Da quelle parti, nella Svizzera francese, la chiamano “une escapade”: una piccola fuga di qualche giorno, per sfuggire dalla routine e – nel mio caso – per rimettere in moto le gambe e i pedali in attesa del prossimo lungo viaggio in bici.
È quello che ho fatto, per quattro giorni a cavallo del ponte del 25 aprile, insieme alle amiche Annita (storica compagna di avventure) e Betta. Circa 220 chilometri da Briga a Ginevra, seguendo prima il corso del Rodano e poi le rive del Lago Lemano; la cronaca dell’intero viaggio la trovate sul blog Secelhofattaio , insieme a vari dettagli sulla nostra (bellissima) esperienza.
Quello che vi voglio raccontare qui, invece, sono una serie di scoperte inaspettate che ho fatto attraversando un pezzetto di Svizzera su due ruote.
1 ) La Svizzera non è solo montagne
Non ho problemi ad ammetterlo: non sono affatto un’atleta. Con una decina di chili di borse appese alla bici, anche la salita di un ponte sull’autostrada mi lascia abbastanza provata. Per questo motivo, confesso di non avere finora mai preso in considerazione la Svizzera come possibile destinazione di viaggio cicloturistico: troppe montagne, troppi passi, troppi saliscendi da ciclisti muscolosi e possenti.
Niente di più sbagliato: quello che ho scoperto è che la Svizzera offre (anche) moltissimi itinerari pianeggianti, che possono essere percorsi con facilità e in tutto relax. Noi abbiamo seguito il corso del Rodano lungo l’omonima ciclovia, saltando le prime due tappe che sono quelle più “alpine” (la partenza è da Andermatt) e fisicamente più impegnative. Ma basta dare un’occhiata a questo sito per vedere che gli itinerari possibili sono molti. E su alcuni ci sto già facendo un pensierino…
2) I tracciati Eurovelo sono pensati per le lunghe distanze
Per chi non lo sapesse, Eurovelo è una rete europea di itinerari cicloturistici che collega in lungo e in largo, attraverso migliaia di chilometri, l’intero continente: in molti casi questi itinerari coincidono e si sovrappongono a note ciclovie nazionali, come per esempio il cammino di Santiago, la Via Francigena o la ciclovia Romea.
Nel nostro caso, a sovrapporsi erano per l’appunto la ciclovia del Rodano, un pezzo di Via Francigena (da Martigny a Losanna, anche se in senso inverso) e l’Eurovelo 17, di cui abbiamo seguito la segnaletica. Accorgendoci però di una particolarità: evidentemente questi tracciati sono pensati per percorrere tanti ma tanti chilometri, ottimizzando il risultato: questo significa che quando si arriva a un paese o a una città, il percorso scivola attraverso periferie, zone periferiche e aree industriali, evitando accuratamente il centro. Che invece, soprattutto per chi arriva in bici, è la cosa più bella e interessante, anche se magari fa “perdere” qualche minuto in più.
Il consiglio, quindi, quando si arriva nei pressi di una cittadina o di un paesino dall’aria interessante, è di ignorare provvisoriamente le indicazioni ufficiali e di prendere la direzione del centro, recuperando poi il percorso dalla parte opposta (non è difficile, giuro!)
3) Gli svizzeri sono rispettosissimi dei ciclisti
Come dicevo, l’Eurovelo procede per linee rette, o quasi. Il che significa anche che, quando l’alternativa è un po’ tortuosa, preferisce spedirti sulla cantonale anziché perdere tempo con troppi zig zag. Cosa che avviene soprattutto quando si raggiunge il lago di Ginevra, dopo Montreux, dove (incredibilmente) non esiste un lungolago continuo ma una serie di spezzoni non collegati tra loro.
Un peccato dal punto di vista paesaggistico, ma non un grosso problema dal punto di vista della ciclabilità: praticamente tutte le strade elvetiche sono dotate di una corsia laterale per i ciclisti, sufficientemente larga e sopratutto (al contrario che in Italia) religiosamente rispettata dai conducenti, che nel superare lasciano sempre uno spazio sufficiente e rassicurante. Un rispetto che è comunque generalizzato: in città, nelle rotonde, agli incroci il ciclista di norma viene lasciato passare con attenzione e cortesia. Cosa che per noi, abituate alla legge del più forte, risultava inizialmente sorprendente e piuttosto destabilizzante.

4) La Svizzera è cara, ma non troppo
Che i prezzi siano alti, è vero: in Svizzera tutto – o quasi – costa più che da noi. È anche vero, però, che con un po’ di attenzione si possono sviluppare “tecniche di sopravvivenza” che permettono di mantenere la spesa complessiva su livelli accettabili.
Per esempio facendo largo ricorso ai picnic a ora di pranzo (si trovano parecchie aree attrezzate con tavoli e panche, puliti e confortevoli), andando a fare un po’ di spesa al super; la catena Denner è un discount particolarmente conveniente. Per dormire, una buona soluzione si è rivelata Airbnb: certo, bisogna prenotare in anticipo, ma soprattutto se si è un piccolo gruppo (3 o 4 persone) si possono trovare interi appartamenti, anche per una sola notte, a prezzi assolutamente ragionevoli.
5) La Svizzera non è affatto “noiosa”
Ok, ci sono i prati in fiore, le mucche e i villaggi talmente curati e perfetti da sembrare finti. Ma ci sono anche moltissime altre cose da vedere, e molto diverse tra loro: centri moderni e dinamici come Ginevra (lo sapevate che è l’unica città dove risiede almeno una persona per ciascuno dei Paesi riconosciuti di tutto il mondo?); una quantità di castelli e palazzi antichi; una vita culturale ricchissima e vivace.
A Martigny, solo per fare un esempio, abbiamo visitato la Fondazione Gianadda, che in questo periodo ha allestito una bellissima mostra su Tolouse-Lautrec, e che ha un fantastico giardino popolato da sculture di grandi artisti contemporanei: un posto magico, che vale una visita anche se di arte non ne capite molto e non ve ne frega granché.
6) Arrivare in Svizzera in treno con la bici è più facile del previsto
È molto meglio prenotare, per non rischiare che i posti-bici a disposizione siano già esauriti. Ma per quanto riguarda la nostra esperienza, si è rivelata decisamente positiva: siamo partite da Milano Centrale caricando le nostre bici completamente montate su un treno che ci ha scaricate a Briga. E al ritorno, sempre con le bici montate, siamo salite alla stazione di Ginevra, abbiamo sistemato le nostre due ruote nell’apposito bagagliaio con ganci e supporti ad hoc e abbiamo viaggiato in tutta tranquillità (unica precauzione, un lucchetto: vero che in Svizzera non rubano, ma insomma…).
Ci sono parecchi treni al giorno su questa linea, l’unico accorgimento è verificare quali di questi – molti, ma non tutti – accettano le bici al seguito. Le stazioni sono attrezzate con scivoli e (a Ginevra) ascensori per i sottopassi, quindi non c’è bisogno di cammellarsi l’attrezzatura su e giù per scalini e gradinate…insomma, un trasferimento davvero “facile” e tutto sommato veloce.
7) Il verde della Svizzera è straordinario
Nessuno ne parla, ma è un dato di fatto: i veri monumenti della Svizzera appartengono al regno vegetale. Nel nostro viaggio abbiamo visto alberi imponenti, veri e propri “punti fermi” del panorama naturale circostante; pioppi alti decine di metri addobbati di cespugli di vischio; giardini curati al limite del maniacale; esposizioni floreali (quella dei tulipani, a Morges) dai colori mozzafiato. Un elemento, quello del “verde”, che ti accompagna per tutto il percorso è che non smette mai di sorprenderti.
8) I vini svizzeri sono ottimi
C’entra con un viaggio in bici? Certo che sì: perché se dopo aver pedalato tutto il giorno ti trovi davanti un bicchiere di buon vino, la serata prende un aspetto anche migliore. Tutta la valle del Rodano, in questo tratto, è fiancheggiata da vigneti (in certi punti, quando si arriva al lago, assomiglia un po’ alla Liguria), e lungo la strada si incontrano “caves” di ogni dimensione. I risultati si vedono: se vi capita, assaggiate un bicchiere di Fendant, un bianco della zona di Martigny davvero eccellente.
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