Guidereste per 10.000 miglia (miglia, non chilometri), toccando decine di Paesi, attraversando deserti e steppe, a bordo di un’utilitaria (o magari di un Ape car)? Se l’idea non vi dispiace, siete pronti a partire per il Mongol Rally. Dimenticate ogni genere di comfort: i partecipanti a questa corsa cercano solo l’avventura “dura e pura”.
Poco importa se la strada è tanto impervia, che in 15 ore riescono magari a coprire solo 20 chilometri. Le regole per partecipare a questa corsa sono poche, ma chiare. La cilindrata dell’auto, tanto per cominciare: che non deve superare gli 1.2 litri. Poi il punto di arrivo: la Mongolia. Di punti di partenza ce ne sono due: uno a Goodwood (Regno Unito) e uno nella Repubblica Ceca. Ognuno sceglie quello che preferisce. Così come è libero l’itinerario. Vince, naturalmente, chi arriva primo. Ma in genere è già un successo arrivare.
Fino a due anni fa, non si poteva viaggiare su automobili con motore superiore a 1.0 litro. Ma recentemente le autorità mongole – dal momento che poi i mezzi vengono lasciati nel Paese e i concorrenti tornano in aereo – hanno chiesto di superare il confine con veicoli di età non superiore ai 10 anni. Di qui la decisione di alzare leggermente la cilindrata, perché è difficile trovare auto recenti con motori tanto limitati. La regola dei “dieci anni” non è valida per le moto. Per cui però è fissato il limite dei 125 cc. Negli anni, infatti, a fare la parte del leone è stata la Vespa.
Il Mongol Rally non è solo una gara automobilistica, ma anche una gara di solidarietà: ogni equipaggio è tenuto infatti a raccogliere una somma di almeno 1.000 sterline per beneficenza. Soldi che verranno versati a una Charity che si occupa degli orfani e dei bambini di strada della capitale mongola, Ulaanbaatar. L’iscrizione vera e propria, invece, costa 714 sterline a team (e per team si intende un’auto oppure 2 moto, con tutte le persone che ci riescono a stare dentro).
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