Si fa presto a dire costume: due stoffe unite a coprire l’intimità di un nuotatore, non certo la sua forza, la sua energia. Due o più tessuti cuciti per rendere un corpo nell’acqua azzurra di una piscina, qualcosa di simile a un delfino, prossimo a una sirena condannata a lottare contro l’attrito che oppone le sue fluttuazioni nell’acqua. Si perché il nuoto, per chi non lo sapesse, è una lotta continua contro l’acqua che fa resistenza, e forse per qualcuno un nuotatore è come un partigiano.

Nuotare per vincere una medaglia è l’azione di una tecnica acquisita in anni e anni di 25 metri avanti e indietro, ma questa non può prescindere da una capacità di scivolamento nell’acqua. Più scivoli, più vai forte. Ad alti livelli, quelli olimpici per intenderci, le differenze tra gli otto atleti in finale sono spesso ridotti a una manciata di centesimi, se non millesimi. Per guadagnarli ‘sti benedetti millesimi, si deve lavorare “anche “ su piccoli impercettibili miglioramenti.
Gli americani, che hanno la dote della sintesi nella loro titolazione, li chiamano ‘marginal gains’, letteralmente miglioramenti marginali. Depilarsi, per esempio, è uno di questi marginal gains, e da anni è una pratica ormai consolidata. Chi non ricorda la guerra dei costumoni nel 2009, che portò all’abbattimento di decine di record nell’arco di pochi mesi? E ancora, studi scientifici su cuffie in silicone preformate e occhialini aerodinamici sono le frontiere appena superate. Ma in cos’altro si può migliorare nel nuoto moderno? «Nel costume, of course» mi risponde Tim Sharpe, pelle bianca e occhiali da studioso, un inglese che nel centro ricerca di Speedo spende la sua vita professionale a caccia di questi miglioramenti.
«Noi di Speedo Aqualab abbiamo una missione: mettere in condizione i nostri migliori atleti di avere benefici dagli studi che compiamo sul corpo in acqua e su come la nostra attrezzatura può contribuire a farli nuotare meglio». Quindi ad andare più veloci. «Esatto!» spalancando gli occhi.
E per scoprire questi ultimi miglioramenti residuali, andiamo nelle piscine dell’Aquatic Center di Londra, sì proprio quelle che quattro anni fa ospitarono i Giochi Olimpici, per assistere e partecipare in prima persona, alla presentazione dei nuovi costumi Speedo che vestiranno gli atleti il prossimo agosto a Rio 2016. Ci accoglie Rob Johnson di Speedo, un trascorso da Ironman ed ora impegnato nell’azienda che più di ogni altra rappresenta il mondo del nuoto, tanto che nel mondo anglosassone per indicare il costumino (lo slip da spiaggia, per intenderci) si dice ‘speedo’, un po’ come per la fuoristrada si dice ‘jeep’ o per il nastro adesivo ‘scotch’.
«Abbiamo sviluppato il nuovo Fastskin LZR Racer X pensando a ciò che deve sentire un atleta quando è in acqua» racconta Rob, che per spiegare meglio il senso del suo intervento usa più volte la parola feeling. «E per giungere a questo risultato abbiamo chiesto aiuto a 20 diversi esperti provenienti da 26 nazioni e analizzato il comportamento fisico in acqua e psicologico di 330 nuotatori elite», gli fa eco Tim Sharpe, senza omettere che tra questi c’è anche Ryan Lochte, l’americano idolo delle folle per i numerosi titoli conquistati e per l’avvenenza fisica che lo ha reso celebre anche fuori dal rettangolo azzurro delle piscine.
«Abbiamo attinto al nostro database di 1.200 nuotatori, tutti scansionati in 3D, per capire dove il costume può offrire supporto e compressione a specifici gruppi muscolari – ci spiega Tim con grande attenzione – e questo processo di sviluppo ci ha portato a disegnare un costume in grado di lavorare sulla catena cinetica del corpo aumentando la performance in acqua». E se gli chiediamo un numero che sintetizza il progetto la risposta è questa: «10.000! Sì, diecimila ore spese nello sviluppo di LZR Racer X».
E allora andiamo a provarlo, questo gioiello della tecnologia tessile. Una bionda signora ci misura con il suo nastro giallo da sarta, il bacino e la circonferenza cosce, e dopo un rapido calcolo, prende una confezione, tra le decine disponibili, e me la mette in mano: «This is yours!» insieme ad un paio di guanti bianchi le cui estremità delle dita, sono ricoperte di un film di silicone. Negli spogliatoi capiamo il senso dei guanti: la vestizione richiede quasi 20 venti minuti (sì, avete capito bene, venti minuti) mentre per le donne è necessaria quasi mezz’ora e l’aiuto di una seconda persona per l’inserimento delle braccia nelle spalline: «Il costume va indossato alla precisione», mi dicono, e penso che la vestizione valga come un riscaldamento prima della gara.
Si fa presto a dire costume: sono urla di dolore, versi di sfinimento, lamenti per indossare un costume della tua taglia che a tuo figlio di 10 anni sarebbe piccolo. Continuo a ripetermi come sia possibile entrare lì dentro, ma alla fine, guadagnando millimetro su millimetro, riesco nell’intento. Sudato, sfinito prima ancora di entrare in acqua. «E’ normale…» mi dice la lady di ferro alla mia destra.
Mentre mi avvicino al bordo vasca, Tim mi ripete il mantra di questo Speedo LZR Racer X: «Compression, construction, sensitivity and support». Non c’è bisogno di traduzione, e in acqua il risultato è evidente: la stabilizzazione del bacino e la ‘fasciatura forzata’ dei muscoli danno la netta sensazione del corpo sorretto verso l’alto, come una leggera spinta che porta le gambe a battere meglio e a rompere il filo dell’acqua.
Si fa presto a dire costume, dicevamo, ma qui ci troviamo di fronte a una tecnologia da Formula 1. Due tessuti, LZR Racer CompreX e LZR Racer PulseLite, esclusivi Speedo, compongono il costume: il primo fornisce la compressione one-way (in modo orizzontale) ed elastica (in senso verticale) mentre il secondo offre grande libertà di movimento «dando al nuotatore la sensazione di sentirsi bene in acqua», sottolinea Tim. La X nastrata argento sui lati, che ispira il nome LZR Racer X, attiva la catena cinetica consentendo, secondo gli studi di Aqualab, la miglior posizione in acqua.
Rientrando negli spogliatoi guardo per l’ultima volta l’acqua olimpica della vasca e penso a chi, quattro anni fa, ha conquistato il sogno di una vita, e chi, per pochi millesimi, lo ha perso, magari mettendoci una X sopra…
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