Questa volta la nostra Giusi Parisi, non vedente, ha affrontato una discesa nella grotta dell’Avis, in Calabria.
Chi l’ha detto che una persona cieca non può visitare una grotta? Certo, non è un ambiente lineare e privo di ostacoli, ma ci sono tante tipologie di grotta e sicuramente molte sono visitabili in sicurezza anche da chi non vede. Anche in noi non vedenti alberga infatti l’istinto da esploratore tipico degli esseri umani, anche se a volte non è così facile metterlo alla prova.
La grotta è un ambiente che mi affascina fin da quando ero piccola. Ricordo ancora bene quando in una gita della scuola elementare abbiamo visitato le Grotte di Castellana. In quel caso si trattava di un complesso visitabile tranquillamente dai turisti e, per quanto assolutamente suggestivo, il livello di avventura non era certo pari a quello dell’esperienza che sto per raccontarvi.
Eccomi di nuovo in Calabria, nei pressi di Cosenza. Gianfranco Mazzuca dell’ASD Mazzacana Sospesa ha organizzato un’altra bella avventura. Con il gruppo speleo Cudinipuli andiamo a visitare la grotta dell’Avis, nei pressi del comune di Mendicino. A guidarci sarà Luigi Manna, presidente del gruppo, e ci accompagneranno Vincenzo e Daniele.
Recuperata tutta l’attrezzatura necessaria presso la sede del gruppo, ci dirigiamo dunque verso la grotta. Indossiamo tuta, casco e imbrago da speleo, con tutta l’attrezzatura agganciata, e ci incamminiamo lungo un breve sentiero sterrato. L’ingresso della grotta è un pozzo profondo 18 metri. Per raggiungerlo dobbiamo scendere lungo un pendio di terra e roccia abbastanza ripido. Ci assicuriamo alle corde tese fra i tronchi che ci separano dall’entrata, e iniziamo a scendere.
A causa anche della notte in bianco trascorsa in treno, mi faccio prendere dall’ansia di non riuscire a gestire il discensore. “Dai, lo sai che ce la fai tranquillamente!”, mi incita Gianfranco, “e poi non può succederti nulla, sei assicurata anche a me”. Raggiungiamo l’ingresso della grotta. Scavalchiamo il tronco che fa da balaustra naturale e… inizia la discesa verticale! La tensione svanisce e inizio a godermi la discesa. Come sempre quando entro in una grotta, mi sento avvolgere in un abbraccio della Terra.
Percorriamo tutti i tratti di corda fissati alla roccia e arriviamo sul fondo, che è parecchio sconnesso. “Ma c’è un ruscelletto qui!”, esclamo sentendo il suono dell’acqua che scorre. “Sì, viene dalla montagna vicina, è soprattutto acqua piovana”, mi spiega Gianfranco. Ci avventuriamo quindi nella prima galleria scavata dall’acqua. Le pareti sono coperte da spesso e denso fango, che al tatto sembra Pongo!
Il rumore dell’acqua diventa sempre più forte, qualche volta mi accovaccio a terra per toccarla con le mani. Cammino tranquillamente sul fondo sconnesso, tastando le pareti. Ad un certo punto, sempre accompagnati dallo scorrere dell’acqua, imbocchiamo una galleria stretta e così bassa da doverla percorrere per pochi metri a carponi. Sbuchiamo in una camera, dove mi diletto a toccare quelle che chiamo “sculture della natura”, cioè concrezioni rocciose (in questo caso a lamelle, e prive dello strato fangoso).
“Visto che te la sei cavata così bene all’andata, al ritorno passeremo per una via più avventurosa”, mi dice Luigi. Non chiedo di meglio. Procediamo scavalcando massi senza fatica e ci inerpichiamo su due scalette scavate nella roccia. Alcuni gradini non sono altro che piccoli avvallamenti dove poter appoggiare appena la punta dei piedi.
Torniamo poi nella sala di ingresso, dove ci attendono le corde con cui risalire in superficie. Vincenzo e Daniele precedono me e Gianfranco, Luigi salirà dopo di noi. Aggancio alla corda croll e maniglia, due attrezzi da speleo utili alla risalita, e si parte. Facciamo un po’ di fatica nei punti più stretti, spesso perdo la presa con i piedi puntati sulla parete per via dell’umidità e del fango, ma non smetto mai di divertirmi.
Dopo qualche minuto sbuchiamo in superficie, pronti ad affrontare il pendio di terra e roccia in salita. Con molta più agilità rispetto alla discesa, riesco ad inerpicarmi fino al punto di sgancio dalle corde. Torniamo alle macchine, dove ci togliamo l’attrezzatura e – come di consueto nelle avventure calabresi – terminiamo in gloria con l’aperitivo.
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