Cristina Scazzosi, ipovedente, atleta del team paralimpico di canottaggio, parla del suo impegno, dei suoi sogni, e della grande delusione. “Più che il merito, conta la politica”. La nostra Giusi Parisi l’ha intervistata.
Negli ultimi 11 anni ho avuto modo di provare vari sport, anche molto diversi fra loro. Fra pochi giorni sarà la mia “prima volta” con il canottaggio. E così, anche per farmi ispirare, ho fatto due chiacchiere con la mia amica Cristina Scazzosi, ipovedente, che quest’anno ha fatto parte della Nazionale paralimpica. E così ho scoperto che, come accade a volte nello sport, purtroppo non tutte le esperienze sono positive.
– Cristina, come è nata la tua passione per il canottaggio?
“In generale lo sport per me è sempre stato importante, soprattutto da quando ho iniziato a perdere la vista all’età di otto anni. Dopo aver giocato a pallavolo e a calcio in collegio, ho provato varie discipline. Ma in realtà non avevo mai pensato a una vera una carriera agonistica”.
– Poi a un certo punto è arrivato il canottaggio…
“Nel 2011, grazie a una mia amica, mi sono avvicinata a questo sport. Ho iniziato ad allenarmi al ritmo di musica in palestra con il remoergometro (più conosciuto come vogatore, è un attrezzo che simula il gesto atletico del canottaggio).
- IL VOGATORE ✅ Il nostro vogatore SP-MR-008 ha già conquistato molti appassionati di fitness con la sua qualità senza compromessi e l'autentica sensazione di vogare. Questo non solo si evince dai feedback positivi, ma rende il nostro team particolarmente orgoglioso
- ALLENAMENTO EFFICIENTE ✅ Il vogatore da casa permette un allenamento efficiente total body e rispettoso delle articolazioni. I pedali antiscivolo regolabili e il sedile ergonomico assicurano una sana sequenza di movimenti
- TECNOLOGIA MODERNA ✅ Il sistema di freno magnetico esente da manutenzione e silenzioso e gli 8 livelli di resistenza non lasciano nulla a desiderare. L'alta massa del volano (circa 8 kg) permette un movimento di voga fluido
Nel novembre 2014, sempre grazie alla mia amica che aveva parlato di me ad uno dei referenti del Para-Rowing in Italia, provo il vero canottaggio e decido di iniziare un percorso sportivo a tutti gli effetti. Ho cominciato con le prime uscite in barca, continuando ad allenarmi tutti i giorni al remoergometro e affinando anche la tecnica. Poi finalmente è arrivato il momento dei primi test in barca olimpica, nei quali ho ottenuto ottimi risultati”.

Anteprima | Prodotto | Voto | Prezzo | |
---|---|---|---|---|
![]() |
SportPlus Vogatore con Sistema Frenante a Turbina, Sensazione... | 150 Voto | 549,99 EUR | Controlla su Amazon |
– Com’è l’imbarcazione usata per il Para-Rowing?
“La barca paralimpica usata da chi ha una disabilità visiva è la Quattro con PR3 Misto, ovvero una barca il cui equipaggio è composto da quattro rematori e timoniere. I rematori sono due uomini e due donne, ciascuno con un remo, posizionati due sul lato destro e due sul sinistro della barca. Il timoniere, vedente, può essere uomo o donna. La barca per la categoria PR3, ovvero quella degli atleti che possono usare braccia, tronco e gambe, è equipaggiata in modo identico a quella olimpica, con sedili scorrevoli”.
Leggi anche: Paolo Cazzaro, quando lo sport è un “pasticciaccio brutto”
– Poi, a un certo punto, avevi deciso di lasciar perdere tutto…
“Sì. Nel 2015 e 2016 avevo continuato ad allenarmi con il massimo impegno, e ho avuto anche la fortuna di avere come timoniere Peppiniello di Capua, già timoniere dei fratelli Abbagnale. Sentivo vicina la convocazione ai giochi di Rio, visti i miei risultati…ma niente! Ho capito allora che a volte nello sport non conta il merito, ma la politica. Dopo questa delusione, ho lasciato il canottaggio per dedicarmi ad altro. Ho sempre fatto sport mettendoci tutta me stessa, perchè mi faceva stare bene. E l’ossessione per i tempi o il fatto di non poter partecipare ad un’Olimpiade pur avendone i requisiti non mi faceva stare bene. Avevo smesso di credere nello sport agonistico”.

– Cos’è successo dopo?
“Mi sono dedicata, fra le altre cose, al trekking (altra mia grande passione). Ho percorso anche il Cammino di Santiago e la via Francigena. Poi, tra il 2018 e il 2019, pur molto titubante mi sono lasciata convincere a riprendere canottaggio. Non senza difficoltà, perché ho cercato di impormi come rematrice destra. Remare con il braccio sinistro mi causava un dolore lancinante, a fatica alleviato dai farmaci. Ma ho ceduto all’insistenza dell’allenatore, e dal giugno 2019 ho iniziato un percorso quasi miracoloso. Probabilmente ero la persona con più esperienza del mio equipaggio e, dopo appena un mese di allenamenti insieme, siamo riusciti a vincere l’argento alla Coppa del Mondo di Poznan, in Polonia. Abbiamo continuato ad allenarci costantemente per tutta l’estate, con le rematrici a pari (sul lato destro) e i rematori a dispari (lato sinistro), fino ad arrivare al mondiale di qualificazione olimpica a Linz, in Austria. Qui non solo riusciamo a qualificare la barca per le Paralimpiadi di Tokyo, ma portiamo a casa la medaglia di bronzo”.
– Niente male, per una che aveva deciso di appendere il remo al chiodo! Quindi ti sei qualificata per le Olimpiadi?
“Ho contribuito a qualificare la barca per i giochi di Tokyo, e quindi sentivo vicina anche la mia la convocazione olimpica. Ma nel canottaggio in realtà è solo la barca a qualificarsi, non i singoli componenti dell’equipaggio. Quindi la mia partecipazione alle Paralimpiadi non era affatto certa”.

– Poi ci si è messa di mezzo anche la pandemia…
“Durante il lockdown ci siamo allenati come meglio potevamo, e periodicamente avevamo dei test al remoergometro in cui dovevamo soddisfare alcuni parametri fissati dalla Federazione. Nel 2020, per la prima volta anche la categoria paralimpica è stata inserita nel campionato europeo. Era fissato per il mese di ottobre, e qui siamo riusciti a vincere l’oro! Aver conquistato quella medaglia, ma soprattutto aver cantato l’inno nazionale sul podio, pensando all’Italia e alla situazione mondiale, hanno reso quel giorno uno dei più emozionanti della mia vita. Ma anche questa volta ho potuto constatare che in realtà le selezioni non vengono fatte sulla base della meritocrazia. Infatti un ragazzo che ci aveva aiutato molto nella preparazione precedente gli europei, è stato escluso dall’equipaggio”.
– Tu però questa volta sei partita. Con quali sensazioni?
“Abbiamo poi continuato con la preparazione e i raduni fino alla partenza per Tokyo. Però tre mesi prima di volare in Giappone mi hanno rimesso a remare a dispari. Ho dovuto patire una sofferenza estrema, pur imbottendomi di farmaci, per tutto quel tempo. E nonostante questo non sono stata sicura di fare parte del team fino a pochi giorni prima della trasferta”.

– In ogni caso siete riusciti ad ottenere un quinto posto ai Giochi.
“Sì, ma potevamo sicuramente fare meglio. La mancanza di affiatamento nell’equipaggio si è fatta sentire, insieme ad altri problemi. Nei giorni scorsi siamo stati a Roma per ricevere il premio di partecipazione ai Giochi Olimpici e il premio come migliore equipaggio dell’anno 2020.
È stato emozionante. Ma credo che fino a quando non cambieranno le cose, il mio remo resterà appeso al chiodo. Vale a dire fino a quando sarò costretta a soffrire terribilmente e a vomitare dal dolore perché mi impongono di remare a pari; fino a quando chi non fa nessun sacrificio per lo sport verrà preso in considerazione più di me per motivi politici; fino a quando verrà data la colpa al mio braccio per uno scarso risultato”.
– E a proposito di cambiare le cose, cosa ne pensi della proposta di equiparare i premi in denaro degli atleti olimpici e paralimpici?
“Secondo me è giusto, come sarebbe giusto che anche gli atleti paralimpici potessero intraprendere un’effettiva carriera militare sportiva. Buona parte degli atleti olimpici infatti fa parte dell’esercito, ed essere atleti è il loro lavoro. Molti di noi invece non possono permettersi di rinunciare allo stipendio per inseguire una carriera sportiva non retribuita. Il nostro impegno non vale meno di quello degli atleti normodotati. Questa discriminazione la vedo anche all’interno della nostra Federazione. Ci alleniamo tutti insieme, gareggiamo negli stessi giorni, ma ad esempio per gli Europei non abbiamo ricevuto nemmeno un decimo del compenso riservato ai normodotati. Stimo persone come Bebe Vio, che cercano di farci uscire dall’ombra”.
– Ma al di fuori dell’ambito agonistico, hai avuto delle belle esperienze sportive?
“Nel 2019 ho partecipato alla maratona di Atene con un mio amico in carrozzina. È stato davvero emozionante: io ero le sue gambe e lui i miei occhi. Mi piacerebbe anche provare il triathlon. Ma al momento la priorità numero uno è avere un figlio!”.
© riproduzione riservata