Che cosa può spingere un essere umano raziocinante a decidere di correre 100 km no-stop affrontando la notte, la sete, il caldo, le salite? Ce lo racconta Gian Gavino (Gianni) Buseddu, reduce dalla 100 km del Passatore, che ha corso per la onlus Disabilincorsa.
“Ora posso urlarlo: SONO UN ULTRAMARATONETA”. Postato su Facebook il 27 maggio scorso. Gian Gavino Buseddu, sardo, 36 anni, un individuo apparentemente normale, era appena passato sotto il gonfiabile del traguardo della 100 km del Passatore.
Per chi non sapesse di cosa si tratta, forniamo solo qualche dettaglio: corsa no-stop di 100 km su strada, con partenza alle 15.00 da Firenze e arrivo a Faenza in un tempo massimo di 20 ore. Quattro cancelli orari, un continuo saliscendi che culmina nei 913 metri del passo della Colla.
Due anni fa Gian Gavino si era infilato per la prima volta le scarpette da corsa, giusto per perdere un po’ di peso e dimenticare le sigarette. Due settimane fa è arrivato a Faenza da Firenze dopo una corsa durata 11 ore e 55 minuti, forse non fresco come una rosa, ma nemmeno troppo provato (tanto da riuscire persino a scattarsi un selfie).
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Il selfie di Gian Gavino all’arrivo a Faenza. -
Gianni, solo una parola: Perché?
- Lo so, vista dall’esterno sembra un’impresa da pazzi. Era quello che pensavo anche io prima di correrla. Ma credo che quando ci si butta in un’impresa del genere, lo si faccia con una forte motivazione in testa. A parte i top runner, che corrono per il piazzamento, tutti gli altri hanno da sistemare qualche conto che non torna. A livello affettivo, di salute, di lavoro…
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Qual è stata la tua motivazione?
- In realtà sono state due: la perdita recente di una persona cara, e l’amicizia con quel pazzo scriteriato di Michele Pavan, non vedente, sportivo accanito, presidente della onlus Disabilincorsa. Ho deciso di correre per chi non lo può fare, e ho proposto a Michele un progetto: mettere insieme una squadra che partecipasse alla 100 km del Passatore e includesse anche persone disabili. Obiettivo: raccogliere fondi per l’associazione e darle visibilità.
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E com’è andata?
- Una volta partito il tam-tam, abbiamo avuto tantissime adesioni. Alla fine eravamo circa in 30, compresi due non vedenti in gara (entrambi finisher), con una serie di accompagnatori tra cui Michele Pavan e sua moglie Daniela Vittori (anche lei non vedente) che ci hanno seguito in tandem con le loro guide. Abbiamo avuto anche l’appoggio di Loris Capanna, atleta non vedente, presidente dell’Associazione Non ho Paura del Buio. E abbiamo persino trovato qualche sponsor, tra cui il Web Marketing Festival.
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Com’è andata la tua corsa? Ci hai messo molto meno del tempo massimo previsto di 20 ore…
- In realtà in base ai tempi registrati in allenamento avrei dovuto metterci ancora meno. Ma quando ho deciso di correre per Disabilincorsa, il tempo è passato in secondo piano. Importante era ritrovarsi ai check point, scattare foto con gli amici, condividerle su Facebook… e l’amico Thomas è stato prezioso in questo perché ci ha fatto un po’ da “addetto stampa” aggiornando in tempo reale il sito di Disabilincorsa. Certo la 100 km del Passatore non è stata una passeggiata… Sapevo che la parte tosta sarebbe stata non tanto il passo della Colla, ma quella dopo il 65° km. Ero preparato psicologicamente. Gli ultimi km in realtà sono interminabili, ma a quel punto il peggio è andato. E poi l’arrivo a Faenza, con gli anziani alle finestre che stanno lì in piena notte per salutarti e applaudirti, è commovente.
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Ci sono stati momenti di crisi?
- Ho avuto una grande crisi al 42° km, nel peggior punto in cui potesse arrivare: sulla Colla, otto chilometri di salita interminabili. Avevo deciso di correre assumendo solo liquidi e carbo-gel. Ho iniziato a sentire un fastidio in bocca per il sapore dolce e ho temuto che mi si chiudesse lo stomaco, di non riuscire più a idratarmi e nutrirmi. Ma è stata una crisi mentale più che fisica. L’ho gestita estraniandomi e non parlando più con nessuno, focalizzandomi solo sulla corsa. Al 50° km sono ripartito alla grande.
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E una volta finita la gara, che cosa ti resta?
- Ti resta il fatto che dopo avere portato a termine un’impresa del genere non hai più paura di nulla. Hai una marcia in più. Hai una fiducia incredibile nelle tue capacità e ti convinci di potere fare fronte a tutto. Lì durante la corsa sei fuori dalla vita normale: nessuno può aiutarti a finire la gara, devi contare solo sulle tue forze, nessuno risolve i tuoi problemi. La 100 km del Passatore è un lungo viaggio in compagnia di se stessi. Quando mai nella vita ti capita di passare così tanto tempo a tu per tu con te stesso?

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