Questa volta vi portiamo con noi in una specie di parco geologico: nella zona di Montepiatto, nel Comasco, alla scoperta di curiosità come la Pietra Pendula e gli Avelli.
Il Lago di Como è famoso, oltre che per i suoi panorami, per le montagne che lo circondano e che si innalzano verticalmente dalle sue sponde, disegnando sagome di giganti che si specchiano nell’acqua. Da lontano questi monti possono apparire brulli e selvaggi, ma al contrario contano la presenza di numerosi piccoli paesi le cui origini, a volte, si perdono nella notte dei tempi. E proprio per questo nascondono dei tesori, la cui scoperta è alla portata di tutti. Basta aver la voglia di passare una giornata all’aria aperta e camminare.
Montepiatto è uno di questi paesi da scoprire. La nostra ricerca parte dall’attracco del battello di Torno, piccolo comune in provincia di Como, che si affaccia sulla sponda orientale del ramo comasco del lago.
Torno è il classico “paese laghee”, come canta Van De Sfroos: tante case colorate costruite una sopra l’altra, in modo da strappare ogni lembo di terra al ripido versante montuoso. Un dedalo di stradine e vicoli, attraversato dalla strada principale che collega Como a Menaggio. Trovare parcheggio è un’impresa, specie nei fine settimana. Per cui consiglio di raggiungerlo con il battello o il pullman che partono da Como.
Punto di partenza dell’escursione a Montepiatto: Torno
Dal suggestivo porticciolo ci portiamo sul lato sinistro della Chiesa di Santa Tecla, posta proprio di fronte a noi, e che èce uno dei simboli del borgo. L’edificio ha una struttura romanica, un bellissimo campanile e un elaborato rosone gotico. Risalendo la scalinata di via Plinio, raggiungiamo la piazza dove sorge l’edificio comunale e, quindi, la provinciale.
Attraversata la strada, ci troviamo in piazza Caronti e ci infiliamo nella stratta viuzza in fondo (via Tridi). La seguiamo fino ad incrociare, sulla destra, via Scilonico. Prendiamo quest’ultima via, percorrendo un tratto dell’antica Strada Regia, che collegava Como a Menaggio, e costeggiamo ville con ampi e curatissimi giardini.
Ai successivi bivi teniamo sempre la sinistra trovandoci, una volta raggiunta la parte alta del paese, a percorrere una bella e lunga scalinata. La pendenza è abbastanza sostenuta, ma il panorama verso il lago ripaga della fatica. Ben presto ci troviamo davanti un’altra mulattiera che sale da Torno e la cappella di Someana. Proseguendo verso destra, troviamo il cartello che indica la direzione per Montepiatto. Da qui mancano circa 30 minuti di cammino.
Una scalinata da 363 gradini
Il percorso è il continuo della scalinata di prima, alternato a tratti pianeggianti. Dopo una serie di tornanti raggiungiamo i ruderi di quella che un cartello chiama la Cà di biss (Casa delle bisce) e un’indicazione avverte che inizia la scalinata dei 363 gradini (ma almeno altrettanti ne abbiamo già fatti…).
Dopo altri tornanti, arriviamo in vista delle prime case del paese. Montepiatto, come dice il suo nome, è costituito da un gruppetto di antiche case sparse sull’altopiano. Superate le prime case seguiamo, verso sinistra, l’indicazione per la Chiesa di Sant’Elisabetta e la Pietra Pendula, i tesori del luogo. Un bel sentiero ci porta tra le case del paese fino ad arrivare alla scalinata finale che conduce proprio all’ingresso della chiesa con annesso convento del 1500. Una panoramica terrazza vista lago invita ad una sosta per ammirare il paesaggio.
Seguendo il sentiero che aggira la chiesa, entriamo poi nel bosco raggiungendo dapprima la Pietra dell’Orso e poi la Pietra Pendula. Si tratta di sculture naturali formate dai cosiddetti “massi erratici” o “trovanti”, di cui i boschi della zona sono pieni. Si tratta di massi trasportati dai grandi ghiacciai che scendevano dalle Alpi durante il Quaternario. Sono pietre isolate, di notevoli dimensioni, costituite da rocce diverse da quelle prealpine di natura calcarea. I massi invece sono vulcanici, come i graniti, o metamorfici, come i gneiss e i serpentini provenienti dalla Valtellina e dalla Valchiavenna.
La scoperta della loro origine si deve al famoso naturalista Antonio Stoppani che scrisse nel 1800: “…sul dorso dei colli, sui fianchi dei monti, sui margini dei laghi… dappertutto… vedrete o solitari, o in gruppi fantastici, o allineati in modo mostruoso… pezzi enormi di graniti, di porfidi, di serpentini, di rocce alpine di ogni genere evidentemente divelti dai monti lontani portati giù, a centinaia di miglia di distanza e posti a giacere così rudi e informi, ove possono meglio stupirci…”.
Le bizzarre forme dei massi erratici di Montepiatto
Gli erratici di questa zona sono interessanti per due aspetti: il primo è quello che formano strutture particolari o bizzarre come, appunto, la roccia dell’orso (di cui si può intuire la forma), o la Pietra Pendula, decisamente curiosa: si tratta di un’enorme roccia di granito che forma un fungo appoggiato, quasi in equilibrio precario, su un altro sasso calcareo di dimensioni decisamente inferiori.
Il secondo motivo per cui questi massi sono particolarmente interessanti, lo scopriamo nella seconda parte della nostra escursione. Dopo aver completato il periplo di Montepiatto e raggiunto l’incrocio de La Cruss (così chiamato per la grande croce che vi si trova), prendiamo il sentiero per il piccolo borgo di Piazzega. Si passa tra le case del paese e si continua poi in discesa fino al ponte di Travaina, dove inizia il percorso dei massi avelli: misteriose tombe, probabilmente preistoriche, a forma di vasca scavate nei massi erratici.
Seguendo il sentiero sulla sinistra della cappelletta a lato del ponte e tenendoci in alto, in pochi minuti raggiungiamo la località Cascine di Negrenza con il suo avello, e poco oltre troviamo quello delle Piazze. Ritornati al ponte, ci avviamo lungo la mulattiera che rientra a Torno.
Una volta in paese, prima di raggiungere l’imbarcadero, facciamo un’ultima sosta alla chiesa di San Giovanni Battista del Chiodo, splendido edificio di origine rinascimentale, le cui parti più antiche risalgono al Trecento. Vi sorge accanto una torre campanaria romanica. Il nome della chiesa deriva dalla presenza, al suo interno, di uno dei chiodi della croce di Cristo. Che, secondo una leggenda, sarebbe stato portata a Torno da un arcivescovo tornato da una crociata.
NOTE TECNICHE
Partenza: Torno (225 m)
Arrivo: Montepiatto (610 m)
Dislivello: 450 m circa
Tempo: 2,30 – 3 ore
Difficoltà: E
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