Una bella escursione in bicicletta alla diga del Panperduto, con partenza da Milano oppure da Castelletto di Cuggiono (rispettivamente 65 o 25 chilometri).
Una delle più suggestive mete intorno a Milano, per gli appassionati di bicicletta, è la diga del Panperduto, che si trova a valle del lago Maggiore ed è raggiungibile attraverso un itinerario totalmente ciclabile che costeggia prima il Naviglio Grande e poi il Canale Villoresi.
Uno dei vantaggi di questo itinerario, è che si può scegliere la lunghezza adatta alle proprie gambe. Partendo dalla Darsena di Milano, bisogna pedalare circa 65 chilometri (e altrettanti per tornare). Altrimenti si può optare per una partenza “avanzata”, lasciando l’auto per esempio a Castelletto di Cuggiono. In questo caso tra andata e ritorno si pedala per una cinquantina di chilometri.
Chi parte dalla Darsena dovrà percorrere l’Alzaia Naviglio Grande fino ad Abbiategrasso (20 km), poi da lì deviare a destra e puntare su Robecchetto sul Naviglio e poi su Castelletto di Cuggiono. Questa prima parte di ciclabile è la più battuta, e anche la meno interessante dal punto di vista paesaggistico perché – almeno fino ad Abbiategrasso – è molto urbanizzata.
Noi l’abbiamo percorsa tante volte, e per questo motivo abbiamo deciso di concederci una mezza giornata di tutto relax pedalando solo per una cinquantina di chilometri, da Castelletto di Cuggiono fino alla diga del Panperduto e ritorno.
Come arrivare alla diga del Panperduto da Castelletto di Cuggiono
Lasciamo quindi la macchina nel borgo di Castelletto di Cuggiono, proprio di fianco al piccolo ponte a schiena d’asino che attraversa il Naviglio Grande. Prima di metterci in sella, ci concediamo un caffè e un breve giro tra queste case antiche che sembrano familiari. E scopriamo infatti che proprio qui il regista Ermanno Olmi ha girato alcune scene del film l’Albero degli zoccoli.
Attraversato il ponte, si prende la ciclabile asfaltata che corre sulla riva destra del Naviglio Grande. Un percorso comodo e molto suggestivo in questa stagione primaverile: le grandi piante che ombreggiano la strada si riflettono nell’acqua e la colorano di verde. I salici piangenti lambiscono il Naviglio con le loro fronde. Si ha quasi l’impressione di pedalare immersi in un mondo di smeraldo.
Subito fuori Castelletto di Cuggiono, ecco affacciarsi sull’acqua la sagoma imponente della bellissima Villa Clerici. Edificata nel XVII secolo, oggi è purtroppo in stato di abbandono. Ma tutti si fermano a fotografare questo edificio che mantiene intatto il suo fascino e lo spettacolare parco che lo circonda.
Ancora un po’ avanti, ed ecco – ormeggiata in un’ansa del Naviglio – una vecchia chiatta arrugginita. Una volta era adibita al trasporto della sabbia, e con il favore della corrente poteva caricare fino a 200 tonnellate. Era una delle tante chiatte in servizio sul Naviglio, che arrivavano fino alla Darsena di Milano per essere svuotate e risalire poi la corrente trainate dai cavalli. Un pezzo di storia di grande suggestione.
E che questi posti siano davvero ricchi di fascino, lo dimostra il fatto che siano stati scelti come set di film. Se Olmi ha puntato su Castelletto di Cuggiono, ecco adesso la Cascina Guado dove Checco Zalone ha ambientato Che bella giornata.
Passiamo poi sotto il Ponte Padregnana, costruito in blocchi di pietra nel 1604, e costeggiamo la centrale termoelettrica di Turbigo, ad oggi la più grande presente in Lombardia. Si trova poco dopo lo sbarramento con la conca che è considerata la “sorgente” del Naviglio Grande.
Da qui la ciclabile per un tratto non è più asfaltata. Proseguendo per circa 500 metri, si arriva ad un bivio dove si ha la possibilità di diversificare il percorso: si può proseguire sulla sinistra costeggiando il vecchio Naviglio (come abbiamo fatto noi all’andata), pedalando su sentieri un po’ accidentati e in totale solitudine; oppure si può piegare a destra e risalire la sponda raggiungendo il Canale Villoresi.
Chi sceglie la seconda opzione, trova una bellissima ciclabile asfaltata che con una bella rampa (che per altro non ci si aspetta) porta alla centrale Biconca di Vizzola. Qui si prende a sinistra e si sale ancora per affrontare (è il caso di dirlo) un tornante che costringe a cambiare marcia alla bici.
A questo punto ci si ritrova a costeggiare il Canale Villoresi sulla sponda destra. Un drittone che non riserva dal punto di vista paesaggistico grandi emozioni, ma in ogni caso molto piacevole. Continuando a pedalare si arriva infine allo sbarramento che dà origine al Canale Villoresi. Lo si attraversa, e da lì si scorge un po’ in lontananza la nostra meta: la diga del Panperduto.
L’arrivo alla diga del Panperduto
La diga del Panperduto è un autentico gioiello di architettura industriale. Fu progettata nel XIX secolo da Eugenio Villoresi (a cui è stato appunto dedicato anche il nome del Canale), e rappresenta il cardine di tutto il sistema idraulico del Ticino orientale. Tanto da essere stata inserita addirittura nel Patrimonio Mondiale delle Strutture di Irrigazione. La conca d’acqua al di là della diga è habitat di molte specie animali e vegetali.
A fianco della diga, affacciato sul Canale, l’Ostello del Panperduto offre snack, gelati, panini. Oltre alla possibilità di pernottare a una modica cifra (29 euro) nelle sue stanze. Già, perché la strada non è finita qua. Se si ha voglia di pedalare, dopo una sosta si può continuare e arrivare fino in Svizzera. Locarno è lì dietro l’angolo (o quasi): 75 chilometri.
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