Giacomo Costantino Beltrami non era uno sportivo, ma un grande esploratore. Antropologo, letterato, geografo. Bergamo gli ha dedicato una mostra.
Giacomo Costantino Beltrami è un nome che difficilmente avrete sentito pronunciare e mi auguro che questo articolo – sotto un certo punto di vista simile a quello di Carlo Airoldi – permetta di scoprire e poi apprezzare la storia di questo uomo che lo stato del Minnesota riconobbe come un suo eroe già nel 1866 (quando istituì una contea che tutt’oggi porta il suo nome: Beltrami County), ma che in Italia e a Bergamo è semi sconosciuta. Anche perché la sua figura è difficilmente definibile.
A tal proposito e per farsene un’idea basta infatti leggere l’anafora presente sul materiale pubblicitario relativo alla mostra “Costantino Beltrami – Il sogno di un Nuovo Mondo” ,che il Museo Civico Scienze Naturali “Enrico Caffi” di Bergamo ospita fino al 10 marzo di quest’anno.
Chi era Giacomo Costantino Beltrami
“Non era un esploratore, ma ha raggiunto in solitaria le sorgenti del Mississippi.
Non era un antropologo, ma ha vissuto con gli Indiani d’America.
Non era un collezionista, ma la sua raccolta segna la storia dei nativi americani.
Non era un letterato, ma ha subìto il plagio di grandi scrittori.
Non era un capo di Stato, ma fu accolto dal Presidente degli Stati Uniti.
Non era un monaco, ma si firmava Fra Giacomo.
Non era un uomo casto, ma ha avuto un solo grande amore.
Non era un alieno, ma diceva di venire dalla Luna.”
Nato nel 1779 a Bergamo all’interno di una numerosa famiglia, ricevette un educazione umanistica quanto giuridica, apprendendo il latino, il greco e il francese. Sono gli anni in cui negli Stati Uniti Thomas Jefferson (4 luglio 1776) stese la Dichiarazione d’indipendenza fondatrice degli USA, mentre in Francia si assisteva alla Rivoluzione Francese (14 luglio 1789) e Napoleone dava inizio alla campagna d’Italia (1796) prima di incoronarsi a Notre Dame imperatore (2 dicembre 1804).
Aspetti politici ai quali aggiungere episodi di valore “culturale” come l’esplorazione dell’Australia di Cook (1768/1779), la prima de Le Nozze di Figaro di Mozart a Vienna (1786), il brevetto della prima macchina a vapore di James Watt (1769) e il primo volo dei fratelli Montgolfier con il loro pallone (1783).
Dopo una formazione che possiamo definire tradizionale la figura di Beltrami si intreccia con la Massoneria: una retroguardia che gli permetterà di coprire incarichi prestigiosi nel governo napoleonico e nella magistratura.
A vent’anni infatti lo si trova in Piemonte presso la Corte Criminale come segretario e poi a Parma come cancelliere del Dipartimento di Giustizia del Taro. Successivamente è giudice presso la Corte di Giustizia ad Udine e poi a Macerata. Cittadina nella quale conosce Giulia de Medici Spada: legherà con lei una profonda amicizia. E poco distante, a Filottrano, darà vita ad una azienda agricola nella quale si ritirerà più avanti negli anni. Nel frattempo la sua vita e i suoi affari lo conducono a Treviso, Firenze, Ancona.
Alcandro Grineo, uno pseudonimo per Beltrami
Dopo aver ricevuto la Medaglia d’Onore istituita da Napoleone si ritira però dal ruolo di giudice (1815). Questioni politiche lo vedono per qualche tempo in esilio e poi sotto la sorveglianza dalle guardie pontificie. Criticità alle quali si aggiungerà poi la morte nel 1820 di Giulia de Medici Spada, per la quale scriverà una raccolta di testi (segue qui sotto uno stralcio) con i quali si aprirà le porte dell’Accademia letteraria di Macerata e di Roma con lo pseudonimo di Alcandro Grineo.
“Ove il dolor mi spinge, ove mi guida
L’agitato mio cuore! … La Tomba è quella
di LEI che tutte in sen di Figlia e Madre
E di Consorte le virtù ricchiuse!”
Sedici anni in giro per il mondo
Simili turbamenti lo spingono a 42 anni e precisamente il 1° ottobre 1821 a partire a bordo di una carrozza con il suo cocchiere senza avere una metà precisa: comincia così il suo pellegrinaggio fra Europa ed Americhe che durerà 16 anni.
Tocca Parigi, Francoforte, Londra, Liverpool e dopo un viaggio di due mesi in nave che lui stesso definì difficile per la ciurma poco leale e per quell’oceano che trascinò in mare bestiame e viveri, è a Philadelphia.
In America va alla scoperta dapprima dell’operosa civiltà americana (di Pittsburgh scrisse il “fumo del carbone fossile, il solo incenso che questi nuovi popoli, industriosi e manifatturieri, offrono alle loro divinità”) per poi rivolgersi alla natura e alle tradizioni più legate alla terra e alle stagioni dei nativi americani.
Discende dapprima il fiume Ohio. E quando giunge alla confluenza del Missisipi – è il marzo del 1823 – si unisce alle truppe del generale William Clark incaricate di scoprire il territorio indiano. Non lontano dall’attuale Minneapolis si unisce alla spedizione del Maggiore Harriman Long, incaricato di tracciare i confini col Canada.
Il suo viaggio verso il nord continua, ma al confine con il Canada, a Pembina, decide di abbandonare la spedizione ufficiale: si fa rilasciare un lasciapassare dell’esercito americano, vende il cavallo e con i soldi che ne ricava si affida a delle guide indiane che ben presto lo abbandoneranno.
Un esploratore che viveva sull’onda delle emozioni
Giacomo Beltrami non desiste e la sua esplorazione continua anche grazie ad un ombrello rosso che brandisce dinanzi agli indiani come come un gesto di pace e di innocuità: una trovata stramba ma che gli permette di rivelarsi diverso dagli altri bianchi, tanto che lui stesso arriva a dire d’appartenere al Popolo della Luna.
La fine di agosto del 1823, il 31 agosto per l’esattezza, Beltrami raggiunge finalmente un area lacustre che viene identificata come le sorgenti del Mississippi per poi scrivere: “Questo lago misura circa tre miglia di circonferenza, è fatto a forma di cuore e parla all’anima. La mia ne è rimasta commossa”. Una commozione che sa di sentimenti: quello specchio d’acqua infatti da quel momento prenderà il nome di Julia Lake, in onore della contessa Giulia de Medici Spada.
Fama, che i nomi gloriosi intorno
porti e l’opre divulghi, e i fatti egregi,
vola, e di’ a quanti incontri sgherri e regi,
che quivi io regno sol, e sol soggiorno;
che Alcandro il primo quivi impresse il piede
che a lui il passo il mio alto voler concede.
Il Mississippi alle sue sorgenti
Il 31 agosto 1823
Questo viaggio nell’entroterra americano verso le sorgenti del Mississipi, che è poi il cardine della mostra bergamasca, si condenserà in un testo che pubblicherà di lì a breve: “La découverte des sources du Mississippi et de la Rivière Sanglante” così come nel “Sioux Vocabolary“, il primo dizionario della lingua Sioux.
Scrittore prolifico
Si imbarca poi da New Orleans per la messicana Tampico raccogliendo importanti reperti relativi alla civiltà azteca e numerose informazioni sulla flora e la fauna messicana. Successivamente sarà ad Haiti e a New York dove nel 1829 da alle stampe in due volumi “A Pilgrimage in Europe and America” e viene nominato socio-corrispondente della Societas Medico-Botanica Londinensis.
Ritorna a Parigi, dove diventa membro della Societé de Géographie dando alle stampe il testo “Le Mexique” relativo al viaggio messicano. Si concede poi un viaggio di carattere scientifico sui Pirenei, e nel 1934 pubblica un opuscolo dal titolo “L’italie et l’Europe” stabilendosi in fine in una villa ad Heidelberg in Germania.
Solo nel 1837 rientrerà a Filottrano: da quel momento fino alla morte – che lo colse il 6 gennaio 1855 – si sa solo che nel 1847 inviò una supplica a Pio IX affinché le sue opere fossero cancellate dall’Indice dei libri proibiti (senza però ottenere alcun risultato) e che ritornò in Germania per vendere la sua villa.
Era proprio ad Heidelberg quando il 17 febbraio 1838 scrisse: “mi ritiro nella mia oscurità, nella mia solitudine, in compagnia del mio cuore, lasciando senza rimpianti questo mondo seducente, i cui bei sentieri conducono tutti al deserto dell’egoismo”.
Una dichiarazione d’intenti che divenne realtà: Beltrami si ritirò da tutto e da tutti, deluso per non vedere riconosciuto il suo gran lavoro e vedendo plagiatimi suoi scritti (fra i colpevoli anche Fenimore Cooper autore de L’ultimo dei Mohicani), tanto da trascorre gli ultimi anni in una cella ricavata nel suo palazzo facendosi chiamare Fra Giacomo.
Giacomo Costantino Beltrami andava dove lo portava il cuore
La sua biografia rivela i contorni di una figura estremamente affascinante per le sue imprese geografiche, antropologiche e letterarie. Così come le testimonianze lo dipingono come un uomo elegante, colto e di belle maniere. Un uomo che viaggiò a piedi, a dorso di mulo, in canoa, per “seguire il suggerimento del suo destino”.
La traiettoria della sua esistenza è affascinante oggi, figuriamoci a quei tempi… E lo diviene ancora più se, sullo sfondo, vi aggiungiamo le personalità conosciute nei salotti fiorentini fra i quali Alfieri, Foscolo, Lord Byron, Canova, Chateaubriand (che lo citerà anche nel suo Voyage en Amerique per un debito di 50 pagine).
A Washington incontrerà il presidente americano James Moore, piuttosto che il capo Sioux Wanata, compagno poi di una battuta di caccia al bisonte o di care amicizie indiane, come quella con la giovane Woashita. Che intenerita dall’inadeguatezza dell’italiano e grata per aver salvato lei ed il padre da una congiura, gli confezionò una serie di abiti presenti in mostra. Fra i quali un meraviglioso cappotto bianco tutto ornato.
Sebbene la mostra possa considerarsi di piccole dimensioni, è assai preziosa. Meraviglioso è l’inquadramento storico e biografico; ben realizzati i pannelli interattivi e con realtà aumentata; intrigante l’animazione che vede un dipinto del Beltrami pronunciare il proprio testamento spirituale; interessante poi la collezione del manufatti dei nativi americani e il materiale a lui appartenuto.
Fra questo, a mio avviso, particolare attenzione meritano alcuni rotoli di corteccia di betulla: “Una corteccia d’albero molto sottile, il vero papiro degli antichi; si stacca in fogli sottili come la carta e posso scrivervi sopra a meraviglia”.
Rotoli oggi impossibili da aprire poiché si sfalderebbero, ma sui quali indagini strumentali hanno dimostrato la presenza di mappe ed appunti che probabilmente l’esploratore realizzava sulle proprie ginocchia attraverso un oggetto appuntito. Rotoli la cui vista rivela il fragile, affascinante e ironico senso della vita e del lavoro dell’uomo.
Una delegazione Sioux alla mostra su Beltrami
Una mostra minuscola ma emozionante, fors’anche grazie al contributo di una delegazione Sioux che negli spazi dell’esibizione ha celebrato i propri antichi riti magici in onore di quest’uomo bianco che ha incarnato lo “spirito della vita” con semplicità e curiosità, animato solo dal volere conoscere. Di un uomo che si è affidato a quelle popolazioni per comprendere la loro lingua, il loro stile di vita che cambiava in funzione del ciclo della natura e che sicuramente aveva colto la loro essenza sacra e spirituale.
Questa mostra e l’avvincente biografia di Giacomo Costantino Beltrami me lo hanno reso caro, tanto che mi vien spontaneo rivolgergli una figurativa tenera carezza: che altro dovrebbe suscitare il pensiero di un uomo che dopo migliaia di chilometri, fatiche e pericoli – alcuni dei quali sventati con la sola compagnia di un ombrello rosso – dedica un lago alla donna che gli era rimasta nel cuore?
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