È ora di smetterla con la mercificazione della montagna a scopo turistico. Bisogna riscoprire la “wilderness” delle vette. Per consentire anche alle generazioni future di fare le meravigliose esperienze dei predecessori. Parola di Reinhold Messner
Da una parte il Trento Film Festival appena concluso, dall’altra l’International Mountain Summit sulla rampa di lancio. In mezzo, un’appassionante discussione sul futuro dell’alpinismo, intitolata “Quo climbis?” e guidata da Reinhold Messner, con la partecipazione di alcuni tra i maggiori climbers del mondo: Hervè Barmasse, Heinz Mariacher, Hanspeter Eisendle, Albert Precht, Denis Urubko, Roger Schäli. Le conclusioni? È ora di smetterla con la mercificazione della montagna a scopo turistico. Bisogna riscoprire la “wilderness” delle vette. Per consentire anche alle generazioni future di fare le meravigliose esperienze dei predecessori.

Che cosa significa questo nella pratica? «Che in alta quota, vale a dire dai 2.500 metri in Europa e dai 5.000 in su in Himalaya, la montagna deve essere lasciata allo stato naturale», ha detto Reinhold Messner. Cioè: niente vie ferrate, niente corde fisse, niente campi attrezzati, niente rifugi che scimmiottano i locali alla moda. Perchè chi sale in vetta in questo modo non fa alpinismo: ma outdoor. Parole dure. Che non a caso Messner ha scelto di pronunciare in un contesto non ufficiale, ma a “casa”. Per l’esattezza a Castel Firmiano, dove lo scalatore ha allestito uno dei suoi cinque MMM (Messner Mountain Museum).
Il vero alpinismo, ha continuato Messner, inizia quando finisce il turismo. E non può che essere così. Gli scalatori che aprono le vie sulle montagne sono in un certo modo artisti. Prendono decisioni importanti, si assumono responsabilità. Sanno che la montagna insegna la sopravvivenza. Ma chi sale utilizzando infrastrutture impunemente collocate in alta quota, non ha lo stesso spirito. «Il 99% della gente che oggi sale sull’Everest – ha polemizzato Messner – lo fa per la via più facile, affidando i bagagli agli sherpa. Ma così si “compera” la salita». E ha poi precisato: «Sia ben chiaro, questa non è una discussione sulla tecnica alpinistica, o il tentativo da parte di un’élite di mantenere intatto lo spazio per sperimentare nuove avventure».
Parole condivise dagli altri alpinisti presenti. Hervé Barmasse: «I media ci hanno passato della montagna immagini da cartolina: tempo bello e tutto facile. Ma più si sale, più la montagna diventa aggressiva. Gli uomini vanno alla ricerca del limite: ma il limite non è uguale per tutti». Heinz Mariacher: «Chi apre vie nuove è responsabile per se stesso, ma non può esserlo per altri». Hanspeter Eisendle: «È giusto che sia la montagna stessa a “scremare”, e a decidere chi può fare una cosa e chi non la può fare».
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