuo senza una gamba. “Ma questo cane sta male!”, dice alla mamma (bella scoperta!). “Bisogna fare qualcosa!”. Ha una gamba sola, ma le braccia sono due, e tra l’altro robuste. Mi afferra e mi butta dentro una fontana gelata. Per un attimo penso di essere su Scherzi a parte. Comunque mi rianimo.
L’individuo (che poi si scopre essere un simpatico abitante di Morgex) ci porta nella baita a riposare. Io mi accascio sotto il tavolo fingendomi morta. Lui e la mamma iniziano a bere bicchierini di genepy. Ma solo a me succedono queste cose???

Passa circa un’ora. La mamma si riscuote e, come il Bianconiglio di Alice, guarda l’orologio e comincia ad agitarsi: “È tardi, è tardi, è tardi…”. L’individuo ci indica una scorciatoia nel bosco, con cui possiamo risparmiarci un paio di chilometri. Incontreremo anche il lupo? In ogni caso ci avviamo tra tronchi e sterpaglie. Io penso più volte al suicidio.
Arrivate sulla strada sterrata che porta in paese, comincio a strisciare. Morgex è sotto di noi, lontanissima. Penso a come sarebbe stato bello avere per mamma un’ottantenne con l’Alzheimer. Penso… e all’improvviso sento un clacson. Compare di nuovo l’individuo senza gamba a bordo di un quad. Per un attimo lui e la mamma concepiscono l’idea di legarmi alla carrozzeria e portarmi giù appesa. Ma non ci sono funi.
Un altro clacson. Ormai ho le allucinazioni. Sarà l’arcangelo Gabriele. Invece è l’amico della mamma, che finalmente è arrivato. Mi carica in macchina e mi risparmia gli ultimi 6 km (quelli che sarebbero stati letali). Qualcuno mi vuole adottare?

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