Attraverso il “modello delle cinque azioni”, sviluppato da Andrea Chellini e Marco Iosa, è possibile migliorare le performances sportive e correggere deficit senso-motori.
Arriva un momento in cui, nonostante gli allenamenti, sembra di non progredire più. Si seguono le tabelle, si mangia in modo corretto, si assumono integratori… eppure c’è qualcosa che sembra bloccare il progredire delle performances.
Lo studio delle neuroscienze ha messo in chiaro che spesso questi “blocchi” sono dovuti non a scarse capacità, ma a comportamenti del nostro cervello. Approfondendo l’argomento, è stato messo a punto il “modello delle cinque azioni”. A svilupparlo è stato Andrea Chellini (bodyworker e titolare di Be Move), con il supporto di Marco Iosa (ricercatore nel campo della neuro-riabilitazione e professore associato al dipartimento di psicologia della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università La Sapienza di Roma).
Il “modello delle cinque azioni” è stato sviluppato partendo dal presupposto che molte persone adulte padroneggiano una quantità limitata di pattern senso-motori. Di che cosa si tratta? Tutti noi da bambini iniziamo con l’acquisizione di determinate abilità motorie in maniera pressoché innata. Basti pensare a un bambino che dal gattonamento passa alla camminata eretta. Inizialmente tenterà di eseguire un movimento che non è consolidato, con il risultato che cadrà diverse volte prima di riuscirci.
Il tentativo di eseguire un movimento è appunto un pattern motorio. Il passare del tempo permetterà al bambino di consolidare e sedimentare quello schema – in maniera giusta o sbagliata – e di farlo diventare un’abilità vera e propria.
Ci sono pattern di cui siamo coscienti, e altri di cui invece non abbiamo coscienza. Alcuni pattern vengono sviluppati nel periodo evolutivo, ma poi si perdono perché non più utilizzati. Altri non si sviluppano in modo completo per motivi ambientali o relazionali. Questo genera una visione della realtà più limitata e quindi modalità non corrette di affrontarla. È qui appunto che entra in gioco il “modello delle cinque azioni”: grazie a un test, è possibile individuare i gap e intervenire in modo mirato con una serie di esercizi.
“Molti pattern vengono sviluppati durante l’età evolutiva. Ma da quando il bambino inizia a frequentare la scuola ed è costretto a rimanere seduto per molte ore al giorno, i pattern vengono persi – spiega Andrea Chellini -. Il movimento non è più spontaneo, ma legato soltanto all’attività sportiva che viene praticata. Poi c’è un altro aspetto da tenere presente: fino all’età di sette anni, il bambino non ha ben chiara la finalità del movimento. L’emisfero destro del suo cervello lo porta a imitare i movimenti della madre. Lo scopo è quello di ottenere cibo e sicurezza, e quindi la madre è la sua figura di riferimento. A partire dai sette anni, inizia a svilupparsi l’emisfero di sinistra e il bambino si apre al mondo esterno e comincia ad essere in grado di fare ragionamenti astratti. Acquisisce la capacità di conformarsi alle regole e di praticare sport organizzati”.

Quali sono le cinque azioni che ci fanno crescere
In ogni fase evolutiva il nostro sviluppo è segnato da cinque azioni che riprendono quelle delle prime fasi di vita. Vale a dire: Yeld (cedere), Push (spingere), Reach (raggiungere), Grab (afferrare) e Pull (tirare).
Yeld significa connettersi alla terra (o al caregiver, dal quale ricevere sostegno e consapevolezza del proprio “io” esperienziale momentaneo e fuggevole). Push è un’azione che sottintende il passaggio a un’attenzione selettiva verso l’esterno oltre il perimetro di sicurezza del bambino. Le fasi di Reach e Grab corrispondono al tentativo di protendersi verso il proprio obiettivo di vita, che nel bambino è l’esplorazione dell’ambiente esterno in cui trovare stimoli, mentre nell’adulto è soddisfazione della pulsione di sé (la realizzazione dell’apprendimento).
Infine, Pull è l’azione conclusiva e fondante il sé, il carattere rinnovato. Nel bambino piccolo significa appropriarsi di quello per cui si è dato da fare. Nell’adulto è il “me lo merito”. È la realizzazione dell’autoefficacia e dell’autostima, uscendo da eventuali sensi di colpa.
Alla luce di queste cinque azioni, è quindi più facile capire che se il processo non viene completato (o se le azioni vengono compiute in modo scorretto o frustrante), tutto lo sviluppo dell’individuo ne risentirà. E nasceranno quindi quei famosi “blocchi” che a livello sportivo inibiranno la capacità di miglioramento delle performances motorie. Ma che influiranno anche negativamente sulla sfera emotiva.

L’importanza del movimento in tutte le fasi della vita
“Il movimento oggi è considerato cognizione – continua Andrea Chellini -. È importante lavorare sul movimento fin da quando il bambino nasce. Se non si muove, l’apprendimento è depauperato. Oggi tanti bambini passano dal banco di scuola allo schermo della tv. La televisione ha un effetto ipnotico. Le immagini veloci riproducono sensazioni di paura sulla retina, così come i rumori forti e i colori lampeggianti. È un’attrazione fatale, a cui in parte va ascritto l’insorgere di disturbi dell’attenzione e isolamento”.
Attraverso il test delle cinque azioni, che viene effettuato in pochi minuti, è possibile individuare quali sono i punti deboli. Non solo a livello motorio, ma anche per quanto riguarda gli aspetti emotivi e l’attenzione selettiva. Andrea Chellini non effettua il test soltanto per aiutare gli atleti a migliorare le performance, ma anche per supportare i neuropsichiatri nel loro lavoro. “Un aspetto molto importante, questo – spiega Chellini -, perché il movimento non viene in genere preso in considerazione quando si tratta di diagnosticare disturbi cognitivi”.
Come viene effettuato il test? Si fa sdraiare la persona a terra (osservando come prima cosa in che modo il corpo “cede” verso il terreno), e si chiede di effettuare alcuni semplici movimenti: alzarsi, afferrare una palla, tirarla e via dicendo. In pratica si tratta esattamente delle cinque azioni che – con diverse modalità e scopi – ripetiamo fin dalla nascita. Attraverso l’osservazione, l’esperto è in grado di individuare dove sono i “blocchi”.
E poi? “Poi vengono assegnati alcuni esercizi individualizzati, da effettuare ogni giorno per 15-20 minuti – continua Andrea Chellini -. Sono esercizi che si possono fare senza problemi a casa: per esempio rotolare a terra, sollevarsi in posizione di quadrupedia, gattonare in varie direzioni… e via dicendo. Ne abbiamo messi a punto un centinaio, e a ognuno vengono insegnati quelli più indicati”.
I risultati? Non si fanno attendere. Tanto che la metodologia delle cinque azioni è stata utilizzata anche per migliorare le performances sportive di lottatori professionisti, atleti olimpionici, calciatori, oltre che nell’allenamento di reparti militari speciali. “I miglioramenti ci sono – assicura Chellini – e soprattutto c’è la consapevolezza di progredire. Quando si effettuano movimenti incompleti o sbagliati, nel corpo si genera tensione e tutta la postura si modifica. Si perde in parte la funzionalità dei glutei e dei tibiali posteriori. Se invece il gesto atletico viene eseguito con i muscoli rilassati, la performance sale di livello. Alla fine io riassumo tutto in quattro parole: bambino felice, atleta vincente”.
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