Ettore Campana partirà lunedì prossimo per una nuova impresa: attraversare il Sudafrica in bicicletta in solitaria. Ancora una volta, l’obiettivo sarà quello di coinvolgere i bambini ricoverati nel reparto di oncoematologia pediatrica dell’Ospedale di Brescia. Lo abbiamo intervistato.
Lo scorso aprile era partito in bicicletta portandosi appresso gli sci da alpinismo. Nell’arco di due mesi, aveva attraversato tutte le Alpi pedalando. E tra una pedalata e l’altra aveva scalato ben 33 vette. Portandosi a casa, oltre alle ascensioni, 2.800 chilometri percorsi con la bicicletta e con gli sci, e ben 70.500 metri di dislivello positivo.
Un progetto battezzato Scalo Sogni, e portato a termine con determinazione per infondere coraggio a chi è impegnato in battaglie faticose: come i bambini ricoverati nel reparto di oncoematologia dell’Ospedale di Brescia, che lo hanno seguito giorno per giorno nella sua avventura. Su ogni vetta scalata, Ettore ha portato le bandierine che gli erano state affidate dai bambini. Per far sventolare in alto i loro sogni di guarigione.
Lunedì prossimo, 16 ottobre, Ettore partirà per una nuova impresa: attraversare – sempre in bicicletta e in solitaria – il Sudafrica. Partenza da Cape Town e arrivo a Maputo, in Mozambico. Tremila chilometri sui pedali e circa 40 mila metri di dislivello positivo. Questa volta porterà con sè le cartoline disegnate dai bambini, e le distribuirà nei villaggi che incontrerà lungo il suo percorso. Come la volta precedente, racconterà le sue giornate attraverso Instagram (il suo account è @etto_vololibero ).
– Ettore, ma la prima domanda è: come fai, a 30 anni, ad avere tutto questo tempo libero da dedicare alle tue avventure?
“La mia è una scelta di vita. Lavoro stagionalmente come pizzaiolo in estate e in inverno. Nelle altre stagioni, cioè primavera e autunno, viaggio. Lo faccio da quando ho 20 anni. Ho iniziato a fare pizze in Nuova Zelanda, poi in Australia e in Canada. Adesso da un po’ di tempo lavoro in Svizzera. Con gli stipendi italiani non potrei permettermelo. Ma in questo modo sono riuscito a girare per il mondo dedicandomi alla mia passione: l’outdoor. E da un paio di anni ho scoperto la bicicletta. Che per un “nomade” come me è il massimo. Mi regala una libertà completa, non sono più legato a pullman o treni per spostarmi”.
– Sei cittadino del mondo, ma sei nato a Brescia. E hai deciso di regalare i tuoi sogni ai bambini del reparto oncoematologia. Come è nata questa idea?
“A un certo punto, dopo tanti anni di viaggi dedicati a me stesso, ho sentito l’esigenza di fare qualcosa di utile. Volevo aggiungere uno scopo alle mie avventure. E ho cercato degli obiettivi. Per esempio ho fatto un viaggio in bici da Brescia a Marrakech raccogliendo fondi per una società che si occupa di riforestazione. Con la mia pedalata ho raccolto 5.000 euro che sono serviti a piantumare 200 alberi nella riserva naturale delle Torbiere del Sebino. Quando ho deciso di alzare l’asticella e sfidare i miei limiti, attraversando le Alpi ancora innevate, ho chiesto supporto a Tony Gialdini, titolare di un negozio di articoli sportivi di Brescia. E lui mi ha messo in contatto con il reparto di oncoematologia dell’ospedale”.
– Una curiosità: con questo stile di vita, riesci ad avere delle relazioni sociali?
“Non è semplice. Posso permettermi di viaggiare tanto perché sono completamente libero: non ho vincoli sentimentali, non ho una casa, non ho nemmeno la macchina. Ma ovviamente a qualcosa devo rinunciare: e questo qualcosa sono le relazioni sociali. È vero che ho occasione di conoscere tantissime persone, ma ovviamente sono rapporti che iniziano e finiscono nel giro di poche ore. Devo dire che comunque io sono un grande solitario e sto bene con me stesso. Il viaggio è anche un modo per guardarmi dentro”.
– Però i social devi usarli…
“Fino a un paio di anni fa non lo facevo. Poi mi sono reso conto che comunicare quello che fai è necessario, se vuoi coinvolgere altre persone. Dai possibili sponsor, a chi ti segue da casa. E confesso che tutto sommato non mi dispiace: alla fine è anche un modo per raccontare in presa diretta quello che sto facendo. E poi passando tanto tempo da solo, diventa anche una compagnia. Certo non pubblico post a caso: lo faccio quando ci sono immagini o emozioni che vale la pena di condividere“.
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