Ogni anno vengono stesi enormi teli geotessili per salvare il ghiacciaio del Presena, al confine tra Valle Camonica e Val di Sole. Un lavoro imponente che, in 12 anni, ha prodotto una riduzione dello scioglimento del 52%
Da anni gli scienziati di tutto il mondo stanno tenendo d’occhio con preoccupazione il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai. Sulla cima del Presena però, a cavallo tra Lombardia e Trentino, c’è un piccolo segno di una possibile inversione di tendenza. Un lavoro lungo e meticoloso che avviene ormai da 12 anni e che si sta ripetendo anche in questi giorni.
Al termine della stagione sciistica (che sul Presena arriva generalmente fino a maggio, anche se quest’anno è stata interrotta un paio di mesi prima a causa del lockdown da Coronavirus), un’immensa rete di teloni geotessili viene stesa sul ghiacciaio per preservarlo dai violenti raggi solari.
“L’idea dei teli – spiega il presidente della società Carosello, Davide Panizza – è nata a partire da un programma sperimentale con le università di Trento e di Milano per ridurre o comunque diminuire l’ablazione. I teli hanno la funzione di mantenere una temperatura inferiore al di sotto, riflettendo la luce solare e riducendo così la temperatura della neve. Li stiamo applicando dal 2008 con ottimi risultati”.
I risultati delle analisi delle università
Il progetto, nato nel 2008 grazie alla collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento (che finanziava i teli e la produzione della neve), dal 2015 prosegue per iniziativa della società Carosello, che ha progressivamente esteso negli anni la superficie di ghiacciaio coperta dai teli geotessili.
Erano 40.000 m² nel 2014 e poi 46.700 m² del 2015, 60mila m² del 2016, 65mila m² del 2017, 80mila m² nel 2018 e addirittura 100mila m² nell’estate 2019. In media, lo spessore di ghiaccio che rimane sotto i teli alla fine dell’estate si aggira sui 2,5/3 metri.
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La conferma della validità di questo progetto è arrivata già nel 2014 da un’analisi realizzata dai ricercatori universitari: “Il settore coperto con il geotessile ha evidenziato valori medi di albedo (l’unità di misura del potere riflettente di una superficie) di 0,64 contro un valore medio di 0,43 per la superficie glaciale non coperta”, continua Panizza.
“Il settore coperto in media ha un assorbimento di energia solare del 36% mentre la superficie non coperta del ghiacciaio ha assorbito in media il 57% dell’energia solare. Complessivamente l’azione del telo nel modulare i flussi energetici radiativi assorbiti dal ghiacciaio porta per il periodo di sperimentazione a una riduzione dell’ablazione del 52%”.
Teloni in estate, innevamento programmato in inverno
La strategia anti-scioglimento non si limita però ai soli teli estivi. D’inverno (o meglio, già in autunno, non appena le temperature lo permettono), viene attuata l’altra fase del programma: la superficie nevosa è incrementata attraverso sparaneve di ultima generazione.
L’innevamento programmato utilizza l’acqua di un adiacente bacino idrico naturale. Il processo dura fino a marzo inoltrato e serve a proteggere il ghiaccio sottostante.
Lungo tutto il ghiacciaio vengono collocati 10 cannoni sparaneve con una portata oraria di 220 m3. Lo sforzo è quindi imponente. E certo non a basso costo (la spesa media annua, tra gestione e manutenzione supera i 420mila euro).
D’altra parte, gli effetti si vedono: da un confronto tra la condizione del ghiacciaio registrata nel 2008 e quella attuale, emerge che è stato salvato dallo scioglimento uno spessore di ghiaccio alto oltre 50 metri.
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