Questa volta la nostra Giusi Parisi vi racconta la sua giornata tra i boschi di castagni dell’Appennino Bolognese, insieme a un gruppo di ragazzi non vedenti.
Quando pensiamo all’autunno, oltre al foliage c’è un’altra cosa che ci viene subito in mente: le castagne. E subito ci immaginiamo di raccoglierle, cuocerle e mangiarle in compagnia.
Eccomi quindi di nuovo sull’Appennino bolognese, dove ero stata poco tempo fa per un altro trekking inclusivo. E questa volta protagoniste della prima giornata sono proprio loro, le castagne.
Io e il mio compagno partiamo prestissimo da Milano per raggiungere il resto del gruppo a Bologna. Siamo in 17, tra cui otto persone con disabilità visiva. Noi non siamo gli unici da arrivare fuori regione. C’è addirittura chi arriva da Napoli, chi dalla provincia di Teramo. Decisamente le castagne rappresentano per tutti noi una buona motivazione!
Ecco allora che da Bologna ci muoviamo tutti insieme con le auto per raggiungere Ca Gennara, nei pressi di Porretta Terme. È da qui inizia il nostro cammino.
15 km di cammino tra i boschi di castagni dell’Emilia
Il percorso della giornata prevede ben 750 metri di dislivello spalmati su circa 15 km. Partiamo baldanzosi, ma in effetti quasi subito la pendenza inizia a diventare considerevole.
Ci fermiamo però ben presto al castagneto gestito da Domenico, dell’associazione Albero del Pane, che ci racconta un po’ dell’antica storia della castanicoltura.
“La diffusione dei castagni in questa zona si deve addirittura a Matilde di Canossa – ci dice -. Venuta a conoscenza dell’importanza alimentare delle castagne, e rendendosi conto di poter dare anche lavoro alla sua gente, la contessa fece piantare decine e decine di piante. Pertanto le coltivazioni con la disposizione a croce, tipica di quel periodo, prendono il nome di castagneti matildici“.
Quanti anni possono avere i castagni?
Fra i vari castagni, ve ne sono alcuni secolari, e uno addirittura millenario. Possiamo ben distinguerli dal tipico tronco cavo (dove io tra l’altro ho provato a infilarmi… un modo per sentirsi ancora più a contatto con la natura).
Domenico continua a raccontarci della sua attività, in particolare della produzione della farina. Ci conduce al suo essiccatoio, dove le castagne vengono disposte sopra a una sorta di soppalco. Qui vengono raggiunte dal calore, senza il rischio di essere bruciate, e quindi possono essiccarsi per poi venire ridotte in farina. A turno entriamo all’interno della struttura, salendo sul soppalco.
“Il castagno è un po’ come un animale domestico – continua Domenico -, bisogna averne cura per tutto l’anno per riuscire ad avere un buon raccolto in autunno”.
Salutiamo Domenico e continuiamo la nostra salita verso Pian dello Stellaio, con una pendenza decisa, camminando in un bellissimo paesaggio (almeno a quanto ci raccontano le guide) fra boschi di felci, pini, larici, abeti rossi e bianchi.
Attraversiamo la località detta “il Terzo”, e proseguiamo lungo un sentiero costeggiato ancora da conifere e faggi. Poi deviamo dal nostro percorso (quello che ci porterà al rifugio Monte Cavallo) prendendo il sentiero che conduce alla cima del Monte Piella. Eccoci: ci troviamo a 1.196 metri di quota. Da qui, come ci descrive la guida, si possono ammirare da destra verso sinistra il monte Belvedere, la Val Reno e i paesini di Silla e Porretta Terme. No, noi non li vediamo in realtà. Ma tra l’aria frizzante, le parole della guida e la fatica per la lunga salita, ci sentiamo davvero in cima al mondo.
Dopo una sosta, facciamo marcia indietro e riprendiamo il percorso verso il rifugio Monte Cavallo, dove ceneremo e alloggeremo. Veniamo accompagnati dallo stormire delle foglie dei faggi, lungo un pendio che sale in modo graduale e costante.
Giungiamo al rifugio, situato alle pendici dell’omonimo monte Cavallo. Il resto del pomeriggio e la sera scorrono in fretta fra chiacchiere, aperitivo, cena e musica popolare. A suonare con l’organetto è Vito, uno dei nostri compagni di viaggio.
L’indomani ci incamminiamo per tornare a Ca Gennara. Questa volta il percorso è quasi tutto in discesa. A tratti veniamo accompagnati e scaldati da un bel sole autunnale.
I boschi di castagni dell’Emilia ci regalano i colori dell’autunno
Appena pochi metri dopo il rifugio, ci fermiamo per qualche minuto in un punto panoramico da cui si gode una bella veduta sul monte Cavallo. Che è stato chiamato così per la sua forma a sella.
La strada del ritorno ripercorre in parte il sentiero del giorno precedente, scendendo rapidamente e deviando poi verso il borgo di Castelluccio. Dopo la sosta pranzo, proseguiamo per l’ultima parte del percorso. Qui la discesa si fa più ripida, ed è costeggiata ancora da conifere e faggi. In particolare ci colpisce una faggeta con esemplari giovanissimi: alcune piante sono esili addirittura come bastoncini da trekking. E quando le tocchiamo per “vederle”, cerchiamo di farlo con molta delicatezza.
Arriviamo in poco tempo a Ca Gennara. Una breve sosta per acquistare prodotti locali a base di castagne, e riprendiamo le auto per tornare a Bologna. Anche questa volta è giunto dunque il momento dei saluti. Ci diamo appuntamento al prossimo trekking, che suppongo non tarderà ad arrivare. Grazie alla Fondazione per lo sport Silvia Parente e all’associazione In2theWhite per aver organizzato questa due giorni a base di natura, amicizia e divertimento.
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