Anche quest’anno non ho resistito alla tentazione di partecipare al Mountain Festival organizzato da The North Face. L’evento, dopo esser stato ospitato per due anni in territorio svizzero, per la prima volta si è svolto in Italia dal 27 al 29 luglio 2018. Tutto bellissimo, ma con un intoppo: la chiusura del bivacco Zeni.
La location scelta è stata la splendida Val San Nicolò in Trentino, dove The North Face – come ormai tradizione e come avevo già avuto modo di raccontare – ha radunato, insieme agli appassionati di ogni livello, i loro campioni dando vita a una tre giorni di sport, dibattiti e festa.
Il format dell’evento è quello che ho già descritto nelle mie precedenti partecipazioni, ovvero un weekend dove gli appassionati di sport di montagna possono ritrovarsi in un campeggio e fare attività come trail running, arrampicata, trekking, escursioni su ghiacciaio accompagnati dal gotha dei campioni del brand americano come Fernanda Maciel, Tamara Lunger, Hans Jorg Auer, David Lama, Simone Moro solo per citarne alcuni.
Sicuramente l’obiettivo di TNF nel realizzare progetti come questo è quello della promozione del marchio, ma anche quello di ribadire lo spirito sportivo dell’azienda sempre desiderosa di essere riconosciuta come un punto di riferimento dagli appassionati di montagna. Vanno in questo senso anche tutte le Communities “Never Stop Exploring” che ormai sono una costante nelle principali città europee come Londra, Milano, Berlino, Parigi, senza tralasciare Bolzano, Torino e Chamonix e che offrono programmi di allenamenti collettivi e gratuiti (!) nelle città indicate.
Allenamento con gli atleti
Al Mountain Festival, anche quest’anno la festa è stata garantita da una fitta serie di attività svolte a vari livelli per poter accogliere tanto i principianti, quanto i più arditi.
Facciamo degli esempi… Volete correre sui sentieri guidati da Fernanda Maciel? Perfetto: basta ritrovarsi al punto stabilito e via che si parte! Ma preparatevi: Fernanda non scherza per niente, nemmeno in questo tipo di allenamento… quindi preparatevi a sudare! Volete arrampicare con un mito come la Ciavardini? Ottimo! Basta segnarsi nell’apposito corso di arrampicata. E poi la sera tutti assieme a ritrovarsi negli spazi comuni del campeggio multicolore per poter assistere a dibattiti e presentazioni. O per cenare con il fantastico menù organizzato dalla vicina malga che ha fatto davvero la differenza in termini di qualità e quantità del cibo.
The Pinnacle Project, una buona idea ma…
Ma quest’anno, a quanto detto sopra, si è aggiunto anche il lancio di un Progetto chiamato The Pinnacle Project, iniziativa che ha suscitato un’animata discussione nella comunità degli alpinisti. Riassumo brevemente per chi se la fosse persa. E inizio usando le parole di TNF: “Il Pinnacle Project, ospitato dal Bivacco Zeni, è frutto di una collaborazione con il SAT e nasce per condividere alcune tra le più straordinarie imprese compiute dai nostri atleti esponendo la collezione di 8 capi che, messi all’asta, permetteranno di raccogliere proventi che verranno devoluti all’associazione alpina CAI e dunque restituiti alla montagna”.
In pratica il bivacco ridipinto di rosso con logo del brand è stato allestito con schermi e gli 8 capi menzionati. Detta così poteva essere una lodevole e valida iniziativa, pur nel suo ovvio obiettivo commerciale di rendere sempre più appealing il marchio TNF. Ma purtroppo il bivacco è stato sottratto al suo uso “alpinistico” (ed è stato trovato chiuso da alcuni alpinisti intenzionati a passare lì la notte).
Non chiudete il bivacco!
E anche se come recita il comunicato di The North Face “Per tutta la restante durata dell’evento il bivacco è rimasto aperto e custodito 24 ore su 24 e supportato da un secondo punto di bivacco poco distante in grado di offrire riparo a climber ed escursionisti”, la polemica su questa iniziativa ha alimentato un’accesa discussione che va interpretata come il desiderio di non peggiorare lo stato dei servizi a disposizione di chi va per montagne.
Io cosa ho fatto? Perché ho aspettato tanto per scrivere? Mi sono voluto documentare a modo mio di persona sullo stato e l’accessibilità dei bivacchi, per cui oltre a seguire la discussione di cui prima dicevo, ho calzato gli scarponi, ho messo lo zaino in spalla e sono andando a visitare alcuni tra i più iconici bivacchi delle Alpi, iniziando proprio dal Bivacco Zeni. Per poi spostarmi nella mia amata Valdigne, dove ho visitato una serie di bivacchi al limite dei 3000 metri.
Dunque: 11 agosto salita verso il Bivacco Hess (2958 metri), l’instabilità del canale di salita mi ha convinto a fermarmi a pochi metri, al col dell’Estelette;
12 agosto Bivacco Rainetto (3045 metri), piccolo ma valido per effettuare le due salite al Petit Mont Blanc e all’Aiguilles de Trelatete;
14 agosto Bivacco Pascal (2916 metri), meta di vari storici Trail e Ultra Trail e punto d’arrivo di un Vertical molto muscolare;
18 agosto Bivacco Fiorio (2735 metri) da dove si può raggiungere il Mont Dolent, punto d’incontro di tre Stati: Italia, Francia e Svizzera.
Come chiunque va per monti sa, il fine ultimo dell’esistenza dei bivacchi è quello di garantire il riparo e il rifugio agli alpinisti e agli escursionisti. E questo non può e non deve mai essere impedito. Anzi il valore di questi piccoli ripari deve essere sempre più valorizzato e garantito da parte di tutti.
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