Abbiamo intervistato Markus Eder, ambassador Vibram, durante le presentazione del nuovo incubatore di idee e progetti Vibram Connection Lab di Milano. Un’occasione per farci raccontare i suoi nuovi progetti (compresi quelli filmografici) e come si è evoluto il mondo del freeride in questi ultimi anni.
– Ciao Markus, l’ultima volta che ci siamo incontrati per Actionmagazine era il 2013, da allora hai partecipato a un sacco di gare di freeride e a numerosi progetti. Partiamo dal mondo delle gare freeride. Dal 2013 ad oggi, come è cambiato questo mondo?
Il concetto del Freeride World Tour è rimasto lo stesso. Il livello però è cresciuto tantissimo, soprattutto negli ultimi due anni. Ci sono rider con caratteristiche molto diverse, alcuni che puntano più su trick tecnici e creatività, e altri più focalizzati su una sciata classica freeride, il che significa andare veloce nel ripido prendendo cliff grossi. Negli ultimi due anni in particolare si percepiva che non bastava più essere specialista in una delle due cose, ma che per riuscire a vincere bisognava padroneggiarle entrambe. E tutti ovviamente vengono per vincere!
– E Markus Eder come si è mosso in questi anni?
In tutta sincerità, inizialmente pensavo che il FWT fosse più facile. Pensavo di riuscire a fare bene al Tour contemporaneamente alla qualifica per le Olimpiadi di Sochi e alla produzione video per Matchstick Production. In realtà, a metà stagione mi sono trovato costretto a mettere in secondo piano uno degli obiettivi, a malincuore il Tour. Sin dalla prima gara però sapevo che desideravo fare bene. Nel 2017 mi sono preso una stagione “selvatica”, dedicandomi completamente al filming, senza fare nessuna gara, e la stagione scorsa era ora di tornare al Tour avendolo come obiettivo principale.
– In cosa ti senti cambiato, più maturo o che cosa vorresti ancora migliorare?
Credo che quello che mi ha aiutato di più sia l’esperienza. Filmare con Matchstick Production per cinque anni mi ha insegnato a capire le mie capacità, a leggere la montagna e trovare la mia linea. Ho sciato tantissimo e con qualsiasi condizione di neve, sciando veloce anche nella neve tracciata e brutta, dove sono riuscito a migliorare la mia tecnica. E ho imparato a godermi anche quelle sciate. Mentre di solito sceglievo la neve fresca solamente con condizioni buone, privilegiando altrimenti lo snowpark.
– Che emozioni ti ha regalato partecipare Giochi Olimpici di Sochi e vincere il titolo di European Skier of the Year (unico italiano ad averlo conquistato)?
Non sono mai stato un grande fan del circuito Olimpico e della FISI. Sono riusciti a rovinare il soul di alcune discipline bellissime incastrandole nella loro cornice di regole, e avevo paura che succedesse la stessa cosa con lo sci freestyle. Ci tenevo moltissimo invece a partecipare alle prime Olimpiadi nel nostro sport, e sono contentissimo di averlo fatto. Un’esperienza fortissima e magnifica, benché fosse chiaro che la mia strada sotto lo sguardo della FISI sarebbe finita lì. Il titolo di European Skier of the Year è soprattutto legato al mondo specializzato e del settore, alla gente che vive per questa scena e che vota, ogni anno, per scegliere gli sciatori migliori in Europa. Sono le persone che hanno creato questo sport e il nostro modo di vivere, quindi, è stato un vero onore portare a casa questo titolo.
– E partecipare e vincere la Swatch Skiers Cup del 2016?
È una gara con un ambiente molto tranquillo. Sì, si contrappongono il team Europa e il Team Americas, però siamo tutti amici. La vittoria non è per forza l’obiettivo più importante, almeno per me. Di solito, se mi capita di fare un errore al FWT, mi pesa tanto. Sono abbastanza competitivo in quel senso. Allo Skiers Cup invece si vince o si perde insieme. Nei giorni di gara cercano tutti di andare oltre i propri limiti, con discese e salti perfetti, si cerca di vincere, però poi si festeggia insieme. Più della vittoria è il vibe della gara che è impresso nella mia memoria.

– Quali sono i tuoi progetti futuri nel mondo delle gare? Nel 2019 a quali gare pensi di partecipare?
Come la stagione scorsa ho l’obiettivo di vincere il FWT. È stato fantastico arrivare secondo nella classifica overall, ma so che posso fare ancora un po’ meglio. Fingers crossed! Per il futuro, dopo la stagione del 2019 non te lo so proprio dire. Ho delle idee in testa per realizzare dei progetti di film, ma mi piacerebbe anche organizzare in prima persona una gara particolare. Per ora è un’idea, vediamo!
– Oltre alle gare infatti hai prodotto numerosi film, dal 2014 collabori con la MSP Films per la creazione di progetti visivi. Come ci si sente a essere attore di sé stessi?
È abbastanza facile in realtà. Posso sempre essere me stesso e seguire le mie idee e aspirazioni. Ovviamente non è tutto fiori e unicorni, spesso è molto faticoso, ma è qualcosa che ho sempre amato fare. Mi sono appassionato allo sci freestyle guardando un film – sci che si chiama “Happy Dayz”, e così con un gruppo di amici di casa ci siamo messi a fare i filmati anche noi. Da allora ho sempre continuato a produrre dei piccoli video ed è diventato una passione anche quello. Con MSP, oltre a sciare in tutti i posti più belli, avevo la possibilità di guardare dietro le quinte.
– Come nascono i progetti che poi trasformate in film?
Dipende. Spesso si parte con un’idea o un obiettivo chiaro in testa. Durante i primi due anni con MSP non eravamo al corrente di come sarebbe stato montato il film. Il regista voleva che fossimo il più naturali possibile davanti alla videocamera. Pensavo che non avesse idea di come creare la storia, invece quando ho finalmente visto il film terminato, ho capito che nella sua testa era tutto chiaro sin dal inizio. Ero davvero impressionato quando ho visto il film la prima volta!
– Qual è il film prodotto che più ti rispecchia?
Direi che è l’ultimo che abbiamo girato: Drop Everything. Dopo qualche film con storie più profonde, è stato bello mettere il divertimento al centro. Prendendo con leggerezza in giro il mondo e anche noi stessi. Abbiamo filmato tutto in Nord America, con una stagione eccezionale che ci ha permesso di spingere anche il livello di riding.
– E in quale film avete vissuto una vera avventura per girarlo?
Probabilmente durante la spedizione sul Monte Ushba (4700m) in Georgia, con l’obiettivo di realizzare la prima discesa da questa montagna, considerata il Cervino del Caucaso. I due viaggi che abbiamo fatto sono stati proprio fantastici. Il primo è stato ad aprile, per pianificare la spedizione. Abbiamo fatto anche Heliski con sciate come in Alaska. Poi a luglio siamo partiti per la spedizione. Dopo qualche giorno di avvicinamento, arrivati a 4000 metri, abbiamo realizzato che la parete della discesa era infattibile. Troppo ghiaccio. Abbiamo raggiungo la cima in ogni caso, e considerata la preparazione di quasi un anno che mi ha introdotto al mondo dell’alpinismo, è stata comunque una grande vittoria. Anche la loro cultura e storia è fantastica.
– Tu sei un personaggio a 360°: oltre a fare gare, girare film, sei anche molto attivo nel mondo social, dove crei dei progetti. Ce ne puoi parlare?
Amo a fare i video e mi spiaceva che durante il tour non ci fosse tempo per filmare seriamente. Filmare per i social media però ci dà tutta la libertà di cui abbiamo bisogno. Mi sta seguendo il mio amico e film-maker Alex Meliss, sia durante la stagione, sia durante tutte le tappe del FWT. Quando non sono impegnato con le gare, siamo liberi di andare a filmare qualsiasi tipo di sciata. Spesso si aggiungono anche altri rider, e così raccontiamo le nostre avventure tra le Alpi, il Giappone e il Canada in diretta su Instagram. Il progetto si chiama #Roadshow, perché siamo sempre “on the road”. Cominceremo con la seconda stagione di #Roadshow all’ inizio dicembre a Klausberg, che è “casa mia”.
– Da quest’anno sei diventato ambassador Vibram, un ruolo sicuramente importante, con la più prestigiosa fabbrica di suole in gomma ad alte prestazioni, tutta italiana. Cosa significa per te ricoprire questo ruolo?
Conosco Vibram sin da quando ero piccolo per le loro suole. Sapevo che è un’azienda italiana. Però ho scoperto solo in questi mesi quanto amore e passione si nasconde dietro a quest’azienda. Vibram è stata la prima a utilizzare la gomma sotto le suole, un’idea rivoluzionaria! E questa missione di innovazione, sviluppo e miglioramento va avanti da quattro generazioni. Negli ultimi anni ho avuto la possibilità di lavorare con Völkl e Dalbello nello sviluppo prodotto. Ci ho decisamente preso gusto, e sono contento di poter collaborare con loro perché l’azienda possa continuare ad essere qualche passo avanti rispetto a tutti gli altri e dimostrarlo anche al mondo del freeride.
– Come ti sei sentito quando ti hanno fatto questa proposta?
Ero davvero soddisfatto e felice, le aziende con cui lavoro per me non sono semplici sponsor, ma partner con cui crescere e sviluppare la mia carriera e la mia persona. Cerco di fare partnership solo con aziende ai massimi livelli, che credono fortemente nello sport e investono nello sviluppo e nella crescita. Vibram, come gli altri miei partner (Red Bull, The North Face, Smith) riassume questi concetti in pieno.
– Come ti senti a lavorare con i tecnici Vibram?
Qui so che mi posso davvero divertire, amo lavorare nello sviluppo prodotto, e la sicurezza attiva data dalle suole è un aspetto importantissimo del mio vivere la montagna a 360°.
– Quali sono i tuoi obiettivi per questa collaborazione?
Avere un partner con cui sviluppare prodotti e progetti che possano migliorare la mia esperienza in montagna, e di conseguenza quella di tutti.
– Avete già in mente qualche progetto? Ci puoi raccontare qualcosa?
Ho già capito che in Vibram c’è terreno fertile per idee e sogni, è un’azienda con una grande visione a lungo termine, qualche idea sta già partendo ma siamo per ora all’inizio. Il processo di sviluppo è molto preciso, e la precisione richiede tempo.

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