La storia di Paolo Cazzaro, l’atleta che non riesce a ottenere il via libera per tentare di battere il record del mondo di paraciclismo su pista.
Tra i tanti ori conquistati quest’anno dall’Italia alle Olimpiadi, ce n’è uno che ha avuto tra l’altro il merito di accendere i riflettori su uno sport dimenticato: il ciclismo su pista. Il mitico quartetto Milan-Lamon-Ganna-Consonni ha sbaragliato in finale la squadra danese e ha pure registrato il nuovo record del mondo.
Ma tra tutti gli entusiasti, c’era qualcuno che con la Federazione Ciclistica Italiana (FCI) aveva un conto aperto. Quel qualcuno è Paolo Cazzaro. Vi avevamo raccontato qualche mese fa la sua storia: Paolo in seguito a un incidente di moto aveva riportato gravi danni neurologici. Una discesa nell’abisso del dolore e della depressione. Poi la risalita, lenta, con tanta forza di volontà, grazie allo sport. E ancora, l’incontro con Alex Zanardi e l’idea di cimentarsi nell’attività sportiva paralimpica.
Fino al grande sogno: battere il record del mondo di paraciclismo su pista categoria Mc4. E qui ci vuole una spiegazione, perché non tutti sanno che gli atleti disabili gareggiano all’interno della propria categoria di appartenenza. Questa viene determinata attraverso un processo che può includere valutazioni e osservazioni sia fisiche che tecniche. Le classi sono definite per ogni sport. A Paolo Cazzaro, appunto, è stata assegnata la categoria Mc4, la penultima: che comprende atleti con problemi non eccessivamente invalidanti (più basso è il numero, maggiore è l’handicap).
“Si tratta di un processo completamente vecchio e datato, che andrebbe rivisto in funzione sia delle nuove tecnologie di acquisizione dei dati psicofisici e fisiologici, sia dell’inclusione di molte patologie invalidanti come la mia ma per la quale non c’è un riscontro oggettivo”, commenta Paolo Cazzaro.
Un sogno infranto
In ogni caso, la grande occasione per riuscire a “studiare” e battere il record mondiale era arrivata alla fine dello scorso anno. Partecipando ai Beat Yesterday Awards di Garmin, Paolo si era visto selezionare tra i progetti vincitori e gli era stato assegnato un tutor d’eccezione per gli allenamenti: niente meno che Davide Cassani, commissario tecnico della Nazionale (che per altro dopo le Olimpiadi ha avuto le sue belle gatte da pelare).
Tutto sembrava filare a meraviglia, insomma. Anche perché Paolo Cazzaro in allenamento era riuscito a superare più di una volta la soglia record dei 42,700 km. Ma il suo sogno si è infranto.

“La FCI, su indicazione del commissario tecnico della nazionale di paraciclismo, non mi ha permesso la classificazione internazionale al Campionato del Mondo di Cascais, nonostante avessi una convocazione ufficiale firmata dal responsabile del settore dell’UCI, pregiudicando così il mio World Hour Record per il 2021”, racconta Paolo. Che aggiunge senza mezzi termini: “Il mondo dello sport paralimpico naviga in acque oscure e insidiose, dove lontano dagli allori delle categorie élite si intrecciano trame poco chiare, e dove il fine ultimo condiviso tra atleti e federazione è lontano dal sogno sportivo. È un mondo chiuso, governato da regole non scritte, e in cui le competizioni sono vinte lontano dai campi di gara. I campioni vengono creati a tavolino, e le categorie di disabilità sono spesso assegnate per facilitare l’uno o l’altro. Il giorno che mi sono piazzato quinto al Campionato Italiano, mi si è avvicinato un medico sportivo e mi ha sibilato all’orecchio che avrei fatto meglio a non esagerare e a restare al mio posto”.
Parole durissime. Fatto sta che la FCI, impedendo a Paolo di partecipare al Campionato di Cascais, gli ha di fatto tolto la possibilità di conquistare quella sorta di “patentino” necessario per tentare il record dell’ora in pista. Perché? Cazzaro azzarda un’ipotesi: “Gareggiando a quel Campionato, e magari vincendolo, avrei potuto mettere a rischio la partecipazione olimpica di qualche altro atleta gradito ai vertici sportivi. Una storia assurda. Ma c’è persino chi mi ha accusato di essere un falso invalido”.
Del resto c’è poco da stupirsi. Alle Paralimpiadi di Sidney 2000 la squadra di basket maschile aveva stravinto i tornei riservati agli atleti con disabilità mentali. Salvo poi vedersi togliere le medaglie, quando si era scoperto che solo due componenti della squadra erano effettivamente disabili: tutti gli altri erano normodotati.
La lunga battaglia di Paolo Cazzaro
In ogni caso Paolo Cazzaro è uno che non si arrende e che non subisce in silenzio le ingiustizie. Ha cercato di far sentire la sua voce chiedendo aiuto anche alla Garmin, che lo aveva selezionato proprio per accompagnarlo nella realizzazione del suo grande sogno. Niente. “Il mondo della disabilità è funzionale al marketing aziendale, serve per piacere al grande pubblico, per mettere in risalto il lato politically correct di un’azienda e soprattutto l’apertura verso l’inclusività sociale – si infervora Paolo -. In realtà degli handicappati – perchè cosi ci chiamiamo, e così veniamo definiti sulle schede dell’Aussl e dell’INPS – non frega a nessuno. La mia ricerca fondi per il record dell’ora mondiale ne è il risultato. Ho ottenuto solo piccole regalie. Le persone non hanno chiaro in testa che per fare un record dell’ora mi alleno quasi come un ciclista professionista: 17.000 km in un anno. Il resto sono tutte fake stories create per portare voti alle federazioni, aumentare i like sui social, vendere prodotti”.
Paolo, però, non ha rinunciato. Nonostante la delusione, il dolore fisico che non gli dà tregua, la rabbia. Il prossimo 1° maggio a Ostenda, in Belgio, vuole riprovarci. “Lì potrò ottenere la classificazione ufficiale per tentare il record dell’ora, che poi dovrei giocarmi il mese successivo – racconta -. L’UCI deve darmi l’ok e rendere disponibile un velodromo”.
Il tentativo di record dell’ora è una prestazione che non vede la partecipazione di altri atleti. In pista ce n’è solo uno a correre, sotto lo sguardo attento di giudici, cronometristi e delegati UCI. Nell’attesa, Cazzaro esce tutti i giorni a pedalare sulle strade dei Colli Berici. E una volta alla settimana scende in pista per rifinire l’allenamento. Avranno il coraggio di fermarlo un’altra volta?
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