Classe 1986, Silvia Bertagna è stata una delle prime donne campionesse di freestyle. In questa intervista ci racconta come ha cominciato.
A pochi mesi dall’annunciato ritiro dalle gare internazionali, abbiamo incontrato Silvia Bertagna e ci siamo fatti raccontare la sua avventura agonistica. Silvia Bertagna è stata una stupenda interprete di performance nel Freestyle (Big Air e Slopestyle), ha raccolto innumerevoli successi in Coppa del Mondo culminati nel 2018 in un anno da favola.
– Come sei approdata al Freestyle, disciplina non molto frequentata all’inizio della tua carriera dalle ragazze?
“Sono approdata al freestyle un po’ per caso. Ho sempre sciato, sono cresciuta in val Gardena, dove sciare è la prima cosa che impari da bambina, ma non sono mai riuscita ad appassionarmi al mondo dello sci alpino. Ho poi scelto il pattinaggio artistico, dove per molti anni ho trovato la mia casa. In età adolescenziale, quando lo sport diventa impegnativo da conciliare con la scuola, ho deciso di smettere. E il tempo libero nuovamente acquisito mi ha riportato sulle piste da sci. Però invece che tra i pali, mi sono ritrovata con gli sci a doppia punta a provare con i miei amici i truck che vedevamo nei video”.
– Cosa ti ha spinto in questo magico mondo, forse anche un pò pericoloso?
“L’approccio appunto è stato molto casuale. L’ho fatto per divertimento. Poi ho capito che mi piaceva molto, mi riusciva anche facile fare le rotazioni…merito del pattinaggio. E così piano piano questo gioco si è trasformato in una passione. Il mondo del freestyle mi ha sempre dato una sensazione di libertà. Anche se poi in gara ci sono regole da seguire, l’atleta ha sempre la possibilità di scegliere come interpretare lo snowpark. Questo è l’ aspetto che più mi piace”.
– L’ intraprendenza ha avuto una parte fondamentale nella tua carriera agonistica e nei risultati ottenuti?
“ Sicuramente la mia intraprendenza mi ha aiutato ad iniziare e ad arrivare ad un certo livello. Ho iniziato tutto da sola, e più volte mi sono organizzata per andare a fare gare o allenamenti. Poi per fortuna ho avuto l’appoggio della Federazione, che mi ha aiutato ad arrivare ai risultati che sono riuscita a conquistare”.
– Oggi il freestyle è un ambito sportivo molto frequentato, ma quando tu hai iniziato non lo era…
“Quando ho iniziato, questa disciplina in Italia era appena nata. Non c’erano sci club, allenatori e squadre con cui allenarsi. In tanti posti non c’erano nemmeno le strutture per praticare questo sport. Bisognava spostarsi per riuscire ad andare avanti. Poi sono state organizzate le prime gare, i comprensori sciistici hanno iniziato a costruire gli snowpark, hanno iniziato ad esserci piccoli gruppi di ragazzi che si allenavano nelle varie località, e il movimento ha iniziato a crescere. È stato molto bello far parte di questa crescita, per poi arrivare alla sua massima espressione, quello che il freeski è adesso: uno sport ad altissimo livello”.
– Ha giocato un ruolo fondamentale il fatto di vivere ad Ortisei, paradiso dello sci in tutte le sue varie forme?
“Assolutamente vivere in montagna ha aiutato. Come detto, ho imparato a sciare bene, che è la base per il freeski. Inoltre in Alto Adige si sono formati i primi gruppi di freeskier e all’Alpe di Siusi, la mia montagna di casa, c’è uno dei primi e migliori snowpark d’Europa. Quindi sì, decisamente ero nel posto giusto!”.
– Che cosa facevi tuoi momenti liberi da impegni e da gare internazionali?
“Ho iniziato la mia carriera agonistica molto tardi. Alla mia prima Coppa del mondo avevo già 27 anni, avevo un lavoro e una vita normale, se così possiamo chiamarla. Poi ho cominciato a girare il mondo per sciare, ma sono sempre rimasta fedele alle origini. Nei periodi di pausa o quando non avevo gare, ho sempre dato una mano in negozio mia madre. Era una sorta di diversivo che mi aiutava a staccare la mente e riordinare i pensieri, per poi tornare concentrata e motivata alla gara successiva”.
– E adesso com’è la tua vita? E quali sono i tuoi programmi?
“Adesso al contrario passo in negozio gran parte del tempo, e ogni tanto scappo per una sciata. Ho però sempre desiderato rimanere in qualche modo nell’ambiente del freeski, per aiutare le nuove generazioni ad avverare i propri sogni. Per questo ora sto coordinando le sezioni di freeski e snowboard freestyle del Comitato Alto Adige. Questo nuovo compito mi sta dando grandi soddisfazioni, adoro lavorare con i giovani, rivedere in loro quella voglia di migliorare e crescere che ha portato anche me ai massimi livelli. Mi piace poterli consigliare, raccontare le mie esperienze. Ed è anche molto interessante vivere lo sport dal punto di vista organizzativo. Questo mi ha fatto capire tante delle scelte e delle decisioni che prima, quando ero atleta, non condividevo o non riuscivo a comprendere”.
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