Un’escursione in mezzo alla natura incontaminata della selvaggia Valle Antrona, meta il Rifugio Andolla. Alla scoperta delle bellezze naturali del territorio… con un brivido finale.
Siamo nella stagione più bella per andare in montagna: l’autunno. Il periodo in cui i monti si accendono delle tonalità dei rossi e dei marroni regalando incredibili spettacoli di colori e di profumi. Come accade nella selvaggia e stupenda Valle Antrona.
La lunga vallata ricade interamente all’interno dell’omonimo recente parco regionale (in Val d’Ossola) e si caratterizza per i boschi di conifere e latifoglie, i numerosi pascoli ancora “caricati” nel periodo estivi fino a quote superiori ai 2.000 metri di quota e lo stupendo Lago dei Cavali, con le sue acque color smeraldo. È racchiuso nella parte più stretta della valle, che si apre a ventaglio solo nella sua parte alta. Qui è posta la nostra meta: il Rifugio Andolla.
Una valle modellata dai ghiacciai
La valle Antrona forma una profonda incisione lunga circa 15 chilometri che dall’altopiano ossolano, all’altezza di Villadossola, raggiunge Antronapiana dove si biforca in due rami: quello sinistro solcato dal Fiume Troncone e quello destro, dove si svolge la nostra escursione, percorso dal Fiume Loranco.
Fin dal parcheggio si capisce che la valle è stata fortemente modellata dai possenti ghiacciai del quaternario che circa 80.000 anni fa ricoprivano tutta la zona e dei quali oggi rimangono miseri residui. Come il Bottarello, il Loranco e l’Andolla Sud e Nord. La sua storia geologica ha dato alla valle una morfologia grazie alla quale è stata, fin dal Medioevo, un’importante via di transito commerciale tra Villadossola e Visp, in Svizzera, lungo il passo di Saas.
Oltre al commercio la valle era molto sfruttata per i suoi ricchi pascoli di alta quota che, pur con una stagione molto corta, davano la possibilità di raggiungere i pascoli alti del Fornalino, Piana dei Ronchelli, Campalamana, Andolla, fino all’Alpe Corone che con i suoi 2.474 metri di quota è il più alto di tutti gli alpeggi ossolani.
Nei secoli recenti, la storia della valle è legata alla ricchezza d’acqua che non sfuggì alle neonate società idroelettriche. Le quali a partire dai primi anni del ‘900 iniziarono a costruire le grandi dighe che, ancora oggi, sono presenti in valle: Campliccioli, Cingino, Camposecco e quella dei Cavalli, punto di partenza del nostro itinerario.
I lavori di costruzione della diga di Piana dei Cavalli iniziarono a Cheggio, ultimo paese della valle, nel 1921 e terminarono nel 1925 con la realizzazione di un muro alto 35 metri e lungo 170, in grado di contenere 9 milioni di metri cubi di acqua. L’invaso della diga deve il suo nome al fatto che è stata sommersa l’ex Alpe dei Cavalli dove, secondo la tradizione, venivano condotti a pascolare gli animali da soma utilizzati per portare le merci dall’Italia alla Svizzera.
Il rifugio Andolla, meta della nostra escursione in Valle Antrona
Anche la nascita del Rifugio Andolla, meta della nostra gita, è strettamente legata all’acqua ed in particolare alla società Edison che, durante la costruzione della diga del Lago dei Cavalli, decise di costruire nel 1925 una baita sugli alpeggi di Andolla, come casa-vacanza per i suoi dipendenti.
Dopo la seconda guerra mondiale, l’edificio venne donato al CAI di Villadossola che si adoperò per la sua completa ristrutturazione. Nel 1953 fu inaugurato l’attuale Rifugio Andolla. A partire dagli anni ’70 l’edificio è stato oggetto di continui interventi di ampliamento e miglioramento fino ad arrivare all’attuale configurazione, datata 1986. A lato del nuovo edificio sorge il vecchio rifugio, con funzione di rifugio invernale, dotato di stufa e fornello a gas.
La posizione è strategica. Dalla sua terrazza si apre un panorama a 360° sulle severe cime del gruppo del Pizzo Andolla, del Pizzo della Preja e del Montalto, le Cime di Pozzuoli e la Punta Turiggia, il Pizzo Bottarello e il Pizzo di Loranco.
Due itinerari: per famiglie e per esperti
Possiamo dividere la gita in due parti: la prima raggiunge il Rifugio Andolla, ed è adatta anche a famiglie con bambini. La seconda, partendo dal rifugio, si addentra nella parte più selvaggia della valle ed è adatta solo a chi ha una buona esperienza di camminate in montagna perché il sentiero non è sempre facilmente visibile e ci sono vari tratti piuttosto ripidi ed esposti.
Partiamo dalla piazza dell’Oratorio di Cheggio, dove ci sono vari ampi parcheggi gratuiti. Passando tra le case del paese raggiungiamo la chiesa per arrivare alla diga del Lago dei Cavalli. Attraversiamo lo sbarramento, incantati dal colore delle acque del lago e dalle sagome delle montagne sovrastanti. Seguendo i cartelli, il sentiero passa sul versante sinistro del lago, alternando saliscendi nel bosco e tratti scavati nella roccia. Giunti alla fine del lago, si scende al ponte che attraversa il fiume Loranco e sale al punto panoramico dell’Alpe Gabi, dalla quale si ha una vista completa sul lago.
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Seguendo le indicazioni, seguiamo la valle che piano piano curva verso ovest. L’ottimo sentiero regala emozionanti scorci sul canyon che ha scavato il Lorando, con cascate e pozze incantevoli. Una volta sull’altopiano, si raggiunge comodamente la Piana di Ronchelli con la sua Cappella. Ora il sentiero inizia a salire con numerosi tratti a gradini che rendono meno faticoso il percorso, fino al bivio per l’Alpe Campalamana.
Dal bivio si scorge in alto la sagoma del rifugio, che sembra vicino. In realtà ci aspetta un bel tratto di salita, continuo, di circa 300 metri di dislivello. La salita è molto piacevole perché il sentiero a gradini è veramente ben fatto e tenuto. Un po’ più impegnativo è l’ultimo tratto, prima di arrivare al rifugio, quando si deve attraversare una pietraia che taglia tutto il versante montuoso. Quest’ultima fatica è decisamente ripagata dalla bellezza del luogo su cui sorge il rifugio e dove termina la parte semplice della nostra escursione. Pr chi decide di fermarsi qui, il ritorno avviene per il medesimo sentiero.
Alla scoperta della parte più selvaggia della Valle Antrona
Il tratto successivo è raccomandato solo a esperti di montagna La meta successiva è l’Alpe Camasco, oggi completamente abbandonata e disseminata dei resti delle vecchie baite. L’alpe si raggiunge prendendo il sentiero C27 che parte alle spalle del rifugio. La prima parte del sentiero compie un lungo traverso in saliscendi sotto il Pizzo Andolla. Il sentiero è evidente, ma richiede passo fermo e sicuro perché presenta alcuni tratti esposti. Raggiunto il punto più alto, si scende ripidamente fino all’alpe. Anche in questo tratto è necessario avere un passo sicuro sia per la ripidità del versante, sia perché alcuni tratti sono esposti (presenza di catene per aiutarsi).
Raggiunta l’alpe, proseguiamo lungo il sentiero che corre in mezzo ai prati, puntando verso valle. Questo è il sentiero C25 che ci permetterà di raggiungere l’Alpe Campalamana, anch’essa oggi abbandonato. Il sentiero scende velocemente verso il fiume, per poi portarsi sul versante sinistro della valle. Arrivati al bivio che indica per l’Alpe Curtitt, evitate di prendere il sentiero che scende a destra, ma proseguite a sinistra.
Attenzione da questo punto in poi a seguire bene i segnali sulle rocce, perché il sentiero è spesso poco più che una traccia nell’erba, e per superare alcune frane compie dei saliscendi con dislivelli di 30-40 metri. Praticamente ripercorriamo il versante fatto per andare all’Alpe Camasco al contrario, passando alla base del versante.
Il sentiero è poco agevole fino alla fine e, con un’ultima discesa ripida, raggiunge l’Alpe Campalamana dove, volendo, è possibile fare una deviazione di 5 minuti e provare l’ultimo brivido della giornata: l’attraversamento del ponte tibetano sul fiume Loranco (necessaria attrezzatura da ferrata). Per ritornare al punto di partenza, si torna all’alpe e si seguono le indicazioni per Cheggio.
Note tecniche
Punto di partenza: Cheggio (1.485 m slm)
Punto di arrivo: Rifugio Andolla (2.061 m slm)
Dislivello: 800 m circa
Tempo: 5 -6 per l’intero anello descritto
Difficoltà: E con tratti EE
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