“Sono Murat Pelit, abito a Stabio (Canton Ticino), faccio parte dello Swiss Paralympic Ski Team e sono un atleta di Coppa del Mondo”.
Così comincia la stringata presentazione che fa di se stesso il campione paralimpico di sci Murat Pelit. Un ragazzone dal sorriso contagioso che il prossimo 3 marzo partirà per la Corea del Sud e parteciperà alle Olimpiadi paralimpiche invernali. The North Face lo ha ospitato nel suo store milanese per un’affollatissima serata in cui Murat ha tenuto tutti a bocca aperta raccontando le sue avventure.
Avventure che non hanno a che fare soltanto con lo sport e le performance agonistiche, ma che sono soprattutto una lezione di vita. L’impresa più difficile di Murat Pelit comincia nel 2003, mentre è in forza alle truppe di salvataggio dell’esercito svizzero. Comincia nel momento in cui questo ragazzone appassionato di vita all’aria aperta e sempre pronto a dare una mano, dopo una lunga marcia comincia ad accusare un forte mal di schiena.

Una pastiglia. Murat Pelit pensa soltanto di avere un po’ esagerato con il carico dello zaino. Si rivolge al medico militare chiedendogli qualcosa per alleviare il dolore. Da lì, l’inizio di un lungo incubo: le pastiglie che non fanno effetto, il mal di schiena che aumenta, gli esami… fino alla terribile diagnosi: condrosarcoma sacrale, un tumore maligno all’osso sacro. Le cure, le operazioni, e poi nel 2006 la paraplegia che lo immobilizza su una carrozzina.
Anche se parlando di Murat Pelit il verbo “immobilizzare” è decisamente fuori luogo per uno che passa la giornata tra palestra e piste da sci. “Ho passato mesi in ospedale – racconta -. Dal letto guardavo fuori dalla finestra e vedevo le mie amate montagne. Non ho mai smesso di pensare che sarei tornato lassù. Avevo tanto tempo a disposizione per pensare. Ed è stato un po’ come scoprire un’altra dimensione. Sono maturato, sono cambiato”.
Nessuna paura
Ma si sbaglia chi crede che questa esperienza traumatica abbia reso Murat più riflessivo e chiuso in se stesso. “Ho deciso di trasformare in allegria tutta la paura che avevo chiusa nel cuore”, racconta con gli occhi che brillano. Oggi, seduto sul suo ski-bob, Murat si cimenta sui campi di gara in ben quattro discipline: slalom speciale, super G, discesa libera e snowboard. “Mi chiedete se ho paura quando mi lancio a più di 100 chilometri all’ora sulla neve? Più che paura, dolore. Perché scendendo con il mio ski-bob becco in faccia tutti i paletti. Mi sono rotto più volte il naso”. E ride. Come se il dolore fisico fosse un piccolo fastidio inevitabile.
Non solo sci
Del resto mantenere l’equilibrio e inanellare curve su una pista ghiacciata rimanendo seduti non è davvero facile. “È tutto un gioco di spalle e di fianchi, quando le gambe non collaborano”, spiega Murat. “Di recente poi ho scoperto il wakeboard, ed è uno sport che mi aiuta molto perché si impara a muovere il bacino e a bilanciarsi meglio”. Durante l’estate, invece, per allenarsi pratica il downhill. Intanto il prossimo marzo lo vedremo alle Olimpiadi di Seul, sfrecciare sulla neve con un casco molto particolare: se lo è fatto decorare a mano dai suoi quattro nipotini. “Non potrebbe esserci miglior portafortuna”.
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