La pandemia ha messo a nudo le magagne del mercato delle biciclette. Ma questa può essere anche l’occasione buona per ripensare le politiche industriali di settore e ottimizzare le nuove formule di mobilità.
È più facile ordinare una Ferrari o una Mtb? Una domanda un po’ provocatoria, ma che vuole fare dell’ironia su un problema che sta colpendo tutti i biker. Dopo un 2020 boom, nell’anno in corso le richieste di bici sono ancora aumentate, con il risultato di bloccare l’intero mercato.
Ho voluto sentire alcuni addetti ai lavori per raccogliere le loro impressioni e provare a creare un quadro della situazione più coerente alla realtà. Possiamo affermare che si è scatenata la tempesta perfetta. Il mercato delle biciclette sta vivendo un momento d’oro, con richieste in aumento in tutto il mondo. Ma contestualmente la pandemia ha bloccato per alcuni periodi la produzione e il flusso di materie prime, con il risultato di avere una maggiore richiesta di bici e una produzione che fatica a soddisfarne le esigenze.
Purtroppo quello che avrebbe dovuto essere un momento di grande festa per tutto il settore viene vissuto dagli addetti ai lavori con preoccupazione e stress molto elevati. Bisogna consegnare le bici agli acquirenti, a volte è necessario spiegare loro che l’oggetto del desiderio non arriverà, in quanto la produzione di quel particolare modello è stata sospesa.
Ci sono poi i nuovi biker, quelli che giustamente pensano di poter entrare in negozio e uscire con la loro bici, e spesso si vedono rispondere che i tempi di attesa sono di qualche mese. Poi ci sono le lamentele di chi si trova ad aver venduto la vecchia Mtb senza avere ancora quella nuova. Il tutto iniziando a pensare agli ordini per il 2022 e cercando di fare quadrare i conti di questo pazzo 2021.
Tante previsioni diverse per il mercato delle biciclette
Se per l’immediato non ci sono ricette miracolose per risolvere i problemi del mercato delle biciclette, le previsioni per il futuro assomigliano all’oroscopo di Paolo Fox. Questo per estremizzare il concetto: perché il settore bike sta vivendo un momento davvero incerto. Le scuole di pensiero sono differenti. Infatti c’è chi pensa che vi sarà una rivoluzione totale nel modo di concepire i punti vendita, con i grandi store con parco bici pronta consegna e i piccoli che dovranno specializzarsi nelle riparazioni.
C’è chi immagina che non vi sarà più una produzione o vendita limitata a due macro-periodi, ma le vendite saranno più spalmate nell’intero anno; chi è convinto che la crescita, soprattutto nel mondo elettrico, durerà ancora una decina di anni; chi invece pensa che dopo questo tsunami tutto tornerà come prima. E chi infine teme che la maggior richiesta di bici si trasformerà in un ulteriore rialzo dei prezzi.
Come si può comprendere, una visione così variegata significa una sola cosa: per quanto riguarda il mercato delle biciclette, tutti navigano un po’ a vista. Ma se su molti aspetti è comprensibile non poter prevedere cosa accadrà nei prossimi anni, su altri fronti è possibile predisporre alcuni piani per far sì che questa ritrovata voglia di bici possa essere consolidata e i neofiti fidelizzati al nuovo mezzo di trasporto.
Una vera e propria rivoluzione culturale
Il momento attuale non poteva essere previsto. Di conseguenza non è possibile puntare il dito contro nessuno, cercando un capro espiatorio. Tutti gli operatori del settore che ho contattato stanno facendo il massimo per aiutarsi, fanno squadra per cercare di informare gli appassionati e spiegare loro che devono aspettare, dando tempi credibili e prodigandosi in un lavoro immane. Ma se ora bisogna sopravvivere, è necessario anche pensare al modo di capitalizzare questa riscoperta delle due ruote, per far sì che l’intero comparto possa uscirne rafforzato.
Il ritorno alle due ruote è un processo molto evidente, che si percepisce anche nelle uscite quotidiane e interessa il mondo dell’outdoor nel suo complesso. Frequento i sentieri da diverso tempo, ma mai come in questi due anni ho avuto modo di incontrare così tanta gente. Un fenomeno che ha coinvolto anche le città, dove sempre più persone decidono di utilizzare la bici come mezzo di locomozione. Una vera rivoluzione culturale, che per adesso è moda, ma che se ben gestita potrà diventare un netto cambio di abitudini.
Qui entrano in gioco tutti i protagonisti di questo settore: dai media specializzati ai negozianti, dagli importatori alle istituzioni.
Che cosa fare per non perdere questa bella occasione
Se parliamo del settore Mtb, sia elettrico che muscolare, è necessario introdurre i neofiti alle tecniche di guida basilari, dar loro nozioni elementari per sfruttare al meglio mezzi che hanno prestazioni incredibili, ma che devono essere condotti con criterio e regolati al meglio, per non vanificare l’investimento fatto e per evitare di incappare in gravi incidenti.
Quindi ben vengano i corsi di guida, i tutorial su questo tema e una comunione di intenti fra tutti i soggetti coinvolti, per dare maggiore risalto all’importanza di saper condurre al meglio il proprio mezzo.
Accanto agli aspetti tecnici è bene riprendere le descrizioni dei tour adatti alle ruote grasse, poiché spesso chi si avvicina a questo mondo non conosce le opportunità che offre il proprio territorio. Condizione che in alcuni casi rischia di creare situazioni di pericolo. Per esempio quando si imboccano sentieri da sempre dedicati alla discesa in senso opposto (cosa che è accaduta più volte in questi anni).
Se invece ampliamo il discorso al segmento urban, ecco che devono entrare in gioco anche le istituzioni. I bonus per le bici hanno avuto un importante effetto volano, anche se sarebbe stato il caso di calibrare meglio le operazioni. Poiché dal punto di vista della mobilità vi è una netta differenza fra una bici a pedalata assistita e un monopattino elettrico. Quindi il primo passo dovrebbe essere quello di chiarire qual è il vero obiettivo di una norma.
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Il secondo tema di cui bisognerebbe occuparsi è quello delle infrastrutture. Senza una rete stradale dedicata alle due ruote sarà difficile assistere ad un vero sviluppo di questo tipo di mobilità. Con il risultato di trasformare in coraggiosi eroi tutti quelli che decidono di mettersi in strada su una e-bike per gli spostamenti casa-lavoro.
Ma attenzione: pensare a una rete stradale da dedicare a questi mezzi, non significa far passare sui marciapiedi le bici o togliere posteggi per far spazio alle due ruote. O ancora peggio, creare vie di transito promiscue dove possano passare indifferentemente scooter e bici. Significa invece ripensare interamente la mobilità, individuando inizialmente le vie di maggior interesse e con la più alta fruibilità, per far crescere in modo capillare un tipo di mobilità che potrà portare benefici sia dal punto di vista della salute delle persone che dell’impatto sull’inquinamento.
Le ciclabili urbane, terra di nessuno
Un modo di pensare nuovo, che dovrebbe prevedere anche un ente preposto alla gestione delle vie di transito. Poiché ora, soprattutto le ciclabili che attraversano diversi comuni, sono una sorta di terra di nessun. Ogni segmento è di competenza di diversi enti, con il risultato che spesso si hanno progetti la cui realizzazione procede a singhiozzo e in cui la manutenzione è lasciata alla buona creanza dei singoli.
Come vediamo, questo momento di forte richiesta può portare con sé spunti ed opportunità che devono essere coltivate, in modo che la moda passeggera diventi un’opportunità anche occupazionale. E si arriva così all’ultimo aspetto su cui riflettere. In questo caso il ragionamento prosegue su due piani, uno locale e uno di più ampio respiro.
Il primo è che la maggior richiesta di bici porta con sé un immediato beneficio al sistema della bike industry, con opportunità di crescita, ma la crisi attuale dovrebbe permettere anche una riflessione più ampia sul modello industriale del settore.
Nel mercato delle biciclette, la componentistica in mano ai produttori asiatici
Oggi la quasi totalità dei componenti di una bici, di qualsiasi genere, ha provenienza asiatica. Questo meccanismo ha contribuito ad ampliare il problema attuale delle consegne. Poiché essendoci pochi produttori molto localizzati, non è possibile sopperire alla crisi di un distretto ottimizzando la produttività di un altro. Inoltre questo meccanismo ha portato con sé anche un innalzamento dei costi di trasporto, che sono ricaduti sull’acquirente finale.
Ed ecco l’ultimo spunto di riflessione, che riguarda appunto un modello di globalizzazione più ragionato, che preveda una realizzazione dei prodotti su più territori. In questo modo sarà possibile evitare le difficoltà attuali.
Un pensiero che è condiviso anche da alcuni esponenti delle istituzioni con una forte esperienza nel settore delle due ruote, con cui ho avuto modo di confrontarmi. Questa è la strada che i grandi marchi dovrebbero percorrere. Seguendo in questa logica quanto già fatto da Decathlon, che ha deciso di costruire lo stabilimento di produzione di cicli più grande d’Europa.
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