E’ una cittadina grande come Piacenza, ma la sua mezza maratona richiama ogni anno migliaia di atleti. E la Spagna inizia ad organizzarsi, con viaggi ad hoc pensati per i runner.
Che il made in Spain tirasse molto l’avevamo già capito, ma che una cittadina dell’entroterra catalano fosse capace di mettere in piedi una manifestazione podistica di tale portata non ce l’aspettavamo proprio. Ci troviamo a Lerida, cittadina di 140.000 abitanti al confine con l’Aragona, provincia della catalogna battuta dal vento e circondata da distese di campi infinite. Arrivando in macchina da Barcellona questa città adagiata sulle rive dell’Ebro sembra uscita dalla fantasia di un romanziere. Ma oggi è il 19 novembre, e la storia medioevale che trasuda dagli edifici gotici lascerà spazio ad altri racconti: quelli dei milleduecento atleti che parteciperanno alla venticinquesima edizione della mezza maratona di Lerida. Per il tredicesimo anno consecutivo l’Associaciò Deportiva Ekke si incarica dell’evento e i risultati sono di tutto rispetto. Non c’è che dire, chapeau ai catalani per l’efficienza e l’organizzazione che li contraddistingue: l’evento che hanno tirato su è semplicemente ammirevole.
Una manifestazione in crescita
Appena parcheggiata l’auto mi appresto a conoscere i vertici dell’organizzazione che mi hanno gentilmente accolto. Abbiamo giusto il tempo di fare due chiacchere, prima di cominciare il riscaldamento e lasciarli al loro da fare (molto). Parlo con Ivàn, che mi spiega come la mezza maratona sta riscontrando ogni anno un maggiore successo, non solo nella provincia. Per il settimo anno consecutivo i partecipanti supereranno il migliaio. Non male per una città grande come Piacenza, soprattutto alla luce del fatto che in Italia sono solo otto le mezze maratone che riescono a superare questo muro numerico. E infatti sono sempre di più i runner che si spostano all’estero per partecipare a gare podistiche. Tanto che in Spagna sono diverse le agenzie che organizzano viaggi all inclusive dedicati agli amanti dei 42km. Tra queste c’è Logitravel, che con una serie di pacchetti viaggio (volo + hotel) porta i runner a correre tre delle maratone più belle d’Europa: Siviglia, Barcellona e Londra.
Un percorso per “fare il tempo”
Curiosando qua e là devo tenere le mani in tasca per il freddo, come clima se la gioca con Milano. Fortunatamente il cielo è sgombro di nuvole e non tira vento. Nei minuti che precedono la partenza studio nuovamente il percorso da un volantino lasciato su un tavolo. Si esce dalla città per vari chilometri superando il fiume in due punti. Non vedo particolari pendenze. Probabilmente questa mezza maratona è così rischiesta anche per questo: per la possibilità di fare il tempo. Ivàn mi ha spiegato che a differenza di altri eventi sportivi, qui si punta molto sulle risorse del posto. Non è abitudine ingaggiare keniani “per fare i tempi” sottolinea, ribadendo che “chi corre forte ce l’abbiamo già in casa”. Non ha tutti i torti visti i tempi fatti registrare negli ultimi due anni.
Ormai manca veramente poco all’inizio. Il palazzetto dello sport si svuota lentamente riversando in strada fiotte di atleti. Fa meno freddo di un’ora fa, il sole è alto nel cielo e sulle nostre pelli infreddolite ha l’effetto di una coperta soffice. È passato tanto tempo dall’ultima gara a cui ho partecipato. Trecentosettantuno giorni esatti per l’esattezza dalla mia maratona ateniese. La voglia di dare il massimo è la stessa di quel giorno mentre entravo nello stadio Panatinaiko. Lo speaker chiama tutti a raccolta, parte il conto alla rovescia. Dieci, nove…tre, due, uno…
Pronti, partenza, via
Allo sparo ci proiettiamo in avanti come uno tsunami, i primi chilometri sono sempre i più ingannevoli. Corri senza sentire la fatica e ti sembra di essere invincibile. In quei casi il migliore amico diventa il tuo cronometro che ti rimette subito in riga. Basta mantenere il ritmo ripeto tra me e me, mentre il mio amico Jose che mi ha accompagnato sembra avere fretta di arrivare. “Calma -gli faccio io con un cenno- la strada è ancora lunga”. Il percorso di Lerida è eccezionale, non ha nulla da invidiare alle nostre migliori mezze maratone in Italia. Strade perfettamente asfaltate e vialoni larghi e rettilinei. Ogni cinque chilometri un rifornimento e gruppi di spettatori che fanno il tifo. Quando si è senza energie anche l’incitamento regalato da uno sconosciuto può valere oro.
Al chilometro 7 basta un cenno con Jose per capire che è già il momento di allungare il passo. Bastano tre falcate e ci stacchiamo dal gruppo. Siamo soli. Attorno di noi distese di campi, nient’altro. Stiamo correndo attorno a 4’:10’’ al chilometro e viste le previsioni della vigilia va più che bene. Scorgo un cartello che indica “Parco dei Campi Elisi”. Dovremmo essere in prossimità della metà, penso. Infatti è così, appena svoltati in una curva a gomito appare il cartello del decimo chilometro. La vista di questo cartello per un atleta di mezze maratone è molto prezioso psicologicamente, perché ti comunica che resta meno della metà della distanza da correre. Si, non mi sono scordato del ventunesimo chilometro, ma quello non lo calcolo, lo lascio per ultimo.
Verso il traguardo
Io quando corro faccio il conto alla rovescia partendo da venti, poi quando arrivo a 0 so che ne manca solo uno, ma non importa perché è l’ultimo e quello lo fai senza pensare a niente. Butti nella strada tutto quello che ti resta, non c’è nient’altro. Quindi tiriamo avanti, senza flessioni nel ritmo. Jose ed io abbiamo risucchiato un atleta rimasto isolato. Veste di nero e ha la falcata esperta. Lo invitiamo a unirsi a noi, accetta felice. Ora formiamo un treno che non fa più fermate. Marciamo spediti a ritmo regolare, turnandoci nel tirare. Siamo noi tre e la strada. La strada e noi tre. Comunque Lerida è veramente molto bella. Nello sforzo non ci scappano alcuni dettagli di rilievo, come l’imponente cattedrale arroccata su una collina e il municipio. Sono perle che ci sfuggono via subito perché le nostre gambe ci portano lontano. Hanno sete, hanno voglia di arrivare.
Stringo i denti, manca davvero poco e il corpo sta reagendo bene. In realtà sta reagendo meglio del previsto, ne sono stupito. Imbocchiamo l’ultimo rettilineo proprio tra due ali di folla che sembra di essere in uno stadio. Fanno un tale baccano che non riesco manco più a sentire il respiro affannoso del mio vicino. Ci siamo, manca niente, manca niente, ecco. È finita. Trecentosettantuno giorni dopo. Dopo il Panatinaiko di Atene.
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