Pazza idea. Di pedalare per oltre mille chilometri, da Aosta a Roma, lungo l’antica Via Francigena. Senza preparazione, senza scorta, e con una discreta dose di anni sulle spalle. Ora l’impresa (perchè tale va definita, nonostante le protagoniste si schermiscano) di Monica Nanetti e Annita Casolo è diventata anche un libro. Spassosissimo.
Se ce l’ho fatta io non è solo un mantra scaramantico. Ormai è diventata una filosofia di vita, come ha ben sottolineato Lorenza Bernardi presentando a Milano il libro – appunto – Se ce l’ho fatta io, scritto da Monica Nanetti e pubblicato da Ultra Sport (14,00 euro). Lorenza è una specie di “mostro sacro” in fatto di sport: per sette anni atleta di punta della nazionale di Karate, pratica oggi trail e triathlon a livello agonistico, e il suo medagliere (ricchissimo) comprende gare considerate veramente temibili dai comuni mortali.
Comuni mortali, appunto, come si reputano Monica e Annita (la prima classe 1961, la seconda 1959). La quarta di copertina del libro scritto da Monica la dice lunga: “Nessun curriculum sportivo, scarsissima preparazione atletica e la velleitaria decisione di compiere un lungo viaggio in bicicletta. Tra imprevisti, intoppi e infortuni, le due improvvisate cicliste partono così per la via Francigena lungo i 1.000 chilometri che separano Aosta da Roma, senza obiettivi di tempo, senza supporti, senza programmi, semplicemente assaporando il gusto della vita randagia e dell’assoluta libertà”.
Un momento della presentazione del libro, al Gogol Ostello di Milano
Eppure persino Lorenza Bernardi è stata conquistata dalla filosofia del “Se ce l’ho fatta io“. “Perchè proprio di una filosofia si tratta – ha detto presentando l’autrice nel corso di una serata al Gogol Ostello di Milano -. Niente record, nulla da dimostrare. Quello che si fa, lo si fa solo per se stessi, con allegria e ottimismo. Secondo i cosiddetti insegnamenti delle nonne, pillole di saggezza popolare: vada come vada, chi vivrà vedrà, sbagliando s’impara, ecc. ecc.”.
“Ottimismo sì, ma ai limiti dell’incoscienza”, ha puntualizzato Monica Nanetti ricordando di essere partita senza nemmeno sapere come si cambia una camera d’aria. E praticamente senza allenamento, dal momento che un mese prima del grande giorno si era fratturata un polso (investita su una ciclabile in pieno centro a Milano).

Ecco allora un diario di viaggio decisamente diverso da quelli tradizionali. A cominciare dal racconto delle fasi della preparazione e dalla lista degli oggetti da portare con sè (che comprendeva anche una “borsetta in tela per la sera”). E poi via, lungo quei mille chilometri che hanno visto le nostre eroine alle prese con la quotidiana caccia all’aperitivo serale e con una serie di avventure culminate nel restare chiuse di notte all’interno di una cripta a Sutri.
“Preoccupate? Nemmeno per sogno! – commenta Giovanni (del trio Aldo, Giovanni e Giacomo), che incidentalmente è anche il marito di Annita -. Una sera telefono per sapere come va, e dopo vari tentativi finalmente mi rispondono sbellicandosi dalle risate. Non si erano accorte che era arrivato l’orario di chiusura, e il custode della chiesa aveva sbarrato i portoni. Amen!”.
“Giovanni, ma cosa ne pensi di queste audaci iniziative?”, lo ha stuzzicato Lorenza. E lui: “Beh, io ero tranquillo. Certo, dopo avere chiamato l’assicuratore… Queste ragazze sono dotate di una positività scellerata. Ma che le rende capaci di fare grandi cose”.
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