Siete oppressi dalle cure parentali e non riuscite più a fare sport? È tutta questione di adattamento…
C’è un tempo della vita in cui le giornate trascorrono più o meno spensierate. Quando i figli sono cresciuti e i genitori sono ancora autosufficienti, ci si possono ritagliare ore da dedicare al proprio benessere e alle attività outdoor preferite. Weekend di trekking, partecipazione a competizioni amatoriali, settimane bianche, allenamenti di atletica… Una meravigliosa bolla temporale che dura una manciata di anni. Poi, all’improvviso, la catastrofe.
Già, perché in un battito di ciglia ti ritrovi con i figli cresciuti al punto da averti regalato qualche nipote. E con i genitori che richiedono cure assidue. La tua vita diventa una specie di lotta per la sopravvivenza. I weekend si giocano a dadi: faccio la nonna o faccio la badante? O magari entrambe le cose insieme… La depressione incombe. Il mal di schiena incalza. Con l’aggravante che sai perfettamente cosa ti stai perdendo: gli ultimi anni buoni che ti restano.
E allora, per non soccombere senza combattere, non resta che una cosa da fare: adattarsi alle circostanze e cercare un valido compromesso.
Certo, non è possibile coinvolgere i nipotini in una tapasciata o in un’uscita con gli sci di fondo. Però al campo di atletica si divertono come matti. Provate a insegnare la partenza in pista dai blocchi, il salto in lungo con l’atterraggio nella vasca di sabbia, il salto in alto con l’approdo sul materassone… un vero parco divertimenti, per loro. C’è solo un rischio orribile: che sui 100 metri piani riescano a battervi sul traguardo (a me è successo). Ma ve ne farete una ragione, perché in fondo sono sangue del vostro sangue e la cosa vi inorgoglisce parecchio.
E con i grandi vecchi, che fare? Ovviamente al campo sportivo non li si può portare. Ma se sono dotati di carrozzella per deambulare, c’è un ventaglio di possibilità. Tanto per cominciare il running. Personalmente avevo già fatto esperienza con i disabili, quindi si è trattato solo di aggiustare il tiro.
Lo ammetto: la mamma novantenne all’inizio era un po’ preoccupata. Temeva di venire sbalzata dalla carrozzella o nel migliore dei casi di scompigliarsi troppo i capelli. Ma alla fine l’ha presa bene e si è prestata al gioco. Anche perché è stata messa di fronte a una scelta obbligata: o facciamo qualcosa che va bene a entrambe, oppure si fa un po’ per uno. E quando io vado a correre, tu stai a casa. Brutale? Un po’. Ma i grandi vecchi sono come i bambini: egoisti fino al midollo delle ossa. Convinti che ciò che va bene a loro sia anche il massimo della vita per tutti gli altri.
Insomma, poteva essere un disastro ma si è rivelata la scelta giusta. Va bene: fare training con una carrozzella per disabili è un po’ un ripiego. Ma offre anche un ventaglio di opportunità. Tanto per cominciare la corsa è più faticosa, quindi sotto un certo punto di vista più allenante. Poi si usano anche i bicipiti. E in più la carrozzella può essere utilizzata anche per fare stretching, oppure come attrezzo per una serie infinita di esercizi. Basta ricordarsi di bloccare il freno.
Il prossimo step è quello di provare un’uscita con mamma in carrozzella e nipoti in monopattino. Così in una sola giornata potrei assolvere i miei doveri (o presunti tali) senza rinunciare all’allenamento. Quasi quasi, per completare il quadro ci vorrebbe anche un cane. A questo punto nelle giornate di pioggia non ci sarebbero scuse per impigrirsi a casa.
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