Una manciata di giorni di vacanza, un meteo capriccioso e la voglia di provare un trekking “in famiglia”. Ecco gli ingredienti che ci hanno fatto scoprire il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
“Perché per il Ponte del 1° maggio non proviamo a fare un trekking?”. Ed ecco che l’idea è diventata subito realtà e che la scelta è caduta sul Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. 36.000 ettari che si espandono lungo la dorsale appenninica tosco-romagnola con oltre 600 Km di sentieri, ottimamente segnalati e curati, di cui molti dedicati a persone con difficoltà motorie, ed ideali anche per la pratica della mountain bike.
Visto il meteo bizzarro di questa primavera e le temperature ancora piuttosto basse, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ci è sembrato l’ideale migliore per poter camminare senza troppi problemi, dato che la quota massima è rappresentata dal Monte Falterona con i suoi 1.654 metri, mentre la media delle creste è compresa tra gli 800 ed i 1.200 metri di quota. Inoltre era da tempo che cercavamo un’occasione per scoprire questo luogo famoso per le sue foreste millenarie e le testimonianze lasciate da San Romualdo ed i monaci camaldolesi , dove è anche possibile prenotare un pernottamento presso le loro strutture.
Quando la macchina viene lasciata a casa
La nostra scelta è stata quella di percorrere tutto l’itinerario utilizzando i mezzi pubblici, con partenza ed arrivo a Milano, perché, contrariamente a quanto si penserebbe, i vari paesi all’interno del parco sono tutti raggiunti da pullman di linea collegati alle principali stazioni ferroviarie toscane. Così, armati dei nostri zaini, contenuti al massimo sui pesi avendo già organizzato tutti i pernottamenti, eccoci in treno in direzione di Firenze e da qui fino a Pontassieve, dove ci aspetta l’ultimo tratto in pullman (linea 322A) fino a Castagno d’Andrea. Certo, forse una giornata intera di viaggio solo per arrivare al punto di partenza non è il massimo, ma è stato un modo per vedere luoghi nuovi ed immergersi subito nell’emozione di essere dei veri viaggiatori, specie per Emma e Matteo che, con i loro 13 anni, non riescono a nascondere la loro emozione e le loro preoccupazioni.
Giorno 1
Dopo una robusta colazione, eccoci pronti alla partenza della prima tappa del nostro itinerario che prevede di attraversare il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi da Castagno d’Andrea a Badia Prataglia lungo il tracciato della GEA (Grande Escursione Appenninica) che corre i 375 chilometri dell’Appennino tosco-romagnolo e tosco-emiliano con un percorso suddivisibile in 28 tappe. Dal centro del paese prendiamo il sentiero GEA-16-SOFT, immergendoci, fin da subito, in uno splendido bosco di faggi, che risale le pendici del Monte Falterona lungo il sentiero 17, fino a giungere sullo spartiacque Acuto-Falterona ed arrivare alle sorgenti dell’Arno.
Da qui proseguiamo verso l’affascinante Lago degli Idoli per poi ricominciare a salire verso il Falterona, dove troviamo una sorpresa: i sentieri, pur se larghi e ben tenuti, sono ancora coperti dalla neve che, per fortuna, non ostacola il cammino, ma lo rende più divertente. Terreni ideali per provare le mie nuove Mescalito di Scarpa con la nuova suola Vibram Litebase di cui vi parlerò in un Provato per Voi. Raggiunta la prima meta, la vetta del Falterona, osserviamo l’ampio ed inaspettato panorama sottostante per poi riportarci sul sentiero di salita e seguire il sentiero GEA 00 che ci conduce al vicino Monte Falco. Quindi, sempre stando in cresta, saltellando tra macchie di neve e zone erbose coperte dai primi fiori, raggiungiamo i prati della Burraia ed il rifugio CAI Città di Forlì, dove dormiremo.
Come nelle migliori situazioni, appena entrati nel rifugio inizia a piovere fortissimo. Era tutto il giorno che le nuvole giravano sopra di noi ed il sole caldo si è fatto sentire raramente. Il gestore del rifugio ci racconta che al 25 aprile nella zona, a 1.450 metri di quota, c’erano ancora quasi 2 metri di neve! Non siamo soli, anzi ci sono numerosi gruppi attratti dai vari trekking della zona. Il giorno dopo il cielo è azzurro e seguendo sempre il sentiero GEA 00, immersi in una faggeta spettacolare, arriviamo al Passo della Calla(1.296 m), il più alto valico stradale a cavallo tra Toscana ed Emilia Romagna di questa zona. Proseguiamo sempre in una splendida faggeta fino a raggiungere un breve tratto aperto e pianeggiante che ci porta al Pian delle Carbonaie(1.397 m) e quindi al Poggione. Da qui il sentiero costeggia la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, cioè un’area dove l’ambiente si evolve in maniera del tutto naturale, alla quale segue la seconda area di protezione integrale detta della Pietra. Quindi arriviamo a Pian Tombesi(1.465 m) per poi raggiungere Poggio Scali(1.520), un balcone naturale che permette di abbracciare Toscana e Romagna ma che, purtroppo, il tempo variabile non ci permette di godere appieno. Da qui si inizia a scendere, sempre tra meravigliose faggete, raggiungendo prima Fonte Porcareccio, poi Scossa, i prati di Giogo Seccheta, Prato al Soglio, ed infine Prato Bertone(1.340 m), dove abbandoniamo il sentiero 00 per una ripida discesa che ci porta al Sacro Eremo di Camaldoli(1.104m).
L’Eremo
La tappa della giornata è stata calcolata per permetterci di visitare l’Eremo. Consiglio vivamente la visita guidata, ad offerta libera, che dura solo 20 minuti e durante la quale si scoprono un sacco di curiosità sulla vita dei frati camaldolesi, oltre a visitare la parte dell’Eremo aperta al pubblico, tra cui la cella di San Romualdo. Da qui, seguendo l’antica mulattiera che scendeva al Monastero di Camaldoli, arriviamo nel paese omonimo, attraversando una gigantesca foresta di conifere che è testimonianza dell’antica regola dei frati camaldolesi: ripiantare ogni anno 5.000 alberi e usare il ricavato del legname venduto per migliorare la foresta. Oggi, grazie a questa usanza quella di Camaldoli è diventata una delle più grandi ed antiche foreste di conifere piantate dall’uomo in Europa. Camaldoli è una piccola e graziosa località dove è possibile visitare parte del Monastero (dove vi sono alcune tele del Vasari) e l’Antica Farmacia. Inoltre nel paese ci sono un paio di strutture dove è possibile mangiare e dormire, oltre al Monastero. La sera finisce tra strozzapreti fatti a mano, salumi e formaggi locali che ci rimettono in sesto dalle fatiche della giornata.
Giorno 2
Il nuovo giorno ci accoglie con un bel cielo azzurro, ma anche il vento forte e temperature non proprio primaverili. Dal Monastero di Camaldoli prendiamo, subito oltre il ponte sul fiume, il sentiero 72, che porta al rifugio Cotozzo e, seguendo il sentiero 70, arriviamo alla fontana della Duchessa, fino a incrociare la statale che unisce Camaldoli con il Passo dei Fangacci. Seguendo il sentiero 74 arriviamo a Prato alla Penna dove ricominciano le indicazioni del sentiero GEA 00 che ci portano al Passo dei Fangacci. Tutta quest’area è un’incredibile foresta di abeti bianchi, alternati a faggi che creano uno spettacolo di colori e di immagini emozionanti. Dal passo scendiamo verso sinistra lungo la strada sterrata fino ad incrociare, sempre sulla sinistra, la deviazione per il Monte Penna, incredibile balcone panoramico sul versante romagnolo del Parco ed il lago di Ridracoli. Ritornati sui nostri passi, al primo bivio, risaliamo il sentiero che si inoltra nel bosco per raggiungere il Poggio allo Spillo e, quindi, il Passo della Crocina. Qui abbandoniamo definitivamente il sentiero GEA 00 ed attraverso il sentiero 64 arriviamo a Campo dell’Agio, area pic-nic (come dice il nome stesso) e seguendo la strada sterrata raggiungiamo Badia Prataglia dove ci attende il pullman n. 142 (orari) che ci porterà ad Arezzo per l’ultima notte in terra Toscana.
Per chi volesse ripercorrere il nostro itinerario o avere maggiori informazioni, può consultare il sito del parco che fornisce numerose informazioni su come muoversi, dove dormire e molto altro. Come cartografia può fare invece riferimento alla Carta escursionistica del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, a scala25.000.
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