Marco e Sergio Dalla Longa, come è facile presumere, erano due ottimi alpinisti bergamaschi, già membri del Club Alpino Accademico Italiano, entrambi vittime di incidenti sull’Himalaya: il primo nel 2005 affrontando l’inviolata est del Nanda Devi, il secondo nel 2007 quando morì a pochi metri alla cima del Dhaulagiri.
In loro memoria, da sette anni a questa parte, il CAI di Bergamo e di Nembro, il Gruppo Alpinistico Nembrese ed il Club Alpino Accademico Italiano, nell’ambito del Premio Dalla Longa vagliano, presentano ed infine premiano le imprese alpinistiche più importanti portate a termine da scalatori bergamaschi.
I premi in palio erano tre. Il più importante era ovviamente quello alla memoria dei fratelli Dalla Longa, un secondo premio è stato assegnato dal pubblico e un terzo premiava la più giovane promessa dell’alpinismo orobico (quest’anno è stato assegnato a Maurizio Tasca).
Sul palco dell’auditorium, attrezzato per l’occasione con una tenda e bidoni da spedizione, sono passati di volta in volta i protagonisti delle sette imprese considerate meritevoli di premiazione. Dopo una breve intervista condotta da Paolo Cattaneo – speaker dei più grandi eventi d’arrampicata in ambito nazionale – è stato proiettato un reportage fotografico che ha documentato le diverse ascese. Eccole.
La salita di Francesco Beni e Mauro Gibellini sulla sud del Pilone Centrale del Freney, via classica: una parete davvero complessa e stressante mentalmente e fisicamente, per la difficoltà e l’esposizione ma anche per il fattore meteo. Nel 1961 un tentativo fallito guidato da Bonatti costò la vita a quattro elementi del gruppo (il Pilone venne vinto solo il mese successivo).
Seconda nomination per una via costata anni di sforzo sulla nord della Cima di Fop, nelle alpi Prealpi Bergamasche. Qui Cristian Trovesi, Bruno Dossi e Michele Confalonieri hanno aperto “Filo d’Arianna”: 900 metri di sviluppo conquistati grazie anche ad un centinaio di chiodi artigianali, fatti a mano, grazie ai quali hanno superato passaggi di difficoltà “Craa” (termine da loro coniato e dall’ironico significato: “ci riesco appena appena”). Ascesa che si è conquistata il premio assegnato dal pubblico.
La terza scalata selezionata aveva come scenario le Dolomiti bellunesi, dove Tito Arosio e Luca Vallata hanno aperto, sulla nord del Monte Agner, “Lì-cuore”: 1200 metri di sviluppo, due mesi di fatica e passaggi di 20 metri costati anche 6 ore di sudore.
Si è poi passati al granito del gruppo dell’Adamello per ammirare sullo schermo “I sogni di Baku”, la nuova via sulla sud del Corno di Gioià che Gianni Tomasoni e Sibilla Bariani hanno affrontato come una vera spedizione, allestendo il campo avanzato con la propria tenda ed il materiale necessario, ai piedi della parete.
Brescia quindi e puoi nuovamente la provincia di Bergamo, sulla regina delle Orobie: Presolana Occidentale, parete sud, sulla quale Daniele Natali e Stefano Codazzi hanno liberato “Dall’alba al tramonto”: 8 ore di lavoro in 6 tiri (6b e 6 c+ 230 metri ) inventandosi, su una parete già affollata di vie, una nuova traiettoria nata semplicemente inclinando la testa e guardando la roccia con occhi nuovi.
È stata invece la cornice del Monte Bianco ad aver accolto l’impresa vincitrice del Premio Dalla Longa: si è trattato della prima ripetizione compiuta da Mauro Gibellini, Giulia Venturelli e Tito Arosio sulla est delle Grand Jorasses, della “Groucho Marx” : dopo l’apertura del 1983, infatti, nessuno l’aveva più affrontata. Ed è anche per questo che c’erano pochissime informazioni a riguardo: solo qualche schizzo poco dettagliato e approssimativo.
L’ultima candidatura ha raccontato, infine, la ripetizione di Atlantis sul Blåmann Wall in Norvegia, portata a termine da Diego Pezzoli con la complicità di due scalatori russi: 400 m affrontati in arrampicata artificiale con difficoltà A1+/A2.
L’edizione di quest’anno ha confermato che il “Premio Alpinistico Dalla Longa” è divenuto ormai una concreta e bellissima occasione per ricordare e omaggiare lo spirito di avventura che contraddistingueva i due fratelli bergamaschi, ma anche un momento d’incontro e confronto, stimolo e spunto, volto a cercare nuove salite e nuove imprese.
Sette le ascese presentate, tutte differenti e particolari, accomunate però da due fattori: l’immagine del tramonto, scattata dalle diverse cime (che è capolavoro e rappresenta la ricompensa della fatica e della costanza degli alpinisti) e il concetto di “sogno” (questa la parola più ripetuta nella serata) che tutti gli scalatori hanno inseguito e realizzato con i loro sforzi. Insomma: realizzare un sogno ricevendo in dono un tramonto. Questa la lezione della montagna, introvabile nei libri e impossibile a scuola.
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