Il curriculum di Carla Perrotti è di quelli che fanno rabbrividire: ex atleta (adesso ha passato i 60 anni), nel ’91 ha attraversato da sola il deserto del Téneré al seguito di una carovana di Tuareg; nel ’94, entrata nel team No Limits di Sector, ha percorso in solitaria il Salar de Uyuni in Bolivia, il più vasto bacino salato della terra; due anni dopo, è stata la volta del deserto del Kalahari, in Botswana; nel ’98 tocca al Taklimakan, in Cina; e dopo ha concluso la traversata del Simpson Desert, in Australia, 600 chilometri in 24 giorni.
Un vero lavoro. Perché per portare a termine un’impresa del genere, non si può improvvisare. Ci vogliono mesi e mesi di preparazione. E infatti: le giornate di Carla Perrotti sono scandite da sedute di ginnastica, corse, palestra, diete studiate su misura. Quando le chiedono perché si avventura in posti desolati mettendo addirittura a rischio la sua vita, Carla risponde senza scomporsi: «I deserti sono ambienti naturali incredibili, sterili e aridi, e per questo lasciano spazio a grandi emozioni».
Quelle emozioni che poi, una volta tornata a casa, Carla Perrotti riporta fedelmente nei libri che scrive, negli articoli di giornale, nei servizi televisivi che prepara insieme al marito Oscar (che fa il medico, ma è anche cineoperatore e fotografo ufficiale della moglie).
Gli sponsor? Non sono mai mancati: da Columbia Sportswear Company a Ferrino (produttore di tende e zaini), da Focus Himalaya Travel (viaggi) a Garmin (strumentazione tecnica). Ma addirittura l’Università di Milano appoggia questa signora che ogni tanto saluta il figlio, i parenti, gli amici e si avventura nei posti più sperduti del mondo.
«Una donna di questa età, che compie simili imprese, è un caso da studiare», dice infatti Arsenio Veicsteinas, direttore dell’Iefsas (istituto di esercizio fisico, salute e attività sportiva) della facoltà di scienze motorie. «A molte donne di età analoga, basta portare i pacchi della spesa per avere problemi cardio-respiratori».
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