Grazie a una rete ciclabile di 300 chilometri è possibile scoprire in bicicletta la Costa dei Trabocchi, in Abruzzo: un territorio magico che offre spiagge, antichi borghi, parchi naturali. Oltre a un’indimenticabile cucina, robusta e saporitissima.
“Dall’estrema punta del promontorio destro, sopra un gruppo di scogli, si protendeva un trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale”. Le parole sono di Gabriele D’Annunzio. Che nel suo romanzo Il trionfo della morte così descriveva il trabocco Turchino. L’unico dei 52 trabocchi abruzzesi ad essere oggi proprietà pubblica. Gli altri 51, tutti di proprietà privata, si sono trasformati da macchine da pesca in macchine da soldi. Perché dopo essere rimasti abbandonati fino alla fine degli anni ’90, sono stati poi via via riconvertiti in suggestivi ristoranti sospesi sull’acqua.
Oggi i trabocchi sono il fiore all’occhiello della costa abruzzese (ribattezzata per l’appunto Costa dei Trabocchi). Sono diventati un brand, hanno dato il nome anche a una rete ciclabile di 300 chilometri che corre tra il mare e l’entroterra, e soprattutto a quello spettacolare tratto di Ciclovia Adriatica che si allunga a filo d’acqua tra Ortona e Vasto: la Via Verde dei Trabocchi, appunto. Circa 42 chilometri di corsia protetta, ricavati sul tracciato di una ferrovia dismessa nel 2005. E che ferrovia! Si trattava della linea adriatica inaugurata nel 1863 dal re Vittorio Emanuele e su cui transitava anche il Peninsular Express, il convoglio settimanale che copriva la tratta Londra-Brindisi-Bombay, soprannominata Valigia delle Indie.

È proprio dalla Via Verde dei Trabocchi che siamo partiti alla scoperta di questo territorio tanto affascinante quanto ancora relativamente poco battuto. È l’inizio di maggio, le giornate sono belle ma l’aria è frizzante. “Colpa della Maiella – ci dicono -. Finchè lassù c’è neve, il caldo non arriva”. E infatti: la cima della Maiella, ben visibile, è ancora bianca. Tocca pedalare ben coperti, per godersi questa bellissima ciclabile che riserva a ogni curva un panorama diverso.
Uno dopo l’altro, sfilano davanti a noi i trabocchi. E ognuno richiede una sosta per scattare una foto. Nati contadini, gli abruzzesi si erano inventati questo originale modo di pescare, che consentiva loro di gettare le reti senza avventurarsi in mare aperto. Tutti i trabocchi sono stati battezzati con un nome: Trimalcione, Pennaluce, Rosa dei Venti, Punta Cavalluccio, Punta Punciosa…
Quello di Punta Tufano, oltre ad essere un ottimo ristorante, ha ancora le reti in funzione, e agli ospiti viene mostrato come si fa a metterle a mare e poi a tirarle su. Accanto al trabocco Trave, invece, si può nuotare tra i resti di un porto romano sommerso. Basta una maschera per dedicarsi a una sorta di archeo-snorkeling tra le antiche strutture che si trovano circa un metro sott’acqua.
Sulla Via Verde dei Trabocchi non solo per pedalare
Se vi cogliesse vaghezza di pranzare in uno dei trabocchi della Via Verde, tenete presente che è molto meglio andarci a cena (a meno che non vogliate appendere la bici al chiodo per il resto della giornata). Perché da queste parti le portate sono davvero abbondanti, e il rosato fresco che le accompagna è irrinunciabile. Piuttosto, optate per una sosta a metà percorso e fate tappa a Fossacesia Marina. Qui la Bottega94 – un locale che è un po’ emporio di prodotti tipici e un po’ bistrot – prepara piatti tradizionali gustosissimi.

Altrimenti, potete decidere di lasciare la costa e fare una deviazione nell’entroterra. A una quarantina di chilometri da Fossacesia Marina, si trova infatti la località di Santa Maria Imbaro. Qui, immersa in un uliveto, l’azienda agricola La Vinarte propone agli ospiti non solo degustazioni di vini, ma pic-nic sull’erba a base di golosità locali rigorosamente home-made.
“Recentemente abbiamo avviato anche i nostri laboratori d’arte – racconta Vito Di Nunzio, che con i fratelli gestisce l’attività -. A organizzarli sono state le donne di casa: mia sorella Paola e mia moglie Maria”. Entrambe diplomate all’Accademia di Belle Arti, si occupano rispettivamente di tecnica dell’affresco e modellazione dell’argilla. Confesso: arrivata in Abruzzo per pedalare e camminare, avevo accolto con un po’ di sospetto la proposta di passare due ore tra gli ulivi con i pennelli in mano. E invece…è stata un’altra delle tante sorprese che mi ha riservato questo viaggio.

Sempre per restare in tema vino (poi, giuro, ricomincio a parlare di bicicletta), a quattro chilometri da La Vinarte c’è un’altra cantina che vale la pena visitare. Non fosse altro che per la particolarissima struttura architettonica. Si tratta della cantina sociale Frentana, che vanta oltre 60 anni di storia. Per l’epoca si trattava di un impianto davvero innovativo: una torre circolare alta una trentina di metri, in cui le uve venivano movimentate per caduta passando dai piani alti a quelli inferiori. Nel 2014, dopo un bel lavoro di restyling, la cantina è stata aperta al pubblico nella sua nuova veste: il piano più alto, tutto a vetrata, è stato adibito a ristorante (ottimo!), e da questo si sale poi a una terrazza panoramica.

In bicicletta tra antichi borghi e abbazie
Dopo la digressione eno-gastronomica, eccomi a riprendere il fil rouge della bicicletta. Che sulla Costa dei Trabocchi può essere utilizzata non solo per pedalare lungo il mare, ma anche per andare alla scoperta dell’entroterra. Con un’avvertenza però: in questo caso chi non è ben allenato deve optare per una bici a pedalata assistita. Perché i percorsi sono tutti un saliscendi, e le “salite ardite” non mancano.
Noi ci siamo rivolti a un noleggio di Fossacesia Marina: Bicimania, che organizza anche tour guidati alla scoperta dei punti più caratteristici della Costa dei Trabocchi. Il nostro Cicerone è stato Mauro Marrone, e al suo seguito abbiamo imboccato il percorso 6B della Rete Ciclabile dei Trabocchi. Pedalando in salita tra ulivi e vigneti, si arriva alla bellissima abbazia benedettina di San Giovanni in Venere, arroccata su un promontorio affacciato sul mare. Dal belvedere, la vista spazia sul sottostante Golfo di Venere e sui suoi trabocchi.

Da lì, si riprende la bici e si pedala fino a Rocca San Giovanni, uno dei Borghi più Belli d’Italia. A otto chilometri dal mare, costruito su uno sperone roccioso, ancora circondato dai resti delle antiche mura, si fa vanto di una piazza che è considerata la più bella della provincia, con il complesso parrocchiale di San Matteo Apostolo, l’attigua torre campanaria e il Palazzo municipale.
Una sosta per ammirare questo suggestivo borgo medievale, e poi di nuovo in sella. Questa volta una discesa a tornanti che attraversa la riserva naturale Grotta delle Farfalle e si conclude davanti alla spiaggia de La Foce. Da qui ci si immette sulla Via Verde per fare gli ultimi chilometri in tutto relax lungo il mare fino a rientrare a Marina di Fossacesia. In tutto, l’itinerario è di circa 20 chilometri.

Camminare e veleggiare
Non solo bici, però. Una vacanza sulla Costa dei Trabocchi è un’esperienza outdoor a tutto tondo. Per gli appassionati di trekking, un must è trascorrere almeno mezza giornata nella Riserva naturale di Punta Aderci. Si estende dalla spiaggia di Punta Penna (poco lontano da Vasto) alla foce del fiume Sinello, ed è la prima riserva istituita in Abruzzo sulla fascia costiera.
In realtà alcuni percorsi all’interno della riserva possono essere coperti anche in bicicletta (soprattutto i più lunghi). Ma a piedi si riesce a entrare forse meglio a contatto con la natura selvaggia e solitaria di questi luoghi, e ad assaporare passo passo i suoi silenzi, i suoi profumi, i colori della sua particolarissima vegetazione.

Un altro genere di silenzio è quello offerto dalla barca a vela che scivola sulle onde. In questo caso abbiamo provato l’esperienza con Gasira Yachting, un charter specializzato nell’offerta di tour giornalieri al largo della Costa dei Trabocchi. Con “pacchetti” che comprendono i primi rudimenti di vela, l’aperitivo a bordo e – se lo si desidera – le maschere per lo snorkeling. Se si è fortunati, è anche abbastanza facile avvistare delfini curiosi che si avvicinano alla barca.
Non dimenticate il brodetto alla Vastese
Tutto questo movimento vi ha messo appetito? Non potete lasciare l’Abruzzo senza avere assaggiato il suo famoso brodetto alla Vastese. Prima, però, dedicatevi alla visita di Vasto, splendida cittadina dalle origini antiche. I Romani, che la chiamavano Histonium, le hanno lasciato in eredità i resti di un anfiteatro e di uno stabilimento termale che conserva ancora alcuni pavimenti in mosaico.
Dalla Loggia Amblingh, una balconata panoramica affacciata sul cosiddetto Golfo d’Oro, la Costa dei Trabocchi corre a perdita d’occhio. Poco più in là, la facciata romanica della chiesa di San Pietro. Giusto la facciata, perché il resto dell’edificio è sparito, inghiottito nel 1956 da una frana che si portò via il costone roccioso con tutto quello che ci stava sopra. Ora quella facciata, che svetta solitaria nella piazza, è una sorta di finestra aperta sul blu del mare.

Il brodetto, dicevamo. Prenotate un tavolo all’Hotel Europa, ordinate una bottiglia di Cerasuolo d’Abruzzo, e non vi spaventate quando il piatto arriverà in tavola. Sì, ogni pentola in coccio è una porzione. Dentro ci sono triglie, merluzzini, seppie, tracine, gallinelle… Dovrete mangiare proprio tutto, per non fare intristire lo chef. Che quando sarà rimasto nel coccio solo il brodo, passerà per buttarci dentro gli spaghetti e farvi finire in bellezza il pasto.
“Il brodetto alla Vastese nasce da un antico baratto: quello tra pescatori e ortolani – racconta Fernando D’Annunzio (nessuna parentela con il poeta), storico delle tradizioni locali -. Un tempo i pescatori che lavoravano a bordo delle paranze venivano pagati a fine giornata con una parte del pescato. Risalendo verso il paese con i panieri pieni di pesce, incontravano gli ortolani che scendevano a vendere i loro prodotti. E si scambiavano la merce”.
Così è nata la ricetta del brodetto: olio, aglio e pomodori dentro un coccio di terracotta. E poi striscioline di peperoni. Si aggiunge il pesce (quello più duro sotto, quello tenero sopra), si copre a pelo di acqua e si lascia sobbollire per una ventina di minuti. “Quando è pronto, si cosparge di prezzemolo e si serve – continua D’Annunzio -. E per finire in gloria, una volta mangiato il pesce si butta nel coccio la pasta”.

© riproduzione riservata