I cammini stanno diventando un modo sempre più frequente di viaggiare. Perché? Ce lo spiega il nostro Massimo Barbieri, reduce da una tappa toscana lungo la Via Francigena.
Il modo più antico di viaggiare è sempre stato il cammino, però mai come ora è anche il più contemporaneo. Guardare il mondo stando al proprio passo, arrivare dove diversamente non sarebbe possibile, concedersi il tempo di scoprire, ammirare, ascoltare e anche ascoltarsi… per molti questo è diventato un antidoto potente per affrontare una vita che va sempre più veloce.
Fino a qualche anno fa i cammini erano appannaggio degli ultrasessantenni in pensione, mentre ora sono sempre più apprezzati anche dai giovani. Soprattutto dalle donne, che amano questo modo di spostarsi sostenibile, che fa bene e che consente contemporaneamente di riscoprire senza fretta tesori dell’arte, della natura, della storia.
Il cammino può essere una droga. Io l’ultima “dose” l’ho presa a fine aprile. Sono stati cinque giorni indimenticabili lungo la Via Francigena, da San Miniato a Siena. Non sto qui a raccontare giorno per giorno il mio viaggio (lo hanno già fatto in tanti, anche su questo sito), ma vorrei scrivere alcuni pensieri/suggerimenti, che mi frullano in testa ogni volta che torno da un cammino.
Circa 1.000 chilometri conta il tratto della Via Francigena nella nostra Penisola. Mille chilometri che dal Gran San Bernardo portano fino a Roma. Pochi riescono a percorrerla tutta, ma tanti, di ogni età, possono mettersi in marcia per percorrerne alcune tappe. Questa volta il tempo che io avevo a disposizione non era molto, ma mi è bastato per entrare subito nello spirito che si respira in questa esperienza. Quindi durante l’anno o in più anni, anche chi non può trascorrere mesi in cammino può completare a tappe tutta la Via Francigena italiana fino a Roma.
Durante gli anni passati ho potuto personalmente sperimentare questo modo di percorrere a tappe la Via Francigena, e posso dire che ogni volta che tornavo non vedevo l’ora di programmare la partenza successiva. Il bagaglio di esperienza acquisito nel viaggio precedente aumentava mano a mano, portandomi così a farmi innamorare dei cammini.
Il bello di camminare a piedi
Quando incontri lungo la strada persone provenienti da tutto il mondo, che condividono la tua stessa esperienza, o anche le persone che vivono sul territorio che stai attraversando e con cui hai il piacere di scambiare quattro chiacchiere, scopri che la mente ti si apre, guardi la vita con occhi diversi. Anche se stanco, ti senti felice e appagato, affronti la vita di tutti i giorni con un bagaglio di esperienza positiva in più.
Il cammino però per me incomincia già da casa, con i preparativi: l’abbigliamento, la programmazione delle soste per dormire, la scelta delle scarpe da indossare, e infine lo zaino, il mio fedele compagno di viaggio. Tutti oggetti e fattori da non sottovalutare.
Uno degli argomenti più frequenti su cui si discute, sia sui social network che durante i vari incontri tra pellegrini, riguarda la preparazione dello zaino prima della partenza e le scarpe da indossare durante il cammino. Questa falsa o vera preoccupazione mi ha fatto riflettere: ma per un pellegrino è così importante sapere cosa mettere nello zaino e quali scarpe indossare?
Il superfluo e l’essenziale lungo la Via Francigena a tappe
Durante un viaggio a piedi di molti giorni, la scelta dello zaino e il suo peso può veramente fare la differenza tra una memorabile esperienza e un viaggio di sofferenze. La tendenza di chi per la prima volta decide di affrontare un lungo cammino è quella di caricare un peso eccessivo sulle spalle, non curandosi abbastanza del contenuto e senza pensare che uno zaino pesante, portato per tanti giorni e tanti chilometri, può mettere in pericolo la salute dei piedi e delle articolazioni. Senza contare la fatica.
Quello che ho imparato in questi anni di cammini è che non esiste uno zaino perfetto o un modo di prepararlo perfettamente: ciò che si sceglie di caricare sulle spalle è qualcosa di personale, e dipende dal proprio modo di essere, dalle proprie caratteristiche fisiche, dall’allenamento e dall’esperienza.
Ci sono cose che dentro uno zaino sarebbe meglio trovare sempre per affrontare un cammino con una certa serenità. Di altre si può invece fare a meno. Esistono modelli di zaini che vanno meglio di altri per questo tipo di esperienza, è importante però aver chiaro che quello che va bene ad altri, non è detto che vada bene a noi fino a che non lo avremo sperimentato. A questo punto credo che esista solamente un tipo di zaino adatto al cammino: quello “essenziale”.
Via Francigena a tappe: portare dietro lo stretto indispensabile
Però per ridurre il peso al minimo indispensabile è importante scegliere uno zaino di ottima qualità, leggero, con un volume di 28-35 litri al massimo. Io ne ho usato uno da 28 L e ci è stato dentro tutto l’essenziale. Anzi ho avuto ancora spazio per portarmi a casa del pecorino e del buon pane toscano.
Poi importante è valutare la soluzione più leggera per ogni singolo oggetto che si vuole portare: meglio un abbigliamento tecnico sintetico, un sacco a pelo di dimensioni compatte e un asciugamano in microfibra. Tenendo presente che la somma di piccole differenze di peso farà una grande differenza per ogni passo compiuto.
Molto importante è anche il modo di indossare lo zaino. Il modo più corretto e adatto a quasi tutti prevede che il peso non venga caricato sulle spalle, bensì sul bacino. Per questo motivo lo zaino deve essere dotato di una comoda “cintura” da stringersi in vita per consentire un’ottimale distribuzione del peso sulle anche. Mentre gli spallacci, ben regolati, si limiteranno a tenere lo zaino in equilibrio e attaccato alla schiena. Anzi, leggermente staccato dalla schiena così da far circolare aria evitando eccessive sudorazioni.
Altro capo su cui non bisogna lesinare sono le calzature. Meglio vecchie ma collaudate, piuttosto che nuove con un punto di domanda sulla reale comodità per un lungo viaggio. L’importante è che siano ben strutturate, non necessariamente che coprano la caviglia ma con la suola ben scolpita perché le Crete senesi quando sono bagnate risultano molto scivolose. Poi non possono mancare un paio di sandali, così da far respirare i piedi alla sera durante il riposo. E, perché no? Magari per utilizzarli anche durante qualche tappa, soprattutto in presenza di vesciche.
Sarebbero molti i suggerimenti che si possono dare prima di intraprendere un cammino, ma la cosa migliore è scoprire da soli il modo migliore di organizzarsi. Anche perché, come dicevo, spesso si tratta di decisioni personali.
Detto questo, mentre a casa preparavo lo zaino, il processo di selezione tra ciò che mi sarebbe piaciuto portare e ciò di cui avevo veramente bisogno sul cammino mi è sembrato assumesse un interessante significato simbolico nel parallelismo con il cammino della mia vita. Il cammino, nella sua semplicità, ci aiuta anche in questo: imparare a distinguere ciò che è indispensabile da ciò che è inutile per vivere meglio.
Come si sono comportati il mio zaino e le mie scarpe
E dopo la nota filosofica, qualche considerazione pratica sulle performance dell’attrezzatura che ho scelto. Visto che si è parlato di zaini e scarpe, vediamo come si sono comportati. Come zaino ho usato un Hikelite 28L di Osprey, e devo dire che ha fatto lavoro più che egregio. I punti di forza di questo zaino sono due: l’estrema leggerezza (solo 0,98 Kg, uno dei più leggeri sul mercato) e la comodità degli spallacci, che lo rendono adattabile molto bene a ogni tipo di schiena. Se proprio devo fare un appunto, mi è mancata però una tasca sulla chiusura superiore.
Le scarpe che ho usato erano invece le Jackal II Boa® de La Sportiva, un modello appena uscito sul mercato, che comunque ho voluto testare prima del cammino per non avere sorprese. Si tratta di scarpe con caratteristiche tipiche delle calzature da ultra trail. Cosa che secondo me le rende adatte anche per i lunghi cammini. Sono infatti scarpe ben strutturate per sentieri sconnessi, con suola robusta e ben scolpita.
Qui i punti di forza sono tre: innanzi tutto nonostante siano solide, ben ammortizzate e robuste, pesano solo 300 grammi; ho trovato poi molto utile la ghetta integrata, leggera e avvolgente, che non permette sugli sterrati l’entrata di sassolini e terra. Ultimo punto di forza l’innovativo – ma già ben collaudato – sistema di allacciatura a doppia rotella Boa®, che assicura un’allacciatura personalizzata offrendo il massimo del comfort. Le rotelle possono essere regolate in maniera rapida anche durante il cammino. Sulle scarpe non ho appunti da fare, ma segnalo a chi ha una pianta del piede larga che all’inizio le calzature possono sembrare troppo strette. In realtà dopo qualche chilometro si adattano perfettamente al piede e diventano comodissime.
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