Testo di Paolo Grisa
Abbiamo testato durante alcune uscite di iceclimbing una serie di capi intermedi Patagonia, da utilizzare sotto un guscio esterno in membrana impermeabile. Perfetti per le basse temperature.
L’arrampicata su cascate di ghiaccio è certamente una delle attività outdoor con la maggior componente di sopportazione del freddo e dell’umidità. Fortunatamente rispetto agli esordi di questa disciplina, dove l’abbigliamento poteva offrire davvero ben poco per proteggersi dalle severe condizioni, oggi gli ice climbers possono beneficiare di capi davvero sensazionali per le prestazioni che riescono a garantire.
Ultimamente stiamo provando alcuni capi Patagonia che, a nostro avviso, sono perfetti per questa disciplina, così come per altri sport outdoor. I test sono stati effettuati sulle cascate di ghiaccio della Val Seria, a fianco delle piste di Ponte di Legno di Val Bione, del Pisgana e della Val Febbraro. Si tratta di capi intermedi, da utilizzare sotto un guscio esterno in membrana impermeabile.

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Quando ero in Patagonia (nel Paese, intendo) fermo due ore su una sosta sospesa nel vuoto ad assicurare i miei compagni impegnati ad aprire il tiro successivo in mezzo alla bufera della Torre Egger, pensavo a quanto fosse fastidiosa la sensazione dell’imbrago che ti solleva i vari strati di abbigliamento fino a farti percepire l’aria gelida sulla pelle della schiena nuda.
Questo nonostante adottassimo una tuta intera in gore-tex, un capo oggi abbastanza dimenticato a causa della sua scarsa modulabilità in caso di attività con una componente aerobica. L’ideale infatti sarebbe stato avere da abbinare ad essa un intimo anch’esso intero, in modo da non lasciar spazi all’entrata del vento.

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Se avessi saputo prima che Patagonia produceva un capo così, l’avrei portato con me al volo. La Expedition Weight One Piece Suit è un intimo in pezzo unico fatto in Capilene 4, la versione più termica del materiale che da sempre Patagonia sviluppa per la sua linea di underwear.
Chi arrampica sa bene che che durante la scalata inevitabilmente l’imbragatura tenderà a spostare i vari capi, col rischio di rimanere esposti al freddo. E doversi sistemare gli strati inferiori mentre si è appesi sul vuoto non è proprio il massimo. È facile dunque capire i vantaggi di un capo che unisce pantaloni e maglia.
La tuta intera è talmente termica, che sopra questa sulle gambe abbiamo indossato solo un paio di robusti sovrapantaloni in Gore Tex, senza nessun altro strato termico. Il cappuccio è abbastanza caldo e attillato da sostituire un passamontagna leggero, e ripara da quel terribile momento in cui pezzi di ghiaccio o schizzi della cascata si infilano tra il collo e il colletto della giacca. Pura tortura. Un consiglio: meglio prenderla molto attillata, vista anche la vestibilità americana. Io, che generalmente indosso una S, ho preso una XS.

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Le asole per i pollici sulle maniche permettono di indossare altri capi senza farle risalire lungo il braccio. Ovviamente il fatto di essere un pezzo unico la rende meno adatta a quelle attività in cui durante la giornata c’è una fortissima escursione termica, come salite estive che portano da 1000 a 3500 metri, e in cui nei momenti più caldi della giornata fa piacere indossare magliette a maniche corte.
È invece ottimo per attività con scarsa attività aerobica come il freeride, o in ambienti costantemente all’ombra come quelli delle salite di ghiaccio o delle ascensioni invernali su roccia o, appunto, in luoghi sempre ventosi come la Patagonia.
Il gilet in materiali antivento è probabilmente uno dei capi più duttili e sottovalutati dagli alpinisti. Infatti è perfetto per tutte quelle situazioni in cui si è in movimento, quindi ci si scalda e con una giacca antivento o un capo imbottito si suderebbe presto, ma c’è quel venticello che va e viene che ci fa avere freddo se stiamo solo con un capo intimo o un flecce non antivento.
Il Piton Hybrid Vest di Patagonia infatti protegge dal freddo busto e reni, ma lasciando libere braccia e ascelle permette un’ottima dispersione del calore. Cosa che invece un Soft Shell a manica lunga accumulerebbe.

Perfetto sia per le scalate su roccia in montagna d’estate, sia, come nel caso in cui l’abbiamo utilizzato noi, come copertura della Expedition Suit durante l’avvicinamento a una cascata di ghiaccio. Il Pithon è antivento solo nella parte anteriore, mentre è in tessuto più leggero su fianchi e schiena, evitando così di surriscaldare la schiena a contatto con lo zaino. Grazie alla sua elasticità veste in modo ottimale.
Per le pause durante l’avvicinamento e come capo termico durante la salita del flusso ghiacciato abbiamo utilizzato il Nano Air Jacket. Il miglior modo per spiegare questa giacca è dire che è il primo capo di abbigliamento imbottito che unisce i vantaggi di una imbottitura sintetica a quelli di un fleece.
Proprio come una giacca imbottita, il Nano Air è calda (anche da bagnata) e confortevole grazie all’imbottitura in Full Range. Grazie allo strato esterno in Nylon Ripstop invece è elastica e traspirante come un fleece (ma più leggero a parità di calore), garantendo libertà di movimento e comfort anche in attività altamente aerobiche ma soggette però a soste anche prolungate come l’arrampicata su ghiaccio. Questo fa sì che sia un capo che può essere davvero indossato per tutto il giorno.
Noi lo abbiamo provato anche come giacca da portare nello zaino da trail in caso di brevi soste. Se lo volete utilizzare nella vita di tutti i giorni, prendetelo senza cappuccio e nella versione nera, con un look sobrio e non troppo sportivo, altrimenti se lo usate solo in montagna con cappuccio e con i colori più sgargianti!
Per quanto riguarda le taglie, chi veste S e non è troppo alto farà bene a prendere una XS se si punta ad usarlo come fleece, o una S per indossarlo come giacca esterna leggera come terzo strato. Un’accortezza: il tessuto esterno al tatto risulta più “poroso” rispetto a un softshell o a un pertex, quindi attenzione a rami e rovi che tendono ad agganciarsi facilmente e potrebbero danneggiare il capo.
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