A 70 anni dalla conquista italiana della seconda montagna più alta del mondo, il CAI ha organizzato una spedizione commemorativa tutta speciale: otto alpiniste saliranno in vetta al K2 il prossimo luglio.
Era il 31 luglio 1954 quando Achille Compagnoni e Lino Lacedelli conquistarono la vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo. Patrocinata dal CAI (Club Alpino Italiano), dal CNR, dall’Istituto Geografico Militare e dallo Stato Italiano, la spedizione fu guidata dallo scienziato Ardito Desio. La “prima volta” sul K2 segnò una tappa fondamentale nella storia dell’alpinismo internazionale, e rappresenta ancora oggi uno dei fiori all’occhiello dell’Italia.
Adesso, a 70 anni di distanza, il CAI si rimette in gioco. Ma con una formula decisamente particolare: un’ascesa tutta al femminile lungo lo Sperone degli Abruzzi. Protagoniste quattro alpiniste italiane e quattro alpiniste pakistane. Accompagnate da un medico (anche in questo caso donna) specializzato in medicina di montagna.
Questa avventura, che prenderà il via la prossima estate, secondo i progetti dovrebbe portare in vetta il team un paio di giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi a Parigi. Quindi il 24 o al massimo il 25 luglio. “Settant’anni fa la spedizione guidata da Desio aveva avuto una risonanza internazionale pazzesca – ha ricordato Antonio Montani, presidente del CAI -. Adesso facciamo il bis, ma vogliamo andare oltre l’esperienza alpinistica. Il primo obiettivo è naturalmente dimostrare quanto le donne possono essere brave e tecnicamente preparate. Poi collaboreremo al progetto di ricerca Ice Memory, ed effettueremo dei carotaggi degli strati di ghiaccio. Ancora: questa spedizione sarà l’occasione per condurre uno studio approfondito sugli effetti dell’altissima quota sull’organismo femminile. Argomento di cui si sa ancora poco o nulla”.
Già, perché ad oggi esistono studi di questo genere relativi soltanto all’universo maschile. Le otto alpiniste che sfideranno il K2 (le italiane Cristina Piolini, Silvia Loreggian, Federica Mingolla, Anna Torretta, e le pakistane Samina Baig, Nadeem Sahar, Samana Rahim, Amina Bano) inizieranno il loro “cammino di avvicinamento” alla montagna con un soggiorno a Bolzano.
Otto alpiniste in vetta al K2, l’avventura inizia a Bolzano
È qui che si trova infatti Eurac, un centro di ricerca privato, specializzato in problematiche legate all’ambiente, alla salute, all’energia. Eurac è anche l’unica sede italiana dell’Università delle Nazioni Unite (UNU). Qui è stato allestito un laboratorio in cui vengono simulate le condizioni di vita in alta quota. “Le nostre atlete sperimenteranno gli effetti di un soggiorno a 5.000 metri di altezza, esattamente come se si trovassero al campo base – ha spiegato Lorenza Pratali, il medico che accompagnerà il team di sportive -. E anche al ritorno dal K2, verranno effettuate nuove indagini. È la prima volta che abbiamo la possibilità di effettuare uno studio del genere su un campione così numeroso di donne”.
La prima donna a mettere piede sul K2, nel 1986, era stata l’alpinista polacca Wanda Rutkiewicz. Un’impresa che le riuscì senza bombole d’ossigeno, ma con un prezzo molto alto da pagare: perché su quella che è considerata la più “maschilista” delle montagne, a causa di una tempesta perse la vita durante la discesa Liliane Barrard, scalatrice francese che era salita insieme a Wanda e aveva raggiunto la vetta mezz’ora dopo di lei. Così come morì sopraffatta dallo sfinimento Julie Tullis, che raggiunse la cima poche settimane dopo la polacca. Fu quella un’estate terribile, in cui il K2 si portò via ben 13 alpinisti.
Nello stesso periodo si trovava lassù, con un team italiano, anche Agostino Dapolenza. Che adesso a questa impresa organizzata dal CAI e battezzata K2-70 parteciperà come capo spedizione. Proprio come Ardito Desio nel ’54. “Sarò commissario tecnico, ma mi occuperò anche di seguire la parte scientifica“, ha raccontato Dapolenza. Che alla fine degli anni ’80 ha fondato il Comitato Ev-K2-CNR (di cui è ancora oggi presidente). Si tratta di un progetto di ricerca scientifica, tecnologica e di cooperazione in Himalaya, Karakorum e Hindu Kush. Un progetto il cui “cuore” è il Laboratorio-Osservatorio Internazionale Piramide, intitolato ad Ardito Desio e collocato sopra i 5.000 metri di quota, nella regione nepalese del campo base dell’Everest.
Tra le otto ragazze che affronteranno la scalata, però, soltanto due possono dirsi esperte di Ottomila. Vale a dire la pakistana Samina Baig, che già nel 2022 ha conquistato la vetta del K2 (e ha raggiunto anche l’Everest e le Seven Summits), e l’italiana Cristina Piolini, che ha scalato nel 2005 lo Shisha Pangma (8.027 metri) senza sherpa e senza ossigeno, e lo ha ridisceso con gli sci. Proprio su di loro presumibilmente puntano gli organizzatori per il raggiungimento dell’obiettivo. Tra le più forti del team anche Anna Torretta, che non ha mai superato i 7.000 metri ma è campionessa di arrampicata su ghiaccio.
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