Quando Marco sorride, sembra che gli si allarghi tutta la faccia. Spalanca la bocca e ti contagia con la sua allegria. E domenica mattina 7 aprile, Marco è davvero allegro. Non sa parlare, ma glielo leggi negli occhi che è felice. È alla sua prima Milano Marathon, e sta per correre la terza frazione della staffetta. Ben legato alla joelette (particolare carrozzella da corsa con una ruota sola e quattro maniglie, due davanti e due dietro), con il pettorale appuntato sulla giacca a vento, aspetta che arrivi Riccardo a passargli il testimone. Intanto si chiacchiera. Già, perchè Marco si fa capire perfettamente. Basta un'occhiata, un movimento del capo, e poi quella sua risata senza sonoro che dice tante cose.
L'idea di accompagnare quattro ragazzi disabili a fare la Maratona di Milano, consentendo anche a loro di partecipare a quella che è una grande festa "on the road", è nata qualche mese fa. A concretizzarla hanno contribuito l'incontro con la onlus Ti Aiuto Io di Biella, l'organizzazione dell'infaticabile Mirko Mottin (Action Magazine), il prezioso contributo di Tecnica (che ha dotato tutta la squadra di scarpe e T-shirt coordinate), l'appoggio di Andrea Trabuio (direttore della Mi-Marathon).
E quindi eccoci qui tutti schierati alla partenza: quattro joelette (a bordo: Franca, Riccardo, Marco e Michele) e 16 accompagnatori. Per ogni carrozzella ci sono quattro runner, perchè durante il percorso è consigliabile darsi il cambio. Trascinare la joelette è faticoso, soprattutto su alcuni tratti con pavè e binari. In curva chi tira deve rallentare, per non rischiare di sbilanciare il compagno che spinge e quindi di inclinare il mezzo.
Complice il fatto che la pioggia ci ha graziato, l'organizzazione funziona come un orologio svizzero. Ogni staffettista è pronto al posto di cambio al momento giusto, con i suoi accompagnatori. Ed è inutile dire che questa non è una corsa agonistica… anche partecipando alla staffetta, non si può evitare di tenere d'occhio l'orologio. E poi c'è il tifo lungo il percorso. Tanto tifo. La gente che incita i ragazzi per nome (ognuno lo porta scritto sulla sua joelette). Come si fa a non mettercela tutta?
Confesso: all'inizio avevo un po' paura. Paura di dare vita a uno spettacolo del tipo: "Guardate come siamo virtuosi e altruisti!". Ma chilometro dopo chilometro, la tensione si scioglie. Mi rendo conto che in strada ci sono solo i ragazzi sulla joelette, veri protagonisti della corsa. E noi oggi siamo le loro gambe. È tutto semplice, naturale, "normale".
L'ultima fatica è riuscire a ritrovarsi tutti insieme a 500 metri dalla fine, in modo che ognuno dei 4 ragazzi abbia la soddisfazione di tagliare il traguardo e vedersi appendere la medaglia al collo. Anche questo avrebbe potuto essere un momento "a rischio", un collo di bottiglia: quattro joelette con 16 accompagnatori che occupano spazio e intralciano i maratoneti nello sprint finale. Ma oggi è una bella giornata. È persino sbucato il sole. L'altoparlante dello speaker ci incita, il pubblico applaude… ci siamo! Adesso il passaggio sotto il gonfiabile, la medaglia, la bottiglietta di Enervit, una banana… Qual è il prossimo appuntamento?
E a proposito di appuntamenti: l'associazione Ti Aiuto Io sta raccogliendo fondi attraverso la Rete del Dono per acquistare un'altra "macchina infernale": una bicicletta/carrozzella con cui si può portare a spasso il ragazzo disabile pedalando. Il prezzo è di 3.250 euro. Basta anche una donazione di 5 euro per contribuire al progetto. Tutti i dettagli sono qui.
Doveroso anche un accenno ai risultati della gara agonistica: primo classificato, con un tempo di 2.9.25, l'etiope Biri Gemenchu Worku. Il primo degli italiani e Tommaso Vaccina, arrivato ottavo con 2.22.07. Keniana la prima donna, Monica Jepkoech (2.32.54). E anche in campo femminile la prima italiana si è piazzata ottava: Claudia Pinna con 2.42.09.
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