La nostra Giusy Parisi racconta in questo articolo la sua gara di sopravvivenza e orienteering da non vedente, nei boschi della Calabria.
Maggio 2021: si inizia a respirare aria di ripresa… I locali e i cinema riaprono gradualmente, e sempre gradualmente riprende lo sport non agonistico. In tutti arde la speranza che questa sia davvero la volta buona, il passo che ci porterà piano piano a riprenderci la nostra normalità.
Fortunatamente, in questi ultimi mesi almeno lo sport agonistico non si è fermato, pur rispettando tutte le norme vigenti di sicurezza. Proprio questo “motore” ha fatto scattare negli istruttori di Calabria Survival, Angelo e Gianfranco, l’idea di una gara nazionale di sopravvivenza e orientering. Si è trattato di una gara pilota, pertanto non ci sono stati realmente vincitori e vinti, ma speriamo possa essere solo il primo passo verso una nuova, sana e rigenerante competizione sportiva in mezzo alla natura, che richiami atleti – normodotati e non – da tutta Italia.
Conoscevo Angelo e Gianfranco perché avevo già avuto occasione di provare i loro corsi. Autorizzata dallo CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale) Calabria, questa gara si è tenuta nel weekend del primo e due maggio. All’invito hanno risposto in totale sette atleti, due dei quali – io ed il mio amico Agostino – per la categoria disabili.
La prima giornata si è svolta presso il Comune di Laino Borgo, all’interno del Parco Nazionale del Pollino, ai confini con la Basilicata. In mattinata, prima di dedicarci alle attività competitive, abbiamo fatto un utile ripasso dei corsi di BLSD (acronimo di Basic Life Support and Defibrillation, ovvero primo soccorso con l’impiego di defibrillatore semiautomatico, rianimazione cardiopolmonare, manovre di disostruzione delle vie aeree) e PTC (Prehospital Trauma Care, ovvero come comportarsi con chi ha subito traumi importanti come delle fratture).
La mia gara di sopravvivenza da non vedente comincia con una mappa accessibile
Durante i turni di prova pratica degli altri partecipanti, io, Gianfranco e Agostino studiavamo un metodo di mappatura in rilievo del percorso che avremmo fatto il giorno dopo, durante il quale avrei seguito appunto la mia mappa accessibile.
Nel pomeriggio, ci siamo dedicati alla gara di tiro con l’arco e di attraversamento della corda, che consiste appunto nell’attraversare, quasi stendendovisi sopra e lasciando una gamba penzoloni per mantenere l’equilibrio, una corda tesa fra due alberi. Fortunatamente, come dicevo, si è trattato più di un esperimento che di una competizione vera e propria. Altrimenti Agostino mi avrebbe di gran lunga battuto questa volta!
A causa del coprifuoco, non si è potuta svolgere la parte più entusiasmante (almeno secondo me) dell’evento, ovvero la costruzione di un rifugio e il conseguente bivacco notturno in sopravvivenza.
L’indomani mattina, il ritrovo era fissato invece nelle vicinanze del comune di Orsomarso, dove abbiamo intrapreso il primo dei due percorsi da fare durante la giornata,”armati” di cartina e bussola. Ad accompagnarci, oltre ovviamente agli istruttori, è arrivato il presidente regionale dello CSEN, rimasto poi con noi fino a fine giornata.
Il sentiero che costeggia il fiume Argentino si presenta ben battuto e piuttosto facile. Era tempo di sperimentare l’utilizzo della mia mappa in rilievo, composta da più fogli, su ognuno dei quali era riportato, con cordoncino sottile, una parte del percorso (500 metri circa). Devo dire che questa, sia per me che per gli istruttori, è stata un’esperienza nuova.
Proseguendo lungo il percorso, si provava ad implementare la mappa con migliorie da aggiungere: da punti di riferimento, come grossi alberi, staccionate, costoni di montagna… a piccole etichette che indicassero la scala della mappa, i metri percorsi, le coordinate geografiche e via dicendo.
L’altezza di una cascata si misura a orecchio
Dopo circa 3 km, prima di ritornare indietro, breve sosta presso una cascata, con un salto, stimato ad orecchio, di poco meno di 10 metri. Sulla strada del ritorno, abbiamo invece fatto una sosta istruttiva, in cui abbiamo appreso come costruire delle barelle di emergenza, utilizzando due grossi rami resistenti e ciò che può essere utilizzato di quello che si porta con sè: una lunga corda resistente, una coperta o tre giacche in fila, abbottonate, con i bastoni passanti attraverso le maniche rivoltate verso l’interno.
Tornati al punto di partenza, era tempo di pranzare. Il mio pasto, da brava osservatrice del manuale dei corsi di sopravvivenza, consisteva in cibo in scatola e barrette, che ovviamente mi ero portata dietro da Milano. Subito dopo ci siamo recati ai piedi del monte Trincello, nei pressi di Verbicaro (Cosenza), dove avremmo affrontato il secondo percorso della giornata.
Alla mia gara di sopravvivenza da non vedente non poteva mancare il fuoco
Leggermente più impegnativo del precedente, il percorso mi stimolava ad immaginare un modo per poterlo affrontare in autonomia, con mappa, utilizzando entrambi i bastoncini da trekking sia per l’equilibrio, sia per individuare ostacoli o buche e bordi di precipizi. Magari in un futuro poco lontano noi non vedenti potremo utilizzare ausili che possano rilevare tutto questo.
Arrivati al punto da cui saremmo tornati indietro, era il momento per me e Agostino di cimentarci nell’accensione del fuoco. Dopo aver raccolto rametti e sterco di mucca che avrebbero fatto da combustibile, ci siamo appostati al riparo dal vento e abbiamo tirato fuori i nostri kit da sopravvivenza. Devo dire che più che una competizione, almeno questa volta tra me e il mio amico si è trattato di una collaborazione.
Dopo aver fatto provare l’esperienza a chi ci accompagnava, era tempo di tornare indietro. Saluti e chiacchiere di rito, e poi l’intero evento non poteva che concludersi con una degustazione: due abbondanti calici dell’ottimo vino di Verbicaro.
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