Un manoscritto trovato per caso, la rinascita delle Olimpiadi, gli ideali sportivi, la passione di un uomo. E’ la grande avventura di Carlo Airoldi, che nel 1896, per partecipare alla prima maratona, senza un soldo in tasca, si fece da Milano ad Atene a piedi: duemila chilometri da percorrere in poco più di un mese.
Lui, corridore che aveva vinto solo qualche gara di paese, a 26 anni voleva dimostrare alla Milano della rivoluzione industriale di non essere semplicemente un operaio che lavorava in una fabbrica di cioccolato; che l’Italia non era solo quella delle sconfitte militari in Africa. Tutto mentre un altro giovane, De Coubertin, dava fondo al suo patrimonio per far rinascere lo spirito olimpico.
Ce la farà Carlo ad arrivare ad Atene in tempo? Come farà ad attraversare i territori desolati e pericolosi dei Balcani? Perchè vuole rischiare la vita per una corsa di 40 chilometri? E perchè la sua impresa non è raccontata nei libri ufficiali? Una storia olimpica incredibile, che però nessuno conosce, rimasta nell’ombra perchè se non si vince non si entra nella storia. Ora a raccontare le vicende di questo milanese originario di Origgio (provincia di Varese) è il libro “Il testamento del maratoneta” di Manuel Sgarella, disponibile solo online al prezzo di 0,99 centesimi su Amazon.
Dopo anni di ricerche per recuperare le cronache del tempo e le lettere che lo stesso Airoldi scrisse durante il viaggio al giornale “La bicicletta”, il romanzo è stato pubblicato in concomitanza con l’inizio delle Olimpiadi invernali di Sochi. L’autore, Manuel Sgarella, è un giornalista professionista che da 15 anni lavora per il quotidiano online Varesenews. La passione per il cinema lo ha portato ad approfondire la narrazione delle storie. Nel 2013 è stato finalista al premio Solinas.
«Tutto è iniziato alla scuola del cinema di Milano, che frequentavo nel 1999 – racconta Manuel Sgarella -. Mi sono sempre piaciute le storie olimpiche, e volevo scrivere un soggetto su De Coubertin. Facendo le ricerche, mi sono imbattuto in un articolo che citava questa avventura di Carlo Airoldi. E così è partita una ricerca durata anni. Dagli articoli dei quotidiani che raccontavano la sua avventura, fino a quello che aveva fatto prima di allora. Oltre a quello che successe dopo».
«Qualche anno fa ho ritrovato anche gli eredi, a Luino – continua Manuel -. Ho parlato con un nipote, Giancarlo Airoldi: aveva conservato una valigia piena di ritagli di giornale e qualche vecchia fotografia ancora incorniciata. Quello che mi colpì però furono le sue parole: Non abbiamo nemmeno un posto dove piangere mio nonno. A causa della povertà infatti, quando ci fu la riesumazione dopo la seconda guerra mondiale, la famiglia non potè comperare nemmeno un loculo. E furono costretti persino a vendere le varie medaglie che il nonno Carlo aveva vinto in vita. Questo mi colpì molto, e promisi al signor Giancarlo che avrei fatto il possibile per far conoscere al mondo l’incredibile avventura di suo nonno».
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