Stefano Ruzza con il suo ottimo settimo posto assoluto all’UTMB 2018 riporta l’Italia sotto i riflettori in una delle gare più dure d’Europa. Non potevamo non intervistarlo, per scoprire che dietro a questo campione di casa nostra si nasconde una persona semplice e genuina, con la passione per la musica e la letteratura oltre, ovviamente, per il trail running.
- Ciao Stefano, partiamo dalle cose più semplici chi è Stefano Ruzza e cosa fa nella vita di tutti i giorni?
Stefano Ruzza è un normale lavoratore, soccorritore dipendente presso la Croce Rossa, appassionato di musica e letteratura, oltre che naturalmente di sport a 360°.
- Dove e quando nasce il corridore Stefano Ruzza?
Il corridore Stefano Ruzza nasce per caso intorno al 2003 o 2004, inizialmente solo per rimettersi in forma dopo un periodo di bagordi giovanili. Poi sulla scia dell’Olimpiade di Baldini e dei miglioramenti del proprio stile di vita e del benessere psicofisico, viene travolto definitivamente dalla passione per la corsa.
- Come hai scoperto il trail running?
Per un paio di anni tra 2008 e 2009 ho fatto qualche corsa in montagna, gare di breve durata che mi hanno però fatto conoscere anche l’ambiente degli ultra-trail, che ho iniziato a praticare nel 2010.
- Come concili gli impegni quotidiani con gli allenamenti?
Lavorando sui turni ho sempre un po’ di tempo libero dove potermi allenare, anche se facendo un lavoro abbastanza stressante spesso non sono nelle condizioni migliori per fare una seduta al meglio. Questo mi viene però a favore nelle gare, dove gestire imprevisti e condizioni sfavorevoli è fondamentale.
- Quale è il tuo piano di allenamento e come fai a conciliare gare di salita vivendo in pianura?
Di solito mi creo un piano su larga scala per l’obiettivo primario della stagione, con degli step per le gare preparatorie, poi ogni settimana creo il piano più specifico in base al lavoro e ad altri impegni. Un paio di volte a settimana vado su collinette non lontane da casa, qualche volta vado a Varese dove ho salite lunghe, ogni tanto in palestra, e faccio molte uscite in bici. Le sedute più lunghe e con maggior dislivello sono ovviamente nel weekend.
- Quali sono stati i trail per te più significativi prima di questo successo all’UTMB 2018?
Di sicuro la Diagonal de Fous nel 2014, sull’isola della Reunion, dove arrivai 7°. Anche la Diagonale è una cosiddetta 100 miglia, probabilmente la più competitiva dopo l’UTMB, ma con percorso ancora più duro e selettivo. Poi diversi piazzamenti nei primi 20 posti in gare internazionali come Transgrancanaria, Lavaredo Ultra Trail, e diverse vittorie in gare italiane, compresi 2 titoli nazionali di ultratrail. Nel 2015 ho partecipato ai Mondiali di Ultratrail ad Annecy, ma non ebbi una giornata felice.
- Da quanto fai parte del Team Vibram e come ci sei entrato?
Faccio parte del Team Vibram dal 2013. Avevo già raccolto buoni risultati, ma non avevo ancora grandi sponsor. Sono stato contattato direttamente da loro, ho potuto visitare l’azienda di Albizzate che si trova a circa 20 minuti da casa mia, osservando da vicino sia i pregi dei materiali forniti agli atleti che la bellezza dell’ambiente, e non ho impiegato molto tempo a cedere alle avances.
- Cosa vuol dire e come si vive ad essere un membro del Team Vibram?
Vuol dire essere ambasciatori di prodotti all’avanguardia nella sicurezza e nella prestazione sportiva, e di un marchio importante in tutto il mondo. Noi atleti non dobbiamo solo fare risultato – cosa che ovviamente è importante per la visibilità -, ma dobbiamo anche e soprattutto tenere un profilo umano di alto valore morale durante la stagione, dentro e fuori dalle gare.
- Quante volte hai già partecipato all’UTMB?
Questa era la mia quinta partecipazione, ma finora lo avevo terminato solo una volta, senza però il risultato che speravo. Pareva una gara stregata per me.
- Ti aspettavi un risultato del genere?
Così tanto no. Speravo di entrare nei primi 10, ma con il livello sempre più alto ogni anno, temevo che non sarebbe più accaduto. Puntavo ad avere ottime sensazioni fino alla fine, se ci fossi riuscito allora la buona prestazione sarebbe stata solo una conseguenza. Prima della gara però avevo quella sensazione che forse accade solo una o due volte nella vita, in cui sai che tutto andrà bene.
- Come ci si sente ad essere colui che viene paragonato a Marco Olmo all’UTMB?
In realtà Olmo l’ha vinta 2 volte, e riguardo al tempi del percorso, non ho ancora controllato ma credo che siamo simili come media (ai suoi tempi era leggermente più corta la gara). Beh, è una sensazione strana perché quando ho iniziato con gli ultratrail lui era il mio riferimento, anzi, era il riferimento di tutti. Come lui, sono un diesel e ho dovuto aspettare la giusta maturazione psicofisica per raggiungere il risultato. Penso che presto, se qualcuno con motore migliore del nostro proverà a cimentarsi seriamente su questa distanza, un italiano potrà tornare a salire sul podio assoluto.
- Un segreto per portare a termine una gara così dura?
Non credo esista un solo segreto. Bisogna essere allenati e allo stesso tempo freschi, soprattutto a livello mentale, per poter affrontare al meglio le diverse condizioni di gara. Usare materiali già testati e con cui ci si sente a proprio agio. E avere la serenità per voler semplicemente divertirsi.
- Che strategia di gara hai usato?
Mi sono concentrato sui miei ritmi, cercando un’andatura di crociera senza strafare nella prima parte. Se poi fossi stato bene, avrei osato quel tantino di più per provare a guadagnare posizioni, e così è stato.
- Che sensazione si prova a superare campioni e professionisti internazionali?
Il bello di questa gara è proprio che atleti di livello minore, come me, possono battere atleti sulla carta più forti, perché non conta solo il motore, ma anche la capacità di gestire mille fattori durante oltre 20 ore di corsa. Quindi posso dire che è stato strano, certo, ma ho continuato a sentirmi non più forte di loro, semplicemente forse un poco più saggio tatticamente e un po’ meglio allenato sulla lunghezza della distanza. Ammetto però di aver sentito, in parte, una specie di rivincita verso chi viene celebrato ancora prima di aver fatto il risultato.
- Cosa consigli a chi vuole provare a correre la sua prima gara di ultra trail?
Di avvicinarsi gradualmente alle distanze, senza timore ma con rispetto per l’ambiente e per la lunghezza delle gare. E poi di non farsi travolgere dall’ansia di voler fare mille gare ogni weekend, si rischia di stufarsi presto, oltre che di incappare infortuni più o meno gravi.
- Progetti per il 2019 e sogni nel cassetto?
Mi mancano ancora le gare americane, Western States e Hardrock, ma dipenderà tutto dai sorteggi con le iscrizioni, oltre alla Marathon de Sables. Uscendo dall’ambito sportivo, spero di riuscire a pubblicare presto due romanzi scritti negli ultimi due anni, impresa forse pari a quella di un UTMB.
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