Solo gli atleti e i loro accompagnatori possono entrare nella base vita. Un mondo in cui si concentrano in poche ore i ritmi normali di un giorno intero.
Ingresso vietato. Al Tor des Géants solo gli atleti possono accedere alla base vita, oltre ai loro assistenti personali. Vale a dire i “trail assistant” che – muniti di pass appeso al collo – hanno il diritto di entrare per aiutare i concorrenti.
Vita dura, la loro. Perché mentre gli atleti scarpinano notte e giorno su per i monti, hanno un bel po’ da fare: tenere d’occhio le tabelle di marcia e il meteo, preparare i vestiti di ricambio, arrivare alla base vita in tempo per accogliere il loro assistito e fare in modo che non perda tempo prezioso, accudirlo e spesso guidarlo in quelle elementari operazioni che con la testa ottenebrata dalla fatica diventano un’impresa: spogliarsi, fare la doccia, mangiare, cambiarsi…

Ne sa qualcosa Paolo d’Agostino, che sta accompagnando in questa avventura l’inviato di Action Magazine, Max Marta. Paolo – che nella vita fa l’art director – si è preso una settimana di vacanza per affiancare Max. “Mi ero persino portato dei libri da leggere – racconta -. Pensavo che avrei avuto un sacco di tempo libero tra una tappa e l’altra…”. E invece….

“Invece non ho un attimo di respiro. La prima notte ho dormito tre ore in macchina, nella mia Mini. Per fortuna sono abituato a fare vacanze un po’ selvagge. Non ho pause: devo arrivare alla base vita prima di Max, aiutarlo a organizzarsi, portargli i vestiti asciutti. E mentre lui riposa, io rimetto a posto la sacca e poi aspetto che arrivi il momento di svegliarlo. Non si può rischiare che sfori i tempi della tabella di marcia!”.
E una volta che l’eroe è ripartito, si ricomincia. Si salta in macchina, si preparano i vestiti asciutti e le barrette, e via verso la prossima tappa. Anche se magari l’arrivo è previsto per le 2 di notte. “L’altra sera – continua Paolo – stavo per addormentarmi al volante. Ho dovuto fermarmi lungo la strada e dormire per un’ora. Altrimenti finivo chissà dove!”.

Fuori dalle basi vita ci sono mogli e fidanzate che dormono in auto, dentro un sacco a pelo. Appesi ai finestrini, maglie tecniche e pantaloni stesi ad asciugare. C’è una ragazza francese che segue il suo compagno portandosi appresso il cane. A ogni stop, lui salta in braccio al suo padrone e non si muove di lì: gli fa compagnia per tutto il tempo che lui rimane alla base vita.
Chi non ha l’accompagnatore, nella maggior parte dei casi allunga parecchio la tabella di marcia. Perché dopo decine e decine di chilometri, il cervello fatica a mettere insieme le idee. Diventa difficile persino ricordarsi di cambiare i calzini. C’è chi si porta appresso una lista delle cose da fare: mangiare, lavarsi i denti, spalmare la vaselina, puntare la sveglia…

Si narra, però, che anche i “personal assistant” abbiano i loro momenti di gloria. Quando sono costretti a vegliare il loro pupillo, in una base vita silenziosa, durante la notte, può capitare che il loro sguardo incroci quello di un volontario dello staff. A volte è questione di poco: un sorriso, due chiacchiere… una scintilla. Si narra.
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