Nata in Canada, cresciuta in Israele, l’ultracycler Leah Goldstein è riuscita in un’impresa considerata impossibile: arrivare prima assoluta alla Race Across America.
È successo quello che nessuno si sarebbe mai immaginato: una donna ha tagliato per prima il traguardo alla Race Across America (RAAM), una gara di ultracycling che viene considerata la più dura sulla faccia della Terra. E non a caso: si tratta di pedalare no-stop per 4.800 chilometri, attraversando 12 Stati.
Un’impresa che Leah Goldstein ha portato a termine in 11 giorni, 3 ore e 3 minuti. Combattendo contro la fatica, le ondate di calore, le allucinazioni. In più – dettaglio non da poco – questa donna incredibile ha 52 anni, ma è riuscita a lasciarsi alle spalle ragazzoni ben più giovani e aitanti.
“Onestamente, penso che questa sia la competizione di gran lunga più difficile e faticosa a cui ho partecipato… e ne ho fatte davvero tante!”, ha dichiarato l’atleta in un’intervista. La Race Across America prende il via in California e si conclude nel Maryland. Si può gareggiare in staffetta oppure in modalità solo. E Leah quei 4.800 chilometri li ha messi tutti sulle sue gambe.
Leah Goldstein si è “allenata” nell’esercito israeliano
Del resto la ragazza ha un curriculum davvero particolare. Nata in Canada, si è poi trasferita in Israele quando la sua famiglia ha fatto Aliyah (cioè la migrazione in terra ebraica). Qui ha militato per nove anni nei commandos e nella polizia segreta. Proprio durante la permanenza nell’esercito, ha iniziato a 20 anni a praticare duathlon. E da allora non si è più fermata. Oltre a diventare campionessa israeliana di questa disciplina, è stata anche campionessa mondiale di kickboxing. Insomma, quello che si definisce “un tipino tosto”.
Purtroppo non sempre la fortuna ha giocato dalla sua parte. Poco prima delle Olimpiadi del 2004 una frattura alla mano le aveva impedito di partecipare ai Giochi. E nel 2005 era stata coinvolta durante la Cascade Cycling Classic in un terribile incidente che aveva addirittura messo a rischio il proseguimento della sua carriera sportiva.
Con la RAAM, Leah si era già cimentata nel 2011 portando a casa il primo posto nella categoria femminile (e per altro abbattendo il precedente record di ben 12 ore). Ma questa volta con il primo posto assoluto ha fatto davvero il miracolo. Il secondo arrivato, Erik Newsholme, ha tagliato la linea del traguardo 17 ore dopo di lei.
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Tra l’altro quest’anno l’ondata di calura anomala ha decimato i ciclisti in gara. Attraversando l’Illinois, il Kansas, l’Arizona e la California, gli atleti hanno dovuto sopportare temperature tra i 35 e i 49 C°. Tanto è vero che soltanto in tre sono riusciti a completare la competizione.
È comprensibile quindi che in queste condizioni la mente vacilli. La fatica estrema unita al caldo insopportabile crea allucinazioni. “In questi casi bisogna che il tuo team ti tenga sotto controllo, perché quando osservi gli oggetti intorno a te, sembra che si tratti di mostri orrendi”, ha raccontato Leah Goldstein.
Per combattere questi mostri, Leah aveva una sua strategia: guardava soltanto la strada, in modo da non vedere altro che il lungo nastro d’asfalto davanti a sé. E poi c’era anche il problema del sonno: perché pedalare così a lungo senza addormentarsi non è stato facile.
C’è stato anche un colpo di scena poco prima del traguardo. A mille metri dall’arrivo, Leah è crollata. Ha avuto una sorta di collasso ed è finita distesa nell’erba a lato della strada. Non riusciva più a rialzarsi. Solo grazie all’intervento del suo team – che l’ha spronata e le è stato accanto mentre si alzava, recuperava la bicicletta spingendola a mano per un breve tratto, e poi infine rimontava in sella – è riuscita a concludere la gara e a entrare nella storia dello sport.
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