È più facile diventare un buon alpinista, che un alpinista anziano. La pensa così Hansjoerg Auer, grande scalatore austriaco salito agli onori della cronaca dopo alcune spettacolari arrampicate in free solo. Classe 1984, è diplomato in matematica ed educazione fisica (un’abbinata molto particolare) e atleta del team The North Face. Lo abbiamo incontrato dopo l’ascesa del Lupghar Sar West.
– Ciao Hansjoerg, sei di ritorno da un’altra fantastica spedizione, la vetta del Lupghar Sar West, nella regione del Karakorum in Pakistan. Cosa puoi raccontarci?
Ho passato gli ultimi quattro anni a cercare nuove avventure e ho trovato questo progetto del Lupghar Sar West, davvero affascinante. L’ho sempre tenuto sotto controllo per una potenziale spedizione, ma il momento giusto non arrivava mai. Poi quest’anno, a primavera si è creata l’opportunità! A dire il vero, pianificavo di andare con il mio amico Alex Bluemel, ma poi lui ha avuto dei problemi.
– Nel realizzare una spedizione come questa in un posto remoto e sconosciuto, quali sono le cose più importanti da tenere in considerazione? E poi com’è andata, sei soddisfatto dei risultati?
Sono molto soddisfatto, ogni cosa ha funzionato alla perfezione. Sono stato lì quattro settimane e mezzo. Essere soli è assolutamente differente rispetto a lavorare in team, si è ancora più esposti!
– Come hai affrontato e gestito le tue paure in quella situazione o in situazioni simili? Nel mio piccolo, ho avuto un’esperienza in Alaska quest’inverno e l’ho trovata un’esperienza totale e assoluta. Che sensazioni hai avuto nel salire da solo in vetta al Lupghar Sar West?
Sì certo, come dicevo quando sei solo sei più esposto, ma ti muovi più leggero e veloce e ti senti ancora più forte. Non hai davvero nessuno attorno su cui contare in caso di bisogno. Quest’esperienza mi aprirà nuovi orizzonti.
– Hai fatto tante spedizioni di alto livello, quale ritieni sia stata la più importante e quale la più coinvolgente emotivamente?
Penso che nella vita di un uomo non ci siano certo 30-40 momenti chiave, penso di averne avuti veramente pochi. Non sono comunque solito fare paragoni tra diverse spedizioni, ognuna ha le sue caratteristiche e peculiarietà. Tuttavia, il “Pesce” sulla Marmolada forse è stato il migliore. Anche alcune vie che ho fatto con mio fratello sono state superlative. E certamente il Lupghar Sar West, ma devo aspettare e digerirlo: dopo una grande impresa serve sempre del tempo per realizzare appieno il valore della stessa.
– Cambiando discorso, oggigiorno ci sono centinaia di persone che salgono il monte Everest in una maniera “commerciale” con corde fisse, sherpa per gli zaini e maschere per l’ossigeno: Reinhold Messner dice che si sta entrando in un un’era di alpinismo “turistico”. Tu invece, e gli alpinisti come te, avete dedicato la vita a studiare le montagne e ad allenarvi. Cosa pensi di queste situazioni?
Penso che siano discipline diverse e non comparabili. Al momento ci sono forse trenta alpinisti sulla vetta del K2. Le stesse persone non avrebbero nessuna possibilità di avvicinarsi alla vetta di un 6000 o 7000 senza corde fisse, sherpa e ossigeno. Ad alcune persone piace la prima modalità, ad altre la seconda. Nessuno ha il diritto di giudicare, neanche io che sono considerato un forte alpinista ho il diritto di giudicare. Ognuno è libero di fare ciò che vuole e nessuno deve giudicare.
– Sei stato un insegnante (Matematica ed Educazione Fisica), hai scritto libri, quanto il tuo background ti aiuta nel comunicare ad altri le tue imprese?
A me piace i lavoro dietro l’alpinismo, mi piace leggere, mi piace studiare il passato, mi piace scrivere. Ritengo essenziale studiare il passato. Purtroppo le nuove leve sono focalizzate sulla difficoltà da raggiungere e superare, ma non sanno nulla di quanto è stato raggiunto, e come, in passato. Un giovane alpinista potrebbe non conoscere quanto è stato fatto da Messner, e trovo questo molto sbagliato.
– Riesci ancora a trovare l’ispirazione da qualcuno o da qualche impresa?
Assolutamente sì! Non definisco quello che faccio come “nuovo”, certo ho maggiori informazioni, ho la possibilità di consultare le previsioni meteo, posso volare più facilmente che nel passato verso il Karakorum, ho più contatti. Ma le imprese del passato sono ancora superlative. Io poi cerco di seguire il mio passo, il mio carattere, le mie passioni.
– Negli ultimi mesi ci sono stati due eventi come Alex Honnold che ha scalato El Captain solo o come Adam Ondra che ha scalato il primo 9c a Flatanger in Norvegia. Come pensi che questi eventi influenzeranno il futuro del climbing?
Loro hanno fatto cose incredibili! Ma se si pensa che sia stato raggiunto il limite, beh, si sta sbagliando! Ci saranno sempre delle imprese che erano considerate impossibili prima.
– Non hai detto “pazzie”, non hai usato questo termine…
Se le fai onestamente e con etica, non sono “pazzie”. Ad esempio, mi prendo dei rischi io? Sì certo, rischio e mi spingo a volte oltre, ma questo è tutto. Mi piace ancora divertirmi e soprattutto prepararmi e allenarmi seriamente. Ricorda, è più facile diventare un bravo alpinista che un alpinista anziano!
– Quale sarà la tua prossima avventura?
Sto pensando di aprire una nuova via sulla Marmolada. Voglio dedicarmi all’arrampicata.
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