Io e Mirko, il mio compagno d'avventura, siamo in ritardo. Saliamo in auto guidando in stile rally verso Bielmonte: vogliamo arrivare a cena prima che chiudano la cucina. E intanto non perdiamo lo spettacolo intorno: belle quelle pareti di rododendri… che profumi… che bello… ci siamo lasciati alle spalle l’afosa Milano per andare a correre la terza edizione del Trail Oasi Zegna. Una gara con due percorsi: il trail vero e proprio da 60 km (valido come prima prova del campionato italiano skyrunning ultra) e il mini trail da 25 km. In più, il format "running" da soli 15 km.
Una volta arrivati, respiriamo un'atmosfera strana, in palestra si respira aria di meditazione, mentre al ristorante si ride e si scherza. Ma non ci si deve attardare troppo: la notte sarà molto corta a causa della partenza nelle prime ore del mattino… quello che non immaginavo è che sarebbe stata anche scomoda e rumorosa!
"Tlac!", si accendono le luci della palestra. È già ora di alzarsi? La colazione è pronta: the, caffé, biscotti, mentre arrivano gli atleti a ritirare il pettorale. Ci si prepara con la dovuta attenzione, nessun particolare deve essere dimenticato: cerotti, Compeed, vaselina, creme… tutto deve essere perfetto. Poi tutti dentro la gabbia, mentre risuonano le note di “He’s a Pirat”, ci si saluta, ci si conosce… sono le 5 del mattino e inizia già ad albeggiare: meglio, si parte senza frontale… lo speaker è pronto per il conto alla rovescia, 3, 2, 1… via!
Subito una salita secca ma breve sul pratone delle piste da sci di Bielmonte, poi inizia la prima discesa (illusione…) verso il Bocchetto Sessera, mentre il gruppo si sgrana e io come sempre mi ritrovo nelle retrovie… ma in realtà è solo per scattare meglio le foto!
Adesso inizia la vera salita. La prima verso il Monticchio, a 1700 mt di quota, poi sulla Colma Bella e la Pera Furà. Si percorre il sentiero sulla cresta, in fila indiana, silenziosi, l’aria è ancora fresca, il sole sta sorgendo dietro una leggera coltre di umidità, in lontananza. Sulla nostra sinistra scorre la valle Cervo e, in alto, si riesce a vedere, oltre la valle, una catena di cime ancora innevate. Il sentiero, sempre molto tecnico, segue la linea della costa, per poi affrontare l’ultima salita verso la Cima del Bonom, a quasi 1900 mt, dove rifiato un attimo, ho fatto molta fatica, sento che la giornata non è delle migliori.
Si scende sempre sul sentiero di cresta, verso la Bassa del Campo, per poi svoltare a destra, dove inizia una discesa ripida su pratoni, con il sentiero talvolta poco visibile. Ah già, una nota di servizio: le bandierine rosse sullo sfondo verde dei prati per i daltonici come me possono essere un problema (nota per gli organizzatori: usate le bandierine gialle!). Infatti commetto un primo errore, perdo il sentiero. Ma poi scorgo più sotto le persone che mi precedevano, e riesco a raggiungerle, forse raddrizzando uno o due tornanti. Mi conforta il fatto di aver raggiunto qualcuno, temevo di rimanere solo.
E giungiamo all’Alpe Martignaga (1375 m), al primo ristoro. Il tempo di una “comoda” sosta e poi via, prima su prato, poi bosco, con una leggera discesa molto corribile, fino a giungere al ponte tibetano, sul torrente Sessera. Qualche foto, ammiriamo le cascate, poi via. Da qui inizia una salita lieve su strada poderale fino all’Alpe Piovale a quota 1500 m, poi un sentiero di cui apprezzo molto i profumi, un po’ meno la pendenza. Passando per la Colma del Balmello (1924 m), si seguono le tracce di sentiero in cresta fino alla Cima dell’Asnas, punto più alto del percorso, a quota 2040 mt.
L’ultimo tratto è coperto da nebbia e faccio fatica a seguire le tracce. Anche nella successiva discesa, costeggiando vari nevai, bisogna stare attenti a non perdere di vista le balise e le bandierine, fino a giungere alla Bocchetta Balma delle Basse (1920 m). Da qui inizia una discesa molto tecnica, su sfasciume, sassi mobili, rami. Credo di essere ultimo, allora provo a spingere un po’ in discesa, ma circa al km 19 purtroppo mi cede la caviglia sinistra, che già prima aveva preso un paio di colpi. Il dolore stavolta è forte, provo l’appoggio ma mi rendo conto che farò poca strada. Mi applico il bendaggio e mi rassegno a camminare.
L’istinto mi porta a tratti a correre di nuovo, ma la caviglia non me lo permette: per cui rientro nei ranghi. Raggiungo un altro concorrente, Daniele, che ha sofferto di stomaco e ha crisi di equilibrio, e decidiamo di camminare insieme fino al primo ristoro. Scendiamo fino all’attraversamento del torrente Dolca, per poi risalire sull’altro versante fino all’Alpe Peccia, al km 25, dove finiamo la nostra avventura.
Peccato non aver potuto percorrere il resto del Trail, quello che passa su tratti dell’itinerario dolciniano, la Cima d’Ometto, la Bondaia, il Ponte Barbiera, il Bocchetto Stavello… e infine ricevere l’applauso all’arrivo sul piazzale di Bielmonte. Però la parte che ho potuto percorrere me la sono gustata. L’ambiente, il sentiero, i panorami, i colori, i suoni, i profumi: stupendo.
Organizzare un trail come questo, 60km in un ambiente completamente selvaggio, lontanissimo da strade e comodità, credo sia stato veramente molto difficile. Per questo dedico un grazie speciale agli organizzatori: Fulvio, Andrea, e tutta la loro squadra. Certo, mi rimane la voglia di riprovarci: ma la prossima volta arriverò al traguardo, sulle mie gambe e non sulla jeep. Promesso!
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