Intervista ad Àlex S. Casanovas, direttore di gara della temibile Rovaniemi 150. Anche il nostro Max Marta sarà al via quest’anno.
Dicembre è iniziato. Per tutti è il momento di pensare alle vacanze di Natale, ai regali, alle feste. Io invece penso solo ad una cosa: che mancano 2 mesi e mezzo allo start della Rovaniemi 150, il primo ultratrail invernale che si corre al circolo polare artico in territorio finlandese. E che può essere percorso usando sci, fat-bike oppure a piedi. Sono passati ormai quattro anni dalla prima edizione, e ho la fortuna di poter fare alcune domande al direttore di gara Àlex S.Casanovas.
Come ti è venuta l’idea di organizzare la prima ultra maratona invernale in Europa?
“Mi è venuta dopo aver partecipato all’Iditarod Trail Inviational nel 2011 (N.d.T per chi non lo sapesse l’Iditarod è unaa corsa massacrante che attraversa tutta l’Alaska in pieno inverno ). Ho visto che dopo aver superato la catena McKingley il paesaggio diventava molto simile a quello che abbiamo qui nel Lapland. La Rovaniemi 150 è proprio una copia di quelle gare invernali organizzate in Alaska dalla fine degli anni ‘80, ma adattata alle regole finlandesi e al mio stile”.
Com’è cambiata la Rovaniemi nel corso degli anni?
“Abbiamo iniziato con un’unica distanza di 150 km. Nel 2015 abbiamo aggiunto altri due percorsi: uno di 66 km e un altro di 300 km. Abbiamo modificato anche alcune regole e alcuni dettagli tecnici man mano che acquisivamo sempre più esperienza”.
Sono aumentati i partecipanti nel corso degli anni?
“Nella prima edizione c’erano 14 partecipanti. E solo in tre l’hanno finita. Da lì la partecipazione è aumentata anno dopo anno. L’ultima edizione ha avuto 106 atleti alla partenza. Al momento per quanto riguarda quest’anno ci sembra che non arriveremo a 100. Ma chissà… Fino all’ultimo i partecipanti possono aumentare”.
Àlex, tu sei una “guida polare”. Sei un esperto di quell’ambiente così particolare e sei anche un esperto di logistica in condizioni estreme. Potresti dirci quali sono le principali peculiarità di questo ambiente?
“Fondamentalmente sono un esperto di logistica in luoghi isolati. Riguardo al Polo, il freddo è un problema se non sai come gestire temperature così basse. E in caso di temperature sotto i -30° devi stare molto attento anche se hai molta esperienza”.
Oltre al freddo quali sono gli altri problemi in questo tipo di ambiente? La mancanza di luce?
“Sicuramente il freddo e la tua preparazione fisica sono i due aspetti principali. È importante l’esperienza per capire come ci si deve vestire nel modo più appropriato. Generalmente invece la mancanza di luce non è un problema, sta tutto nel saper gestire la mente e nell’avere una buona scorta di batterie per la frontale. Qui a Rovaniemi nel periodo di minor luce abbiamo solo quattro ore di sole (dalle 10 alle 14). Ma dal 21 dicembre le giornate si allungano (30 minuti alla settimana). E iniziamo a sentire le giornate più lunghe dopo il 10 gennaio circa”.
Quali sono le principali differenze tra correre una ultra “normale” in ambiente alpino e correre la Rovaniemi? So che le temperature possono arrivare a -30°/-35° E so che ci sono state enormi differenze tra gli arrivi delle diverse edizioni…
“Nelle cinque edizioni fatte finora non abbiamo mai avuto mai più di -15°, ma è possibile che in febbraio si raggiungano anche i -30° e oltre. In effetti alcuni giorni prima della gara abbiamo raggiunto quelle temperature (nel 2012 fino ad una settimana prima della partenza siamo stati per dieci giorni tra -30° e -37°), ma mai durante la gara. È per questo che i partecipanti devono venire qui con un abbigliamento adeguato a fronteggiare anche quelle temperature. Poi, durante il briefing, io dirò quali sono le condizioni meteo previste e le condizioni del percorso, così che possano scegliere l’abbigliamento più adeguato. La scorsa edizione è stata calda (tra -1° e -2°) ma molto ventosa, piena di neve e con tanta umidità, e molte persone di sono ritirate. La percentuale degli arrivati per la Rov150 è stata 53% (29 su 55), per Rov300 14% (4 su 28) e per la Rov66 che è più facile da portare a termine 87% (20 su 23)”.
Che tipo di allenamento suggerisci per chi vuole partecipare alla Rov ma vive nell’Europa continentale?
“La cosa migliore sarebbe allenarsi al freddo in posti come le Alpi, i Pirenei o simili. La cosa più importante è però che, anche se ti alleni dentro un freezer industriale, non ti devi bagnare. Non devi mai, mai sudare! Se ti accorgi che stai sudando ti devi fermare o rallentare”.
– Quindi che cosa deve avere sempre in mente chi partecipa alla Rov?
“Proprio questo: non sudare e rimanere ben idratato. È meglio iniziare con molti vestiti a strati, e poi poco alla volta toglierseli per evitare di sudare”.
Che cosa suggerisci si debba portare dietro il runner della Rov oltre al materiale obbligatorio indicato?
“Sul nostro sito puoi trovare una buona lista. La cosa più importante è avere una giacca di 700/1000 grms, pantaloni in goretex, e ottime muffole da usare quando ci si ferma e nel caso la temperatura si abbassi. Anche le scarpe sono molto importanti, devono essere waterproof e grandi abbastanza da poter indossare due paia di calze contemporaneamente: una leggera e una più pesante. Anche le ghette sono importanti: aiutano a stare caldi e proteggono le caviglie dalla neve e dal freddo. I sovra-scarpe sono buoni in caso di freddo estremo e/o in caso si trovino grandi pozze d’acqua sopra il ghiaccio attraversando i laghi e i fiumi. È importante anche proteggere bene il collo, la testa, il naso e gli occhi soprattutto se c’è vento”.
Come mai si utilizzano le pulkas (slittini) durante la corsa?
“Trasportare i pesi nella pulka è molto più comodo che portarli sulla schiena. In effetti con una pulka si possono trasportare molti più chili. Nella Rov150 alcuni atleti si portano lo zaino – dipende da loro – ma la maggior parte dei partecipanti a questo tipo di gara usa i pulka”.
Àlex, tu che sei esperto di ambiente polare, cosa pensi della tanto dibattuta questione della salute del nostro pianeta? Pensi che il Polo sia davvero minacciato dal cambiamento climatico?
“Sì! Dopo otto stagioni nell’Artico ho notato come i piccoli ghiacciai crollano e si riducono. Comunque gli scienziati con cui ho lavorato non si sono mai preoccupati troppo di questo. Circa 10.000 anni fa l’Europa era praticamente coperta di ghiaccio. Prima ancora c’erano i dinosauri e altre specie che poi si sono estinte. “Il Pianeta sta bene. Sono le persone che sono fottute” (George Carlin dixit)”.
L’intervista è quasi finita. Forse per la riverenza che ho davanti ad un uomo così fuori dall’ordinario come Àlex faccio una gaffe gli chiedo: “Tu che sei spagnolo…”. Sintetico e diretto mi corregge subito: “Catalano”. Mi scuso e vado avanti.
Àlex, la tua vita sembra un romanzo d’avventura. Per farla breve, sei catalano, quando eri bambino veleggiavi sugli Optimist, poi hai iniziato ad arrampicare e lo hai fatto in tutto il mondo, compresa l’Antartide dove addirittura una montagna – il Casanovas Peak – è stata battezzata in tuo onore. Hai lavorato come esperto di logistica per importanti organizzazioni umanitarie e sei uno dei maggiori conoscitori di spedizioni nel Polo. Come sei riuscito a fare tutto questo in una sola vita? Qual è il consiglio che puoi dare a persone normali come noi?
“Lo dico con un’unica frase: Better do what you really like than wish the hope”.
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