– Quali incontri interessanti hai fatto? Qualcuno in particolare ti ha colpito?
“I due viaggi sono stati decisamente diversi tra loro. L’aspetto più straordinario e inaspettato di questo viaggio in bicicletta in Sudafrica è stato senz’altro l’incredibile ospitalità ricevuta dai locali. Sono stato ospitato tantissime notti, e ho avuto la possibilità di vivere un’esperienza molto autentica. Spesso incontravo persone al supermercato che vedendomi in bici si offrivano di aiutarmi. Sono poi entrato in contatto con la rete di contadini, allevatori e poliziotti. Tutti si sono rivelati estremamente gentili e disponibili, e il loro supporto è stato fondamentale per la riuscita del progetto”.
– Bianchi e neri: il Sudafrica “per davvero” come vive tra questi due poli?
“Il discorso tra bianchi e neri è un argomento molto delicato. In Sudafrica c’è un’enorme diseguaglianza sociale. Il 5% della popolazione (i bianchi) detiene la stragrande maggioranza delle ricchezze. Il resto della popolazione vive in condizioni di estrema povertà. Regna un forte razzismo, la criminalità nel Paese è alle stelle e la situazione, invece che migliorare, peggiora. La domanda che mi è stata fatta più frequentemente dalla gente è stata: “Are you not afraid? “. Fortunatamente non ho mai sperimentato o assistito a nessuna forma di violenza, anche se spesso ho “fiutato” situazioni spiacevoli e mi sono allontanato velocemente. Resta il fatto che ho trascorso 40 giorni con lo spray al peperoncino nella tasca destra e il coltello nella sinistra. Alcune notti mi sono dovuto accampare, e la situazione non era mai di assoluta tranquillità. Cercavo di nascondermi nella natura, ma avevo sempre la sensazione che qualcuno mi avesse visto. C’era poi il discorso degli animali selvatici che regnano nel paese, quindi bisogna fare attenzione anche a loro: i più temibili erano i babbuini. Spesso li sentivo gridare nella notte”.
“In questo viaggio ho salito un totale di sei montagne: Table Mountain 1018 m; Leopard’s Eyes Viewpoint 700 m (ho dato io il nome a questo luogo speciale, visto che non lo aveva: sulla cima c’era un enorme masso raffigurante un felino); Lady’s Slipper 571 m; Hodgson’s Peak South 3257 m; Mqatsheni 3276 m; Thabana Ntlenyana 3482 m (la cima più alta del Lesotho e del SudAfrica)”.
– Come si svolgeva la tua giornata tipo? Dove dormivi la notte? Cosa mangiavi?
“La bici si è comportata abbastanza bene, anche se è arrivata a fine viaggio decisamente provata. Ho avuto un problema il primo giorno con il pedale sinistro che si continuava a smollare fino a perderlo. Mi sono dovuto fermare in un paese e per fortuna il giorno dopo ho trovato una sorta di meccanico che è riuscito a sistemare il problema. Per due giorni ho pedalato senza freni, in quanto avevo bruciato le pastiglie nelle ripide discese del Lesotho danneggiando anche le pinze. Infine mi si è spaccato il filo del cambio posteriore. Ho forato tre volte”.
– Sei riuscito a tenerti regolarmente in contatto con l’Italia e ad aggiornare i social?
“Avendo fatto una sim locale, ho sempre avuto connessione internet e in questo modo il collegamento con i bambini e con chi mi seguiva è stato quotidiano. Penso di aver documentato il viaggio abbastanza bene: tutti i giorni pubblicavo storie che mostravano il quotidiano delle mie giornate, mentre con i post\reel narravo più nello specifico gli avvenimenti. Ho anche girato tanti video con la Go-pro installata sul manubrio. Quest’inverno, con un amico, lavoreremo alla realizzazione di un video-movie.”
– Hai seguito l’itinerario che ti eri prefissato, o sei andato un po’ anche a improvvisazione?
I numeri del viaggio in bicicletta in Sudafrica
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